Ad  Elio DE CAPITANI

 

«Ch’al à impegnât la sô art e la sô anime a presentâ l’opare teatrâl dal Friûl cui siêi granc’ autôrs, visan’nus des passadis invasions, a memorie presint

 

Elio De Capitani regista, attore ed autore è nato 43 anni fa.

Firma la sua prima regia, “Nemico di classe”, nel 1982, opera questa in cui è pure protagonista assieme ad un gruppo di giovani attori destinati tutti a diventare famosi.

Dal 1983 dirige a Milano, assieme a Ferdinando Bruni, il Teatro dell’Elfo,dove inaugura una nuova linea di attenzione verso la drammaturgia contemporanea, in cui anche la musica svolge un ruolo molto importante, sta infatti di fianco o si confonde con la recitazione, creando spesso un violento ritmo sincopato che impone i propri tempi agli attori.

Se in “Nemico di classe” il regista fa il tentativo di ricreare un’azione aggressiva vera come se non ci fosse il pubblico e tutto avvenisse realmente all’interno del gruppo, alcuni anni più tardi, in “Le amare lacrime di Petra von Kant”, di Fassbinder, il pubblico diventa parte integrante, la protagonista si butta quasi in mezzo agli spettatori, raccontando le sue vicende personali.

Anche in spettacoli successivi  il fenomeno si ripete.- “Alla Greca” di Steven Berkoff, è tutto microfono, tutta lettura: anzi la lettura convulsa al microfono diventa spettacolo, con una profondità scenica di solo un metro.

Più vicino sempre più vicino al pubblico!

Nel 1990 Elio De Capitani incontra lo scrittore palermitano Franco Scaldati, di cui mette in scena, in siciliano, “Il pozzo dei pazzi” !.-

Il regista lombardo, che ormai ha una carriera abbastanza lunga alle spalle, non ha mai diretto autori italiani che scrivono in italiano, ma sempre autori stranieri tradotti o autori dialettali, infatti teme il peso retorico della dizione italiana, preferendo immergersi in linguaggi per lui nuovi e inconsueti.

Nell’ottobre 1992 cura, assieme a Bruni, la regia di “La bottega del caffè”, secondo fortunatissimo incontro con Fassbinder e, in occasione di questo lavoro, legge per la prima volta “I Turcs tal Friûl”.

L’anno seguente mette in scena al “Festival dei Due mondi” di Spoleto “Un tram chiamato desiderio”, di Williams, ma il testo di Pasolini gli è rimasto nel cuore!

“Ho avuto  - ha dichiarato in un’intervista De Capitani - la sensazione del cercatore d’oro che finalmente scopre un barlume di luce, una pepita.- Cercavo da tempo, lavorando sul sardo, sul siciliano una lingua che coincidesse con il suo senso e non avesse filtri.

Io credo che l’aspetto fondamentale del teatro sia il dono: quando uno riesce a far qualcosa che ha un significato profondo lo dona a un pubblico a una terra.

E’ quanto abbiamo cercato di fare anche noi, rivolgendoci in particolare a un pubblico come quello friulano, che sa ancora riconoscersi quale comunità attraverso al propria lingua”.

I “Turcs” nascono come cooproduzione del Teatro Stabile del Friuli -Venezia  Giulia e di Teatridithalia, di cui fa parte anche l’Elfo .

Gli attori, accanto a Lucilla Morlacchi, nella parte della mamma “Lussia Colus”, sono una quarantina.

Lo spettacolo, dopo settimane di prove a San Vito al Tagliamento, debutta alla Biennale Teatro di Venezia nel giugno del 1995 dove comincia una tournée di oltre un anno, con più di settanta repliche, anche a Zurigo e a Ginevra.

Accompagnato ovunque da critiche molto positive ed appassionate, vince due importanti riconoscimenti concessi dalla critica italiana: “ Il biglietto d’oro per il teatro 1996” ed il Premio AGIS 1996.

I “Turcs” rappresentano in assoluto il primo lavoro teatrale in lingua friulana capace di portare in Italia e in Europa un messaggio di poesia e di intensità epica che sa parlare al cuore di tutti.

Nell’ultima rappresentazione dell’opera fatta in Friuli, alla fine dello spettacolo, centinaia di spettatori sono rimasti coinvolti, assieme agli attori, in una situazione emotiva fortissima.  Nell’attimo in cui “el predi” invoca un grande vento che si alzi sul povero e martoriato Friuli per ricacciare le orde dei Turcs, il vento è arrivato veramente, spazzando ogni cosa e trasformando la finzione drammaturgica in un momento di stupefacente verità.

Il sogno dichiarato quella sera da De Capitani è di portare tutte queste emozioni sulle sponde del Tagliamento, “Un fiume - ha detto il regista - che deve unire le anime e le terre del Friuli, non dividerle”.