Un grazie ai "Dimenticati" di Sante Osso |
In realtà "Dimenticati" non è la parola giusta. Se c'è ancora nella memoria di ognuno di noi il ricordo di coloro che ci hanno reso meno difficili i momenti tragici del 1976, vuol dire che queste persone non sono dimenticate. Non sempre, però, siamo in grado di parlare di loro, di ricordarle e ringraziarle pubblicamente, come meriterebbero ad una ad una. È a queste Persone, che a Buja diedero il loro contributo solidale singolarmente o in gruppi, che io intendo rivolgere il mio grazie. Qualunque sia stata la portata del loro aiuto, sia stato esso economico o in generi di prima necessità, sia stato di attenzione o di sostegno morale, ciò che hanno fatto è stato importante. Come posso non ricordare i tre uomini che il 7 maggio '76, di buon mattino, si presentarono a casa mia per vedere se serviva qualcosa? Venivano da Ancona a bordo di un'ambulanza attrezzata per i primi soccorsi e ovviamente avevano viaggiato tutta la notte. E come dimenticare il camion di giovani soldati che, armati di badili e di tanta buona volontà, cercavano di sgomberare la strada ostruita dalle macerie della casa del vicino? A tutti loro, rimasti per altro anonimi, non potrà mai essere dedicato un libro e nemmeno un breve articolo. Ma anche con tanto di nome e cognome non è sempre facile far giungere un ringraziamento adeguato. Ermes Giacomuzzi, Roberto Serrani e Gianni Peressotti, tutti di Udine, che la mia famiglia aveva già conosciuto per l'affetto e le generosità con cui avevano seguito la malattia e purtroppo la scomparsa, nel 1974, di don Luigino D'Agostini, che molti ancora a Buja ricordano come straordinaria figura di giovane sacerdote, si fecero puntualmente vivi a casa mia la mattina del 7 maggio. Portavano innanzitutto le cose più semplici, come acqua potàbile, pane fresco che erano andati a comprare dopo averlo cercato forse per chilometri e altri generi utili ai miei bambini, che avevano uno e sei anni. Sarebbero ritornati poco dopo con un carico di coperte anche per le altre persone E poi ci furono dei parenti venuti da lontano con un carico di acqua minerale, visto che né quella dell'acquedotto, né quella del pozzo in cortile erano da considerarsi affidabili, soprattutto per i bambini. E poi ancora arrivarono dei militari americani, forse da Aviano, con generi di prima necessità e con una torta con cui potemmo festeggiare il compleanno dell'anziana signora che abitava nella casa, naturalmente distrutta, accanto alla mia. E poi giovani dall'Umbria, che aiutarono a recuperare oggetti e che cantavano con le loro chitarre, portandoci un po' di allegria. E tanti altri ancora, chissà da dove. Ma tra le persone di cui abitualmente si parla poco, forse dando per scontato che dovessero fare quello che hanno fatto, ce ne sono molte del posto. Gli amministratori del comune, ad esempio, che dovettero essere presenti ai problemi di tutti, anche trascurando i propri, per 24 ore su 24. Bisogna dire che a Buja tutti operarono con grande spirito di sacrificio, sia quelli che appartenevano alla maggioranza, sia quelli che stavano all'opposizione. A tutti loro il mio grazie di cittadino di Buja. C'è, tra loro, una persona che ha avuto un'importanza del tutto speciale per Buja: il Sindaco della ricostruzione, Gino Molinaro, impegnato si può ben dire "in prima linea" dal '76 al '90 e scomparso ormai da ben nove anni. Purtroppo, la furia distruttrice di un periodo storico non del tutto superato lo condannò senza processo e senza sentenze, con la sola forza del sospetto, e tanto può bastare a far sì che, nonostante l'evidente grandezza del lavoro svolto e l'intelligente impegno profuso, questo indimenticabile Personaggio non abbia ancora avuto il riconoscimento che meritava. Ma forse, ripensando al disastro di trent'anni fa e ricordando aneddoti ed episodi in cui Egli immancabilmente si prodigò a fare il bene del paese prima che il proprio, molti altri cittadini di Buja gli diranno, come me: grazie di cuore, Gino. |