19 maggio 1976

«Cara  bambina del Friuli»

di Renato Berti

Dai giorni del terremoto continuano a giungerci offerte e letterine degli alunni bresciani destinate ai piccoli terremotati - Le consegneremo a Sandra, la «mascotte»  di Buia

 

C'è una foto sul Friuli che ha fatto giro del mondo. Ritrae il volto di un bambino: due occhi ancora, pieni di paura, alcuni graffietti sulla punta del naso e sulle guance, un espressione dolce e triste. Un giornale milanese ha legato a quel visetto la propria sottoscrizione. Nel vederlo tornano alla mente le tragiche immagini che accomunano i bambini di tutti i disastri. Piccole, bocche che gridano di terrore, corpicini feriti o privi di vita, una bambola, che spunta tra le macerie. Nessuno, nonostante le ricerche, è riuscito a sapere il nome di quel bambino.

Di una sua coetanea, che pure ha suscitata tanta commozione, si conosce almeno quello. Si chiama Mariapia. Centinaia di italiani l'hanno vista in televisione aggirarsi tra le rovine, mostrare la chiave di quella che era stata la propria casa, scoppiare in un pianto dirotto. Quelle scene hanno colpito anche molti nostri lettori, e specialmente i bambini, dai quali negli ultimi giorni ci sono pervenute numerosissime lettere da far recapitare, appunto, a Mariapia, oppure, genericamente, ai loro coetanei terremotati. «Cara Mariapia — scrive Sonia Pavetti  - io lo so che sei una bambina come me, allegra e senza tanti pensieri ma adesso piangi. Mi  dispiace che lì è venuto il terremoto e avete freddo. Io ti starò sempre vicina col pensiero non ti dimenticherò». «Se io fossi grande — aggiunge Francesco — verrei ad aiutarti a ricostruire il paese, ma purtroppo sono piccolo e non posso venire ad aiutarti, però ti mando i miei risparmi». Accanto a questa lettera c'è una significativa nota della maestra: «Francesco è venuto a scuola col suo borsellino personale, regalo della nonna a l'ha vuotato. Conteneva cinquemila lire che sono state messe con gli altri denari già raccolti».

Particolarmente toccanti anche le parole di una bambina coreana, adottata da una famiglia bresciana, che cerca di dare coraggio ai bambini rimasti come lei senza papà e senza mamma. «So che nel Fruli ora ci sono i bambini orfani - scrive Suki -  essi saranno adottati dai bambini e da altre famiglie. Anche  io sono stata adottata; e mi trovo bene. Se potete scrivetemi».

I bambini della seconda elementare della Rinaldini hanno rinunciato alle gite che avevano da tempo in programma, per aumentare il gruzzoletto delle loro offerte, «Tanti bambini sono rimasti senza casa — dicono - nella loro letterina — senza genitori, tanti sono morti e noi abbiamo visto le loro bare bianche. Alcuni di noi hanno visto quella bimba che cercava qualcosa tra le macerie: piangeva. E' per lei - aggiungono - che abbiamo rinunciato alla gita a Pastrengo e a Gardaland in modo che qualche bambino possa tornare a sorridere». In un viaggio nei paesi del terremoto abbiamo cercato Mariapia. Abbiamo chiesto di lei ai centri di coordinamento, agli abitanti dei villaggi, alle persone che scavavano tra le macerie. Nessuno ha saputo darci  indicazioni utili. Forse è tra coloro, la maggioranza, che subito dopo il disastro sono stati  mandati da parenti o famiglie in altre città.

Abbiamo pensato, quindi, di far capo ancora una volta al Villaggio Brescia. Anche qui c'à una bambina, l'unica della tendopoli,  che può apprezzare queste lettere. Siamo certi che risponderà volentieri alle lettere affettuose dei bambini bresciani. Si chiama Sandra: è groziosissima e simpatica. Ha nove anni, ma non ha molte occasioni per giocare. Dopo quello che è successo, d'altronde, non ne ha neppure voglia. Si aggira tra le tende, cerca di aiutare dove può, spesso dà una mano in cucina. L'abbiamo incontrata a Buia pochi giorni dopo il terremoto.

All'inizio  era molto triste, e risentiva ancora, lo si capiva, dello spavento di quella tragica sera. Poi, a poco a poco, aiutata anche dall'atmosfera del Villaggio, è tornata ad essere tranquilla Un giorno, mentre scrivevamo come al solito sotto la tenda, ci si è seduta accanto e l'abbiamo vista armeggiare a lungo su un quaderno di scuola. Poi ci ha consegnato un foglio. «Ti ho fatto il ritratto — ha spiegato — se vuoi te lo regalo, cosi quando tornerai a Brescia ti ricorderai di me». Partendo abbiamo promesso a Sandra di tornare a trovarla. Ci torneremo portandole un pacchetto di affetto che certo le farà piacere: le lettere dei bambini bresciani.