Le penne nere del «campo 4» ieri a Gemona per l’abbraccio con i «fradis» friulani
Partenza in pullman di buon’ora, prima degli acuti del gallo, per giungere puntuali all’appuntamento con gli amici friulani. Meta Gemona. «Il Friûl us ringrazie di cûr e nol dismentée»: il Friuli non dimentica e, quale tangibile riconoscenza per l’immediato intervento degli alpini subito dopo il 9 maggio del 1976, Gemona ha concesso la cittadinanza onoraria all’Ana, l’Associazione nazionale che raccoglie circa 350.000 penne nere in congedo.
Il Friuli, terra che ha forgiato generazioni di alpini, ha spalancato le porte in un ideale abbraccio a quelle migliaia di volontari, cappello alpino in testa, che armati non solo di cazzuola ma anche di un sorriso e di una buona parola, hanno saputo ricostruire tetti e case e che nella tragedia hanno portato un sollievo morale e fiducia per il futuro. E i friulani, gente laboriosa e dalla scorza dura, dopo aver pregato e pianto dinanzi a quelle mille croci, hanno rimboccato le maniche e mischiato il loro sudore con quello degli alpini.
Due anni è durato l’intervento ufficiale dell’Ana, ma l’amicizia tra le penne nere, i volontari e le famiglie è durata anche dopo la chiusura dei cantieri.
Trent’anni fa, trent’anni di meno: braccia e spalle buone, niente rughe... e tanta voglia, in corpo e nel cuore, di essere utili dentro un’immane catastrofe. Ieri a Gemona si sono rivissuti quei giorni, sono passate davanti agli occhi le immagini di quei cumuli di macerie. Ma dove c’erano macerie ora c’è una città ricostruita pietra su pietra: onore a questi caparbi friulani, alla loro voglia di rinascere. Pochi anni, e della catastrofe non c’era più alcuna traccia. La precedenza nell’assegnazione di quelle baracche che sono rimaste solo un ricordo è stata data agli alpini, una volta smantellate sono diventate le sedi dei gruppi.
Gli alpini bresciani hanno incontrato i compagni di quella indimenticabile e meravigliosa esperienza di vita, gli amici friulani. E sono riaffiorati tanti aneddoti. Come dimenticare quando, chi scrive, si è presentato a Gemona in quel Campo 4 dove operavano le sezioni di Brescia, Salò, Vallecamonica e Bergamo all’ora di cena. «Set de Brèssa?» alla conferma «Alura te vegnèt en squadra con noàlter...». Via dunque a Stazione Carnia di Venzone con gli amici di Vesio di Tremosine a rafforzare la casa di Raffaello, Dorina e le piccole Paola, Emanuela e Antonella. Come dimenticare quel Beniamino imprenditore che si arrampicava come uno scoiattolo? E noi a passare assi, tondo, cemento. Con quelle famiglie è rimasta un’amicizia solida come il cemento. Amicizia vera, come con gli alpini della Volta che han tenuto a battesimo il piccolo Manuel.
Anche le Frecce tricolori han fatto da corona a questo incontro, una città imbandierata ha accolto le sfilate di quell’Italia alpina generosa. I saluti sugli striscioni riflettono i sentimenti di questa gente anticipando i discorsi. «Bentornati alpini». «Grazie di tutto. Ieri. Oggi. Sempre». «Grazie per la vostra solidarietà e umanità». «Un grazie dalle future generazioni». «Gemona rinata anche grazie a voi».
È palpabile l’emozione dinanzi al Municipio durante la cerimonia. Non poteva mancare un commosso ricordo per quel sangue alpino, contributo per la pace, in Afghanistan.
Le parole del sindaco Gabriele Marini che ha ricordato le 400 vittime, i 2.000 feriti e quei 12.000 residenti improvvisamente senza tetto. Poi il commosso ricordo dei 29 alpini rimasti sotto le macerie, chiamati nome per nome.
Tanti i riconoscimenti a sindaci, personalità non solo italiane ma anche austriache. Toccante il saluto del sindaco di Foligno che ha riconosciuto, come, in occasione del terremoto in Umbria, nei momenti di dolore, può nascere la vera amicizia. Anche in quella terra gli alpini «conosciuti nel mondo per il loro valore» sono stati i primi ad intervenire. Al sindaco di Gemona che ha tributato il grande onore della cittadinanza onoraria alle penne nere, ha risposto commosso il presidente nazionale dell’Ana, Corrado Perona.
«L’operazione Friuli non esce e non uscirà mai dai nostri cuori. Noi dobbiamo ringraziare voi per quel bagaglio di esperienza che ci avete insegnato. Un popolo di lavoratori dai bambini ai vecchi! Non fu una ricostruzione di scandali ma di un’Italia onesta», ha detto.
Nel pomeriggio la suggestiva cerimonia alla Caserma «Goi». Poi un «Mandi fradis» accompagnato da un ottimo «Tajut».