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Colori del Friuli nella pittura di Enrico Ursella

di Gian Carlo Menis

Biografia dell'artista tratta da: Catalogo della mostra a cura di L. BROS e mons. G. C. MENIS

 

 

Figlio di modesti agricoltori, Enrico Ursella nasce nel 1887, il 4 maggio, a Buja, e nel paese della collina friulana trascorre la maggior parte della sua vita di artista, che, innamorato della natura, nella propria terra trova la materia che traduce poi in immagini fatte di luce e di colore.
Ancora adolescente, come altri suoi coetanei, lascia la grande casa paterna di Sottocostoia per emigrare in Germania “a far mattoni”: è l'itinerario triste di tanta gioventù friulana di quei tempi costretta dalle necessità della vita alla dura ed ingrata fatica di un lavoro pesante, reso più grave dalla lontananza dalla propria casa e dalla struggente nostalgia per la terra natale.
Per il giovane Enrico la dura fatica di ogni giorno è alleviata solo dalla gioia che prova, durante i momenti di sosta, a dar libero sfogo al suo estro di artista istintivo; così ritrae la vita di fornaciai e fissa sul foglio, con rapidi colpi di matita, i volti dai tratti salienti dei suoi compagni di lavoro, tesi nello sforzo o colti nei brevi momenti di pausa.
Nel 1911, durante uno dei rientri in patria, il giovane emigrante si presenta con due dipinti a Luigi Chicchiutti, impiegato presso la “Mostra dell'Emulazione” di Udine: i due quadri vengono esposti nella Divisione II, sezione I: pittori. È il timido, primo incontro con il mondo ufficiale dell'arte. Enrico comincia a prendere lezioni di disegno, contro la volontà della famiglia, presso il fotografo e pittore Cesare Turrin di Tarcento che nel giovane avverte un talento innato e una grande capacità di tradurre in immagini il mondo che lo circonda. Ma ritorna comunque in Germania a lavorare e a risparmiare quanto basta per affrontare la grande avventura veneziana.
All'Accademia di Venezia, dal 1912 al 1914 lavora e studia sotto l'esperta guida di un grande maestro Ettore Tito che presto comincia a prediligere il riservato e timido bujese, silenzioso e caparbio, pronto ad imparare nuove tecniche e ad affinare le proprie, ma soprattutto attento ad osservare e meditare le opere dei maestri già affermati ed attivi a Venezia. Sono gli anni di Italico Brass, di Lino e Luigi Selvatico, di Beppe ed Emma Ciardi e di Piero Fragiacomo, gli anni delle Mostre Biennali d'Arte che, avviate nel 1895 per la geniale iniziativa di Riccardo Selvatico, costituiscono l'apertura dell'arte italiana in un contesto europeo e divengono ben presto un punto di riferimento per tutta la giovane pittura, e non solo italiana, seppure in questi primi anni ancora strettamente legate alla tra­dizione ottocentesca.
Alla vigilia della guerra, nel 1914, ad Enrico Ursella Buja offre l'occasione per cimentarsi in un lavoro di grande impegno; artista ancora quasi ignoto, affresca la cupola della Chiesa di S. Bartolomeo al Cimitero (in solo 8 mesi). Indubbiamente la vastità degli spazi, l'arditezza e la complessità del tema da svolgere, l'immaturità artistica e la materia, l'affresco, non certo a lui congeniale, costituiscono il limite della sua opera. Titta Gori, il pittore d'affreschi più noto di quegli anni in Friuli, ammira lo studio attento dei nudi e soprattutto la sicura padronanza del colore ed incoraggia il giovane Enrico.
Durante il primo conflitto mondiale l'Ursella fa il maestro a Buja: lui, autodidatta, raccoglie attorno a sé i ragazzi del paese privi di guida in quegli anni in cui tutti gli insegnanti sono impegnanti al fronte. Ma soprattutto continua a dipingere accostandosi anche al ritratto, un genere che aveva attentamente studiato a Venezia e che ora sente di poter approfondire. Le cronache del 1916 ci dicono che esegue ritratti per personaggi illustri quali il primo ministro inglese sir Asquitb e il colonnello Gabriel. In occasione poi di una visita pastorale, il clero di S. Lorenzo commissiona all'Ursella il ri­tratto di S. E. Mons. Antonio Atanasio Rossi. E sempre nel 1916 invia a Milano, all'Esposizione permanente delle Belle Arti, il quadro intitolato “Notizie di guerra”.
Dopo la fine del conflitto mondiale, sebbene ancor vivo il ricordo delle rovine e delle distruzioni patite dal Friuli, c'è in tutti un grande desiderio di risorgere e non solo sul piano materiale ed economico, ma anche su quello morale e spirituale: si moltiplicano le conferenze, i concerti, le iniziative culturali. Nel dicembre 1920 si apre a Udine la II Mostra di Arte friulana: all'appuntamento rispondono tutti i giovani artisti locali, da Antonio Morocutti, presente con due ritratti, al multiforme Tita Marzuttini, dal prof. Pinelli xilografo, a Domenico Marzini al mosaicista Angelo Cristofori. Ed Enrico Ursella presenta ben 40 quadri tra studi, paesaggi e quadretti e l'intenso lavoro dell'artista in questi anni. La borsa di studio istituita col legato Marangoni gli permette di intraprendere nel 1921 i corsi di perfezionamento a Roma, dove comincia a farsi luce come pittore ottenendo di eseguire per la chiesa di S. Andrea al Quirinale un dipinto raffigurante S. Giovanni Berchmans, opera lodata dalla critica romana che vede nel ritratto «tecnica, disegno, ispirazione: il pittore si rivela ritrattista geniale e sicuro». Sempre nel 1921 è ancora presente a Udine la “Mostra della emulazione”, con pa­recchie opere, soprattutto ritratti, fra i quali quelli del cav. Tremonti che diverrà in seguito amico del pittore, gli commissionerà dipinti e lo incoraggerà.
Ancora a Udine nel 1922 è presente nella mostra collettiva del “Circolo familiare” alla quale partecipano Antonio Coceani, Marco Davanzo ed altri; l'Ursella espone composizioni di ampio respiro, ma anche piccoli paesaggi, bozzetti che in piccolissimo spazio racchiudono tanta vastità di terra e di cielo. Ma tutta l'attività del pittore è ora tesa a preparare la grande, prima personale che egli, in apparenza così timido, quasi schivo, apre proprio a Roma, nel foyer del Teatro Nazionale, mostra indetta dalla rivista «Fiamma» e organizzata dal critico Guido Guida. La rassegna ha grande successo: all'inaugurazione del 2 giugno 1924 sono presenti personaggi illustri del mondo della politica e dell'arte, i deputati friulani Pisenti, Russo, il co. Tullio Barnaba, il senatore Morpurgo ed ancora tanti personaggi di spicco della nobiltà romana e del mondo della cultura, come il maestro Respighi (a cui il pittore aveva eseguito il ritratto) e lo scultore Aurelio Mistruzzi. Lo stesso re Vittorio Emanuele III visita la mostra ed esprime il suo sincero compiacimento per l'opera dell'artista friulano. Ma è la critica che decreta l'affermazione romana dell'Ursella ed anche l'incondizionato consenso di artisti già noti come Antonio Mancini. Numerosi quadri vengono acquistati da musei, enti pubblici e collezionisti privati: l' “Autoritratto” dell'artista, un disegno a carboncino, è comperato dal prof. Ermanin per il Gabinetto delle Stampe della Galleria Corsini a Roma ed il dipinto raffigurante “La potatura” dal Museo Civico di Udine.
Enrico Ursella può dirsi ormai ufficialmente affermato. Gli anni che seguono lo vedono impegnato in numerose mostre personali: nel 1925 espone a Udine, nel 1926 a Grado e a Trieste e poi ancora a Torino nel 1929 e a Milano nel 1930: dunque si ripete il successo di critica e di vendite della mostra romana, dovunque i quadri raffiguranti il Friuli, anzi la vita contadina friulana, trovano la loro collocazione in raccolte pubbliche e private.
Nel 1931 il pittore si sposa a Udine con la maestra Emma Galliussi, nella chiesa della Purità. La giovane signora Ursella va ad abitare a Buja e la vita tranquilla sulle colline, la georgica serenità dei campi, rivissuta anche attraverso le poetiche interpretazioni del marito, non le fanno rimpiangere la città. Dal matrimonio nascono tre figli: Ugo, Enza e Maria. Il pittore sembra appagato dalle sue conquiste artistiche: continua a dipingere senza sosta e continua a fare mostre personali nella sua regione, ma anche fuori: nel 1935 è presente, assieme all'amico e medaglista Pietro Giampaoli, a Palazzo Doria a Roma; nel 1951 si ha notizia di mostre ad Amiens e a Buenos Aires, nel 1954 è nuovamente a Milano alla galleria Ranzini. Innumerevoli sono poi le partecipazioni dell'artista a mostre collettive, come le varie «Mostre sindacali d'arte» della Provincia di Udine; inoltre espone una “Crocifissione” alla Mostra d'arte sacra contemporanea sempre ad Udine nel 1947. I suoi modelli continuano ad essere i paesaggi di Buja: le donne che lavano sul Ledra e sul Cormor, i cortili delle grandi case di campagna con galline e tacchini, ma soprattutto i contadini che all'alba vanno ad arare, a seminare e a mietere, le allegre feste campestri a S. Salvadôr o alla Madonna delle Pianelle. Suoi modelli sono anche la moglie e i figli: in questi anni dipinge numerose “maternità”, a carboncino, ad olio, a pastello.
Le vendite sono molte: piace l'elegiaco Friuli di Ursella che trova una spinta indiretta nella retorica dell'autosufficienza intesa nei suoi aspetti meno politici e più umani e sociali. Alla pittura di Enrico Ursella viene ormai a mancare una nuova fonte di ispirazione, vengono meno soprattutto gli stimoli interiori, chiuso come appare il pittore nel suo piccolo mondo, lontano dalle nuove correnti dell'arte. Dal 1945 al 1951 a Buja l'Accademia degli Accesi organizza quattro mostre collettive biennali, dove accanto ai maestri della “vecchia” generazione sono presenti i giovani, da Fred Pittino a Giuseppe Zigaina che stanno preparando da qualche anno la vicenda dell'arte d'avanguardia in Friuli.
L'Ursella è presente con la sua inconfondibile maniera, coi suoi buoi... con i suoi graziosi quadretti domestici.
Continuerà a lavorare con grande energia fino a quando una grave malattia lo colpisce, minacciandogli anche la vista. L'artista muore nella sua casa di Camadusso il 6 novembre 1955.
Il 10 maggio 1963, a otto anni dalla morte, critici, artisti ed amici rendono omaggio ad Enrico Ursella con una grande mostra postuma allestita nella sala Aiace del Comune di Udine: vengono esposte 46 opere scelte dal repertorio tradizionale, dalle scene di genere alle scene campestri, dal ritratto alle nature morte: tutti temi cari al pittore di Buja.