Grazie alla mobilitazione delle parrocchie Il contributo della Caritas di Alessandro Carini |
Giugno 1976, il presidente della Caritas bresciana, don Giuseppe Tognali, tra le macerie di Madonna di Buja è avvicinato da un uomo che gli porge un pezzo di bronzo, quel che resta di una campana frantumata nel crollo del campanile: «Lo porti ai bresciani, come segno della nostra attestazione di gratitudine». Incontro toccante, allora, e momento simbolico, riletto ora: i rintocchi di quella campana, sia pure ridotta a frammento, risuonano ancora oggi, echi lontani ma distintamente percepibili di una solidarietà concreta di cui la Caritas bresciana si fece promotrice e tramite. Quella solidarietà si indirizzo da subito verso la comunità di Madonna di Buja. Il vescovo della Diocesi di Brescia, mons. Morstabilini, manifestò l'intenzione di realizzare un gemellaggio con una parrocchia friulana, la più vicina possibile al «Villaggio Brescia» che fu rapidamente costruito con i fondi raccolti dalla sottoscrizione del Giornale di Brescia. Il vescovo di Udine indicò a don Tognali appunto la parrocchia di Madonna di Buja, un paese di 1.450 abitanti, raggruppati in 410 famiglie, tra i più colpiti dal terremoto. Qui si concentrò la maggior parte degli interventi promossi dalla Caritas bresciana, ma anche altri centri furono raggiunti dai contributi raccolti nelle parrocchie «mobilitate». Complessivamente vennero finanziate iniziative in loco per circa 300 milioni di lire. Partirono sin dai primi giorni camion di viveri, medicinali e giocattoli. Come primo intervento «strutturale», a Madonna di Buja si provvide all'acquisto di 233 box della dimensione di 5,20x2,60 metri, adeguatamente adattati (e dotati naturalmente anche di un sistema di riscalda-mento) per fungere da provvisoria abitazione per altrettante famiglie del paese, in attesa di prefabbricati più confortevoli. Si pensò poi ad allestire il «Centro della Comunità», nel quale la popolazione potè ritrovarsi per assemblee pubbliche, incontri e celebrazioni liturgiche. Un centro nel quale trovarono posto anche gli uffici per il disbrigo delle pratiche di riparazione e ricostruzione delle case, per la distribuzione di viveri, indumenti e sussidi, per l'ambulatorio. La ricostruzione era già partita. |