23 maggio 1976

UNA SISTEMAZIONE PIÙ SICURA PER VECCHI, FERITI, E NEONATI

di Duilio Tamagnini

A San Rocco di Forgaria i primi ospiti sono entrati nelle roulottes bresciane

Sono state corredate con quanto è necessario: dalle coperte alle stoviglie

Sempre infaticabili le crocerossine bresciane - Arrivata anche la corrente elettrica

 

DAL NOSTRO INVIATO

Buia, 23 maggio

Altre scosse, stanotte. Una di quinto grado. Terrore dopo terrore. Una sola giornata da due settimane a questa parte è trascorsa senza che la terra tremasse.

Basta un rumore, un alitare di vento persino perché la gente sobbalzi, perchè gli animali, che hanno la paura nelle pupille, tentino la fuga in qualunque luogo si trovino. Pare, il manifestarsi del sisma, un sussultare interminabile (anche se è questione di secondi) di quanto si ha sotto i piedi: pavimento, prato, strada. Si prova il bisogno di correre e ci si trova con quintali di piombo dentro le gambe, le giunture irrigidite, il fiato che non trova la via per uscire.

Eppure, nonostante tutto questo e buona parte del riposo troncato, si è lavorato qui a Buia per risolvere le esigenze che il vivere comunitario comporta e, soprattutto, su a San Rocco di Forgaria, dove c'è un'appendice del « Villaggio Brescia ».

«Tutto è a posto — ci ha detto Franco Maestrini, che sta dedicando le sue vacanze a questa gente —. Le "roulottes" sono state assegnate. Le abitano, da oggi, i vecchi, i feriti reduci dagli ospedali (per i quali una verrà mantenuta sempre disponibile), i neonati. In ventiquattrore non solo sono state ancorate al terreno ghiaioso predisposto per accoglierle, ma, grazie alla sottoscrizione dei nostri lettori, sono state fornite del necessario: dalle coperte alle stoviglie. Piccole case autonome che per i senza letto, ora come ora, rappresentano l'optimum ».

Questo prodigarsi (nel quale danno esempio bellissimo le crocerossine bresciane: tre a San Rocco, due a Flagogna: «Noi — commentano — in servizio non abbiamo né nome né cognome; il simbolo che sta sulla nostra divisa diviene temporaneamente la nostra firma ») è caratteristico dell'intero Friuli. Ovunque si vada ferve l'opera di soccorso che vede impegnati italiani e stranieri; a Forgaria erano gli austriaci a distribuire l'acqua. Più sotto, a Maiano, giovani belgi stavano scavando tra le macerie attenti alle indicazioni di una vecchietta che voleva salvare qualcosa. Una gara di solidarietà che ha investito il mondo intero.

Si registra anche il ritorno dei nostri emigranti. Ieri, presso il ponte ferroviario dal quale si domina l'abitato di Artegna, abbiamo visto ferma una donna che stava seduta su una valigia grossissima. Pensando si trovasse in difficoltà, per il peso che doveva trasportare, le abbiamo chiesto se il nostro aiuto poteva riuscirle gradito. Con le lacrime agli occhi, esprimendosi in una lingua che era più francese che italiano, ci ha raccontato di venire dalla zona di Parigi e di essere nativa appunto di Artegna. Vi tornava a distanza di anni per abbracciare i parenti.

« La vista del paese, da lontano — ha proseguito — mi ha colpita, scoraggiata a tal punto che sono ferma qui da quasi tre ore e non riesco più a compiere un passo ». Del resto potrebbero essere decine, forse centinaia gli episodi del genere da riferire. Molti ne raccontano alla nostra tendopoli di Buia, dove i ragazzi della scuola elementare hanno frequentato le lezioni dipingendo anche grandi pannelli con scritte in friulano, nelle quali è raccontata la loro vita di prima, cioè di quando il terremoto non si era ancora abbattuto su questa terra operosa. Essa, nonostante i presidi in atto, non può ancora nascondere le ferite provocate dal terremoto; in montagna, lungo certi tratti, l'asfalto della strada ostenta avvallamenti in serie. Sono i segni del sisma. Qualcuno che si trovava in auto mentre avvenivano le scosse più paurose ci ha raccontato che il livello delle rotabili si alzava e abbassava improvvisamente, quasi un grigio mare in tempesta.

Le tracce più evidenti si colgono sulla salita di San Rocco. Le tre crocerossine anonime di casa nostra che si avvalgono della collaborazione di un « pioniere » del loro sodalizio, che è distaccato a Flagogna e che trascorre qui tutto il tempo libero da incarichi per così dire ufficiali, si sono prodigate per aiutare a fissare meglio le tende, per stendere panni al sole, per confortare quanti non hanno retto a questa nuova avversità; basti aggiungere che la tendopoli, tra ieri e oggi, è stata allagata almeno una dozzina di volte.

Adesso, fortunatamente, per i casi più gravi, ci sono le «roulottes». Sono otto, sei nostre più una della CRI e un'altra pure offerta per sottoscrizione alla CRI di Brescia, portata qui in precedenza. Non appena le tre sorelle rientreranno a casa, anche essa verrà ceduta agli sfollati. Questi ultimi, secondo, notizie che ci sono state confermate un po' dappertutto, non hanno bisogno, ora come ora,   di  viveri e di abiti. Ne hanno. Preziosissime, invece, le tende, e soprattutto le casette mobili. Frattanto stanno giungendo tegole e mattoni: ne servono continuamente per l'opera di ricostruzione che già è stata avviata.

Gli aiuti continuano ad arrivare. L'autostrada per Trieste, nei pressi di Udine, offre l'immagine, a ogni ora del giorno, di una retrovia da fronte bellico. Mezzi pesanti che affluiscono da ogni parte e con i carichi più diversi. Sopra, su manifesti a stampa o in pennarello, si leggono le provenienze. Dall'Italia e dall'estero si vuol dare una mano al Friuli. Doverosamente; non solo essendo la solidarietà indispensabile affinchè quanti sono colpiti possano risorgere ma, soprattutto, perché i friulani, nella loro sofferenza senza pianto, recano in questi giorni una testimonianza di operosità indescrivibile. Sono tutti in prima linea, dove e come possono, non esclusi coloro che riportarono ferite.

Non per questo essi dimenticano il dovere di aiutarsi l'un l'altro. E per testimoniarlo possiamo ricordare quanto avviene a San Rocco. Nel piccolo cimitero dalle lapidi sconvolte e dalle piante abbattute, un vecchio, da sette giorni, rifiuta di lasciare una tomba ancora fresca. Sotto quella terra c'è sua moglie. Ogni giorno i compaesani, e per tre volte, gli recano di che nutrirsi. «Mangia come un uccellino — spiegano — quando lo avviciniamo ci rivolge un accorato sguardo di riconoscenza. Come per dirci che non sa trovare le parole tanto è il suo dolore, pure ci è grato ».

Ora forse anche a San Rocco, riaperta la strada, perverranno altre testimonianze di solidarietà. Dall'Austria sembra essere imminente l'arrivo di un carico di legname. Servirà per puntellare gli stabili che si pensa possano essere salvati. L'abitato, nel viluppo degli alberi e nel verde scenario montano, pare un paese di fiaba. Così era, forse, fino a quindici giorni fa. Prima del terremoto, cioè. Ora non più.

Basta soffermarsi su uno dei tornanti della rotabile che lo raggiunge per assistere ad uno degli spettacoli più impressionanti che il Friuli tormentato riservi: sotto c'è Forgaria. Le sue frazioni appaiono sventrate dalla furia del sisma. Come se un masso gigantesco si fosse abbattuto sulle case, alcune distruggendole dalle fondamenta, altre tranciandole ai piani superiori, altre ancora svuotandole così che reggono solo i muri maestri. Anche la chiesa appare squarciata; l'orologio della torre, come tutti gli altri della plaga, si è fermato. Segna l'ora in cui la scossa più tragica ha disseminato di lutti e di rovine questa parte della Penisola. La speranza è che presto ritrovi il suo ritmo e misuri un tempo più propizio.