|  		 Il Comune di Treppo Grande N°1 maggio 2006  |  
|  		 Cultura friulana" e terremoto di Domenico Zannier  |  
|     		Sono passati come un soffio i tre decenni che ci 		separano da quell'evento catastrofico che si abbattè sul Friuli nel 		maggio 1976 e diede il suo colpo di coda nel settembre dello stesso 		anno. Rimasero coinvolte nel cataclisma tellurico soprattutto la fascia 		prealpina e pedemontana e le aree collinari al di qua e al di là del 		Tagliamento. Altre zone vennero interessate in qualche tratto a Nord e a 		Sud di questa cintura, ma in  Udine iniziò la sua ascesa a metà del XIII secolo con il Patriarca Pertoldo che vi era riparato in seguito al terremoto che aveva sconvolto Cividale, dove risiedeva dall'età longobarda l'autorità patriarcale. Nel Cinquecento un terremoto distrusse in gran parte la stessa Udine, che perse l'antico castello. Sono due esempi che hanno avuto successori fino al 1976. La Storia dovrebbe essere la maestra della vita (Magistra vitae) ma in realtà, spesso e volentieri, non insegna nulla.  		La violenza del sisma ha fatto piazza pulita di 		abitazioni fatiscenti, di edifici, anche recenti, costruiti senza 		criteri antisismici, di manufatti antichi che esigevano manutenzione e 		restauro. Ha pagato la popolazione con un migliaio di vittime. Altre 		vittime vennero causate dal trauma subito e dalla fragilità 		psicologica, ma esulano dal conto dell'impatto immediato. Lo 		sconvolgimento tellurico divenne anche sconvolgimento degli uomini. In 		genere i nervi rimasero saldi. La reazione fu positiva. L'emergenza 		venne gestita con impegno. I soccorsi arrivarono da ogni parte del 		Mondo. Nel marasma scattarono meccanismi egoistici propri di ogni 		tragedia umana. Quindi venne la ricostruzione, che appare praticamente 		completata. I Friulani del resto sono da secoli abituati a invasioni, 		guerre, distruzioni, saccheggi, carestie e hanno imparato a reagire con 		tenacia e pazienza. Ci si chiede oggi se è stato il terremoto a 		svegliare il senso di identità culturale del popolo friulano e la 		volontà di riappropriarsi delle sue radici originarie. Rispondo 		negativamente, sebbene ne sia venuto un contributo di consapevolezza. 		Tutto il primo Novecento e in particolare il secondo dopoguerra hanno 		operato per una coscienza culturale e identitaria delle genti friulane. 		Pagine Friulane, Filologica, Academiuta di Ciasarsa, Risultive, Scuele 		Libare Furlane, Cjarande e le grandi sagre della villotta, della canzone 		friulana  Abbiamo sotto gli occhi le varie storie del Friuli del Paschini e del Leicht e di Menis, di Londero e di Ellero. La lettera del clero ai rappresentanti politici e la battaglia per l'università di Udine erano realtà attuali. Sono questi solo accenni di un mondo in crescita. "I Saggi Ladini" dell'Ascoli sull'autonomia linguistica del friulano e la sua appartenenza al gruppo ladino sono della seconda metà dell'Ottocento. Nelle incertezze del futuro e nello smarrimento del presente tutti i punti di riferimento di questa cultura hanno fatto da sponda e si sono tramutati in ulteriore forza morale. Anche i Friulani che non si riconoscevano più come tali di fronte all'affluire di migliaia di persone italiane e straniere per soccorsi, aiuti e gemellaggi di solidarietà civica e parrocchiale si sono visti sufficientemente diversi nel confronto. Lingua, caratteri, tradizioni, folclore collimavano e non collimavano con quelli degli altri. Ma pure gli altri si accorsero che i Friulani erano un popolo ben preciso nel concerto della famiglia nazionale italiana ed europea. La stampa ed i mezzi di comunicazione di massa hanno fatto il resto. E questo è il dato positivo. Un altro riscontro a favore è stato il risveglio delle friulanità nei centri urbani venetizzati in buona e grande parte. Attualmente osserviamo che la spinta culturale si è trasformata in una tensione stimolante in alcuni e si è arenata in altri. Quello che può preoccupare è l'intervento burocratico e statalista nella cultura e nella lingua, rigido e larvatamente repressivo della Regione. Stiamo pure attenti al micronazionalismo e al microrazzismo friulano di certi groppuscoli integralisti, della friulanità politicizzata. Inventare una correlazione tra lingua e costituzione fisica e mentale nel senso strutturale di una specie umana friulana a se stante è una autentica aberrazione storica e scientifica. Come persona umana respingo fermamente questo pseudo e deteriore friulanismo. I Friulani possono a trent'anni dal sisma essere orgogliosi come tutti i popoli, quando superano i momenti critici e difficili della loro storia, senza vanterie inutili come senza sensi di inferiorità di fronte a nessuno. Aiuti e soccorsi ci hanno dato in tempi di divisioni, guerre e guerriglie, di intolleranze d'ogni genere, il senso della fratellanza e della solidarietà umana. In tutte le disgrazie, guerre e calamità spuntano gli approfittatori, ma il fenomeno in Friuli è stato contenuto, se non marginale, e inconsistente. Le amplificazioni scandalistiche si sono sgonfiate subito. Il Friuli è il Friuli. La battaglia dell'esistenza e dello sviluppo continua a ricostruzione avvenuta. Siamo informati di vivere in una terra che ci ha dato i natali e che amiamo, ma che può diventare matrigna e precaria. Senza angoscia alcuna, liberi da ogni ansia, potenziamo forme e mezzi di vita in costante vigilanza. Sapremo sempre dare una risposta.  |