| A Riedo PUPPO
«Pal so lavôr di mestri e di scritôr fin e insiliôs, vivût come un dovê di cussienzie viers il popul e pe sô lungje colaborazion cu la stampe catoliche furlane.» |
Riedo Puppo è figlio delle colline moreniche del Friuli, è nato, infatti, a Ceresetto di Martignacco, nel 1920. La sua professione è quella del maestro, un maestro educatore di vita. Si aggrega alla corrente poetica di «Risultive», fondata da Giuseppe Marchetti. Non dimentichiamo che Marchetti insegnava all'Istituto «Caterina Percoto» di Udine e che tutta una generazione di insegnanti, dedicatisi alla cultura e alla lingua friulana, è uscita da quella scuola, ma c'era a Ceresetto anche Don Brun, con i suoi teatri, e il paese si animava di idealità cristiane e friulane. Nel 1960 Riedo Puppo scrive un libro famoso, di bozzetti vivaci e graffianti, con una sua filosofia paesana, ancorata al reale e alla terra: «Par un pêl». Nel 1967 pubblica due pezzi teatrali: «Il discors di une frute», delicata scena di poesia per commemorare Pietro Zorutti e «Un frut di gale», atto unico che presenta una scena di vita contadina e di compromessi politici. Sua è pure una sequenza di motti e di detti «Si fâs par mût di dî», che continua ad apparire sul settimanale cattolico friulano. Sempre su la «Vita Cattolica» ha una rubrica propria, di commento agli avvenimenti locali e del mondo. In «Magari ancje», del 1983, esprime la peculiare anima dell'uomo friulano di fronte alle realtà della vita moderna, della famiglia, della religione, del lavoro, della cultura e dell'arte, confrontandola con le tradizioni, con le convinzioni, in una parola con la profonda cultura del Friuli. Ha curato per la Filologica, anche un riuscitissimo «Strolic». Riedo Puppo ha trovato persino il tempo per fare l'attore di cinema, impersonando il sagrestano nel film «Gli Ultimi», di David Maria Turoldo. Mä che cosa sta alla base del lavoro di Puppo nella sua diurna fatica di scrittore, autore anche, nel 1980, di belle e significative «Flabis»? È sua opinione che l'onestà fa molto più parte del mondo degli umili, della povera gente, che non dei ceti elevati. Egli osserva che la vita sarebbe molto più semplice e vera senza inutili orpelli di asfissiante burocrazia e che calcolo, cinismo, tornaconto personale spesso offuscano una missione di servizio. Ecco Riedo Puppo, sarà alle volte ironico, dissacrante, corrosivo, ma il suo scopo è la pace, è la vita, è il bene della gente. Scrive in friulano, perchè consapevole della sua identità etnica e culturale; la sua è una sfida verso un popolo, che purtroppo oggi tende ad ammainare bandiera. In «Bot e sclop», del 1985, i fatti più emblematici di tutti i giorni, sono colti, vissuti e commentati secondo i paradigmi della cultura del Friuli. Sono pagine, queste, dalle quali si leva un 'ilarità di superficie, che subito si dissipa per avviare il lettore a considerazioni serie, dense talvolta di amarezza. «La letare» e «Si fâs par mût di dî», sono le rubriche che Puppo continua a curare ogni settimana per «La Vita Cattolica», rubriche che non sempre si riducono alla ricerca del riso più facile, spesso affrontano i grossi problemi della nostra epoca, mordendo un certo malcostume dei «Sorestanz», oppure ponendo in evidenza i difetti della società in cui viviamo. «Si fâs par mût di dî» costituisce l' umorismo militante di Puppo, la sua punta più avanzata, che da 22 anni affonda nella viva attualità, nella realtà di ogni giorno. Le sue vignette, quelle politiche, quelle legate alle battaglie del momento o quelle che affrontano temi che superano l'occasione, colpiscono sempre nel segno, grazie all'acutezza di pensiero e alla genialità d'ispirazione del loro Autore. Il merito di Riedo Puppo è aver insegnato ad essere sinceri ad ogni costo, aver proposto un tipo di prosa immediata, priva difronzoli ed aver osservato la realtà ad occhi aperti, senza il falso aiuto delle lenti rosa. |