Mario ARGANTE

«Per la sua più che cinquantennale feconda dedizione alla poesia di lingua ladina friulana e italiana e per la sua missione di insegnante e di educatore, tesa a edificare nell'uomo i valori dell'onestà morale e il culto degli affetti umani.

Nella sua poesia il Friuli rivela la propria sofferta religiosità e l'attaccamento alla famiglia delle sue stirpi, assieme alla celebrazione delle bellezze della terra.» 

 

Mario Argante, uno dei più validi poeti dell'attuale momento letterario friulano, è nato a Venezia nel 1909, ma ha trascorso tutta l'infanzia e la giovinezza a Tauriano di Spilimbergo, paese dei suoi genitori.

 

Diplomatosi maestro, ha insegnato in Val Resia, a Pradamano, a Udine, dove è stato anche docente di Letteratura friulana presso l'Istituto Arcivescovile.

 

Esordì giovanissimo con poesie in Italiano, che vennero pubblicate su riviste di vasta tiratura e partecipò fattivamente alla stagione del secondo Futurismo con Marinetti e Farfa, dei quali fu buon amico.

 

Nel 1937 Argante incominciò a scrivere e a pubblicare in «marilenghe», sulle pagine delle riviste della Società Filologica Friulana. I suoi versi, allora, ricalcavano il vecchio stampo idillico, la sua produzione si limitava a rime popolareggianti e alla stesura di villotte per concorsi. Neppure Pier Paolo Pasolini riuscì a fargli cambiar strada... In una lettera del 16 ottobre 1945, così infatti gli scrive: «Abbandoni, La prego, i binari all'ingrosso Zoruttiani, deragli.
In Lei ci sono possibilità di disegni poetici nuovi, una gamma sottile e nitida di immagini...»

 

Nel 948 Mario Argante vinse il 1° premio al concorso di poesia «Città di Gorizia», concorso al quale parteciparono ben 97 artisti e nel 1951, sempre a Gorizia, riportò il 3° premio. Passati gli anni, ecco nel 1967 «La Cjarande», nel 1968 «Sangloz di oris» e nel 1969 «Alis di cinise», una produzione, questa volta «moderna e sapiente», come la definì la Ciceri.

 

I suoi versi sono imbevuti di cielo, di buoni sentimenti, di guazza, di erba fresca, ma diventano anche drammatici, spesso amari ed allora trovano una soluzione liberatoria nella speranza cristiana, viva, nonostante gli ostacoli opposti dall'uomo e dall'angoscia esistenziale moderna.

 

Nel 1972 dà alle stampe «L'arcobaleno notturno» e nel 1975 «Erbe ch'e mûr», dove traspare la sensazione struggente delle cose remote, il senso malinconico di un caro mondo che si dissolve e che solo la sensibilità del poeta avverte.

 

Mario Argante è Presidente della «Scuele Libare Furlane», della quale è stato valido diffusore e operatore, è uno dei fondatori del gruppo poetico «La Cjarande», e collaboratore di numerose riviste e periodici. Presente in molte Antologie scolastiche italiane con proprie liriche, ha sempre mantenuto il senso profondo del Messaggio Cristiano quale fermento di civile umanità. «Stagjons» è l'ultima raccolta pubblicata dal poeta.

 

Si apre con una sezione intitolata «Prime Vierte» dove sono riunite liriche composte tra il 1928 ed il 1945. Nella seconda parte, «Aghe Vive», invece, le composizioni sono molto più recenti e testimoniano come in Argante la contemplazione del paesaggio si accompagna ad una sensazione di abbandono, in cui le immagini reali, sfumate dalla nebbia, si confondono, mentre il sentimento della morte, sempre presente, si traduce in quieta accettazione.

 

Il bisogno di indagare sui propri sentimenti, l’osservazione della realtà di tutti i giorni, la dolorosa coscienza della vita, sono temi che il poeta tratta con estrema finezza, con stile composto, semplice e concreto.