| A Celso MACOR
«Par dut chel ch'al a scrit in prose, poesie e culture par Gurizze furlane e cristiane, impiant une flame di risurezion, in laude des monz di soreli jevât ch'e puàrtin in cîl.» |
Celso Macor, giornalista, scrittore e poeta, è nato a Versa nel 1925. È stato capo dell'Ufficio Stampa e Pubbliche Relazioni del Comune di Gorizia fino al 1990, quando è andato in pensione. Da più di quarant'anni è stato uno dei più apprezzati collaboratori di quotidiani, riviste e settimanali del Friuli Orientale, in particolare ha scritto per "Iniziativa Isontina", di cui era direttore, "Studi goriziani", "Alpinismo goriziano" e "Voce isontina". Assai attento a cogliere la realtà di un mondo in continua trasformazione, Macor, è riescito con la sua prosa, precisa ed efficace, a scrivere pagine che possiedono il calore delle convinzioni sincere e profonde. Forte ed incisivo il contributo che egli ha dato al dibattito culturale e politico a Gorizia e nell'intero Isontino, ribadendo concetti, sentimenti e problemi che coinvolgono la coscienza di ognuno. È stato scrittore di impegno civile, ma anche capace di esprimere genuino amore per la propria terra e di interpretarne l'anima con costante e trepida nostalgia. Le Alpi Giulie con il Tricorno, il Collio, il Carso goriziano, l'Isonzo, sono stati per Macor qualcosa di vivo, qualcosa a cui erano legati ricordi, affetti, sentimenti, erano montagne di cristallo, colline che parlavano, acqua di pace..... A loro ha dedicato straordinari articoli e stupendi studi monografici, ricchi di precise nozioni naturalistiche e di accenti poetici. Instancabile anche il suo lavoro di critico e di recensore, le sue osservazioni sono state sempre felicemente penetranti e capaci di caratterizzare un’opera ed un autore con straordinaria sicurezza. Quando nel 1976 il terremoto ha sconvolto il Friuli, Macor ha incominciato ad affidare alla poesia il suo mondo interiore. Su questa emozione è nata nel 1980 la sua prima raccolta di liriche: "Impiâ peraulis", scritta nel friulano della natia Versa. "Io no soi poeta: jo ziri di impiâ peraulis tal cûr di frut, lusôrs tal scûr dal me mont piardût....." Macor, invece, è stato un poeta vero, capace nella sua umiltà di farsi piccolo davanti alla grandezza della poesia. Un poeta che ha saputo esaltare con estrema delicatezza, quasi con pudore, i sentimenti più veri, che ha saputo scorgere aspetti nuovi in ogni segno della natura e cantare con partecipazione piena le cose più semplici, più belle. La dura vita dei campi, la miseria, i sacrifici, il sudore dei contadini di ieri, la storia di un popolo e di una terra tormentata, ritornano nella raccolta di prose: "I vôi dal petaros" pubblicata nel 1986. Anche questa è scritta in sonziaco, perché di quella parlata Macor ha voluto salvare le parole che ormai stanno scomparendo. Con "Se 'l flun al mur", del 1989, il poeta "Si conferma coscienza e voce di quell'anima friulana del goriziano segnata dalla nostalgia per un' integrità perduta, ma sorretta da una speranza di riscatto e da una forte religiosità cristiana", si legge nella prefazione.. Il tempo che scorre rapido imprimendo diverse e mutevoli immagini sulla terra, nell'eterno ritmo stagionale, è una suggestione che ha sempre affascinato l'Autore: egli ha veduto specchiarsi in questi segni gli umori del suo mondo interiore, nell'alternanza di speranze e delusioni. Il Natale, la Pasqua, il passare delle stagioni, i giorni ed i sentimenti umani si intrecciano, si sovrappongono, mentre il poeta, ripiegato su se stesso, esprime le sue intime ansie. Una delle poesie più suggestive della raccolta è dedicata al paese natale: "Viarsa, mê, viela, ciariada di secui, jo vivi cu la tô anima tal timp muart che' l è ancia al me" ormai è morto il vecchio mondo contadino, la vecchia "storia di purs platada sot crostis di mûr", eppure il poeta si sente ancora legato a quell'ambiente in cui affondano le radici più robuste del suo sentire "Soi cun te, culì dongia, Viarsa, a vivi li to speranzis ingropant amôr cun amôr" Il 1990 è stato un anno importante per Celso Macor, non solo ha ottenuto un prestigioso riconoscimento come il " Premio nazionale di poesia città di Thiene", ma ha anche rappresentato la poesia friulana al sesto " Festival internazionale " che si tenuto a Barcellona. Nel 1991, per i tipi della Braitan, è uscito "Tiara", una nuova raccolta di prose in friulano, raccolta che è stata presentata in diversi centri del Friuli, ma anche a Klagenfurt e a Parigi, su invito dell'Istituto Italiano di Cultura. Ha scritto Hans Kitzmüller: "E' quanto di più prezioso e segreto una terra possieda ciò che del Friuli Orientale Celso Macor in questo volume vuole cogliere, evocare, raccontare e conservare: l'anima. La sua parlata sa ravvivarne i colori e le voci e sa sprigionare gli antichi odori e i profumi come il "bon odor di pan di fôr o il sprafun dal fen da cumugna ta sera, pena seât ....." ma allo stesso tempo dalle sue pagine trasparivano anche i volti dei personaggi appartenenti a quella gente umile, a quel popolo che la storia cancella muto. Nel 1996 tutta l’opera lirica e narrativa che Macor ha scritto in friulano sonziaco, è stata raccolta nei due volumi dell'editrice Braitan: "I fûcs di Belen", vent'anni di forte impegno e di testimonianza poetica. Celso Macor si è spento il 28 novembre 1998 |