A Elio CIOL

 

«Artist dal obietîf e dal vôli, che dal nestri Friûl, monz, culine, planure e mâr, al à eternât momenz che no tornin di stagjons e di oms e cui “Ultins” di Turoldo l’antighe fan di un popul ch’al brame vite.»

 

Elio Ciol, nato a Casarsa della Delizia nel 1929, da cinquant'anni usa la macchina fotografica per trasmettere sensazioni filtrate dalla memoria e dai sentimenti, silenzi velati di dolce intimità, trasparenze sottili che lasciano intravedere profondità poetiche.

A lui basta un'ombra, una strada vista da un'angolatura particolare, il disegno dei vigneti su di una collina, per mettere splendidamente in luce il significato profondo di una realtà che l'abitudine porta spesso i nostri occhi a considerare come del tutto insignificante.

Le sue fotografie sono uno straordinario saggio per immagini, sono sguardi sul paesaggio, capaci di raccontare la loro storia attraverso contrasti di luce, volumi e linee prospettiche. 

Ciol è figlio d'arte. A quindici anni aiutava già il padre fotografo nello sviluppo e nella stampa del quotidiano lavoro di routine.

Un tempo, alla fotografia si ricorreva solo in particolari momenti della vita: in occasione di un matrimonio, di una nascita o di un avvenimento veramente importante. 

La fotografia d'arte era un fatto eccezionale!

Nel 1944 ha avuto la fortuna di conoscere un Ufficiale medico tedesco, che portava a sviluppare i suoi rullini nello studio del padre. L'Ufficiale non fissava nell'obiettivo battesimi o nozze, ma angoli della campagna friulana, volti di donne scavati dalla fatica, tetti di tegole rosse di terracotta, suggestioni nascoste che hanno permesso ben presto al giovane di scoprire come, attraverso la fotografia, si potessero comunicare le proprie emozioni in modo nuovo e diverso. 

In seguito, dopo aver comprato per caso una bobina di pellicola negativa per foto aeree, presso una rivendita dell'esercito angloamericano, ha scoperto la possibilità e gli effetti delle pellicole a infrarosso. 

Nel 1949 ha partecipato, a Udine, alla "Mostra fotografica provinciale ", facendo, così, conoscere per la prima volta al grosso pubblico, le sue capacità espressive e tecniche. In quell'occasione ha  ottenuto il  terzo premio. 

I grandi fotografi friulani del dopoguerra sono stati i suoi primi maestri: Buiatti, Brisighelli, Antonelli, Pignat, ma la critica lo ha avvicinato subito all'americano  Ansel Adams perché, come lui, “Ciol celebra l'armonia dell'arte e l'armonia del mondo ", ha scritto Charles Henry Favrod. 

Il paesaggio friulano, sempre diverso, ma anche sempre accomunato da alcune caratteristiche, gli orizzonti limitati, la presenza costante del lavoro dell'uomo, la dolcezza degli elementi naturali, lo hanno affascinato sin dall'inizio della sua straordinaria carriera artistica. 

I lunghi filari di gelsi, i campi appena arati, le case innevate, le chiesette votive, sono stati i suoi primi temi.- "Temi e soggetti -riconosce Carlo Sgorlon- sempre sapientemente equilibrati, bilanciati, inquadrati, perché il sentimento della vita in Ciol è sostenuto da una visione esemplarmente armoniosa, serena, pacata”.

Nel 1951, durante il suo primo viaggio ad Assisi, là dove " le pietre raccontano di Chiara e Francesco ", negli spazi contrassegnati dalle testimonianze e dai miracoli, in un'aria rarefatta, fuori dalle mode e dal tempo, attraverso l'uso perfetto del bianco e nero, sono nate alcune delle immagini più belle dell'Artista.

Durante i suoi numerosi soggiorni nella città Umbra, egli ha fissato nella pellicola ciò che Francesco ha cantato, creando, così, un racconto fotografico che parla di una terra dolce e verde, di cieli tersi e di montagne senza asprezze, di ulivi inondati di sole, di una città dagli angoli silenziosi, con muri di pietra, strade strette e case costruite per appoggiarsi l’una all'altra...... 

Di Assisi egli non ha colto l'imponenza dei monumenti o il vociare dei pellegrini, ma l'umile silenzio dei sassi ed il messaggio degli intonaci affrescati.

Quando nel 1962 Padre David Maria Turoldo, ha cominciato a girare "Gli ultimi", sul set, come fotografo di scena, ha voluto l'artista di Casarsa. 

Per Licio Damiani “le immagini di Ciol, così come la poesia di Turoldo, affondano in una profondità che ne fa erompere gli umori segreti, la radice metafisica, la sostanza sacrale... ombre e luci assumono intensità arcane, d'incantamento ".  

Il Friuli che è stato di Turoldo, è stato ed è , ancor  oggi, il Friuli di Ciol. 

Il Friûl

ch'j vin tal còur

Elio

al sa di ciamps

e di fumata!

E di neif blancia

d'unviàr

cu l'ombra scura

di un moràr

ch'al resta

sidin

coma un monumint

neri

dongia 'na ciasa

bandonada.

 Ha scritto per lui l'amico Eddy Bortolussi! 

Nel 1962, alla Biblioteca Comunale di Milano, l'esposizione di una sua raccolta di foto dal titolo: " Il silenzio ", gli ha permesso di farsi conoscere ben oltre di confini regionali. 

Un servizio fotografico realizzato in Palestina, nel 1967 e utilizzato per una grande mostra allestita presso la galleria Sagittaria di Pordenone, più tardi si è trasformato in un magnifico libro. 

Particolarmente importante per Ciol, è stata la collaborazione con il critico inglese Alistair Crawford il quale, dopo aver acquistato il fotolibro "Assisi", si è recato a Casarsa proprio per incontrare l’autore.

Da quest'incontro è nata una mostra articolata su tre temi - Assisi - Kenya - Friuli, mostra che è stata allestita presso l'Università del Galles. In seguito, dopo aver toccato parecchie città della Gran Bretagna, si è conclusa a Londra. 

Un'intensa attività editoriale ha caratterizzato gli anni '80 e '90.

Splendidi volumi, con illustrazioni a colori di Elio Ciol, hanno fatto conoscere al mondo intero, il ricco patrimonio d'arte  conservato nelle case, nelle chiese, nei palazzi e nei musei del Friuli-Venezia Giulia, del Veneto, dell'Umbria. 

Sono stati quelli anche gli anni dei grandi riconoscimenti, sia in campo nazionale che internazionale.

Ne ricordo solo alcuni: nel 1992, a  Londra, l'Artista, ha ricevuto il premio Kraszna-Kraus per il fotolibro " Assisi ", la cosa si è ripetuta nel 1996 con il libro per immagini dedicato a Venezia. 

Nel 1997 è stato premiato ad Amsterdam per "Sculture e disegni della campagna friulana", una raccolta di 12 foto in bianco e nero. 

Udine, l'estate scorsa, gli ha dedicato un’ampia mostra antologica: 200 fotografie di grande formato, rigorosamente in bianco e nero, scelte tra le migliaia scattate nel corso di una vita intera, “per illustrare compiutamente un percorso stilistico di cristallina coerenza”, ha scritto nel catalogo Giuseppe Bergamini.

Fotografie, quelle di Ciol, che hanno saputo fermare il tempo e donare il sapore dell'infinito.