| A Giovanna RIZZARDO
«Missionarie di amôr e di vite, che sot dai braz de Crôs di salvece, 'e jude i pùars di Crist in Brasîl, e ju puarte a un miôr avigni, lavorant pe lôr salût e pal svilup de int dismenteade, ch'e cîr un mont di pâs e di justizie.» |
Lavorava alla sede dei Telefoni di Stato di Gorizia e, nel tempo libero si occupava della formazione dei ragazzi di Azione Cattolica. Nel 1966, all'improvviso, arriva la grande occasione: su una rivista Giovanna trova casualmente l'annuncio di un gruppo di missionarie laiche che cercano una persona disponibile a collaborare alla realizzazione di un progetto umanitario in Brasile, nell'isola di Itaparica. La svolta è immediata. L'impiegata goriziana, all'epoca cinquantenne, chiede di andare in pensione in anticipo e parte per l'America Latina. Il gruppo fonda sull'isola l'Obra Social Cristo Rey, una comunità per bambini di strada, giovani donne senza lavoro e adulti in difficoltà. «Evangelizzazione e promozione umana» è il messaggio guida della comuntà .. L'altro ideale a cui le missionarie si ispirano è un motto di Nicolò Tommaseo: «Dove si apre una scuola si chiude una prigione». In breve tempo gli allievi aumentano (l'Istituto attualmente conta 90 ragazzi suddivisi in tre classi). A ciascuno è garantito tutto il necessario, pasti compresi. Nel centro viene messo in funzione un laboratorio di maglieria per le ragazze senza lavoro che altrimenti non potrebbero continuare gli studi. Prendono il via, inoltre, corsi di tappezzeria e uncinetto. Fin dai primi mesi Giovanna spera di poter, un giorno, regalare i frutti del suo impegno e del suo amore per il prossimo alla gente del posto. Spera, quindi, che la comunità possa essere gestita completamente da personale Brasiliano. E infatti così sarà. Alcuni anni dopo la fondazione «l'Obra de Cristo Rey» viene consegnata agli assistenti e ai collaboratori locali. La missione, però, continua e Giovanna lascia l'isola di Itaparica per trasferirsi in una baraccopoli di Salvador (Babia). La sua capanna si confonde con le altre, poverissime, del quartiere; è solo un po' più grande per dare rifugio ai ragazzini che vivono in condizioni subumane. Segue, pochi mesi dopo, la realizzazione di un Istituto per anziani. Oggi, a 76 anni, Giovanna è ancora impegnatissima: nel quartiere più povero di Salvador è stato costituito un nuovo Centro Comunitario (questa volta in muratura) a cui hanno collaborato mattone dopo mattone, gli abitanti della zona: uomini, donne, bambini. Il 30 maggio 1993, giorno di Pentecoste, il Centro Comunitario, nella grande Favelas di Gamboa, è stato inaugurato in mezzo allo sventolio di mille bandierine di stoffa e di carta. Anche questo è frutto del costante ed appassionato lavoro di Giovanna Rizzardo, la missionaria laica che alla tranquillità di un posto in ufficio e alla serenità di una meritata pensione, ha preferito i barrios di Salvador, ove ogni giorno incontra migliaia di persone da amare e da aiutare. Per tutti gli sbandati, i diseredati, i disperati che vivono nelle favelas di Gamboa in una situazione di miseria morale e materiale impressionante, Giovanna è diventata «Donna Joanna», una piccola grande donna capace di accendere nel cuore di tutti la luce della speranza. |