Gli sposi che vinsero il terremoto.

Le nozze di Paolo e Anna Carla

nella tendopoli Maestrini testimone,

viaggio di nozze a Sirmione.

di Tonino Zana

 

 

State ascoltando Don Valerio Zamparo (Registrazione Elio Tessaro)

 Gli sposini furono il segno netto della resurrezione dal terremoto. Anna Carla Garzoni e Pietro Tondo si sposarono nella tendopoli del nostro giornale, ebbero come testimone di nozze l’indimenticabile Franco Maestrini del nostro giornale, rimasero mentalmente abbonati alla generosità e all’affetto dei bresciani dal momento del loro sì.
In questa mattina di sole e di pioggia, alla vigilia del trentesimo anniversario del terremoto, avanzano e si presentano, come fossero Renzo e Lucia nella notte del matrimonio segreto, sono timidi come allora, cronisti perfetti dei loro sentimenti. Del loro matrimonio. Uno zio suonava l’organo e c’era tutto il paese.
Avete presente, Franco Maestrini, alto e bello, autorevole e burbero benefico? Franco Solina ne ricorda il carisma anche a quelle nozze, mentre, tornando in auto, gli espongo il racconto degli sposini, a cui fece da testimone quel 16 maggio 1976. La terra tremava, il sole andava e veniva, la sposina cercava una doccia nella casa sbilenca, pronta a crollare. Il negozio dell’orefice si era sbriciolato, le fedi furono imprestate. Per sistemarsi, prima e dopo le nozze, approfittarono di una doccia dalla zia, di una stanza lasciata in pace dal terremoto, con tanto di doccia, lasciata in pace anch’essa, come in un’immagine surrealistica di Magritte.
«È stato emozionante - ricordano gli sposini di allora, Anna Carla e Pietro -. Per prepararmi alle nozze ho dovuto rischiare la vita, entrare nella casa diroccata di una parente, una paura tremenda. Mi sono cambiata e sistemata, un occhio al vestito, un occhio alle crepe, un orecchio agli scricchiolii. Don Valerio Zamparo ha celebrato le nozze. Se n’è andato l’anno scorso. Ci sposammo alle 11 nella tendopoli qui dietro, mi portavo due bouquet, uno di mia cugina, fiori di campo, il terremoto aveva ingoiato ogni altro fiore, e poi il bouquet dei bresciani, orchidee.

Le due torte offerte dal Giornale di Brescia e dalla Marina Militare erano squisite. Capitò tra il pubblico, che era tutto il paese, Susanna Agnelli. Fu molto gentile, ci augurò ogni bene. Sempre il giornale ci offrì il viaggio di nozze all’hotel degli Ulivi a Sirmione. Partimmo alle 17,30 e giungemmo sul Garda verso la mezzanotte. Le telefonate erano secondi di ansia: registravamo le scosse di assestamento con il fiato sospeso. Vivere il terremoto da vicino è terribile, altrettanto terribile vivere il terremoto da lontano».
Gli sposini, Anna Carla e Pietro vissero nella loro prima casa in una tenda del loro giardino. «Era già un lusso - dicono -. Tanti erano in auto, tanti vagavano alla ricerca di un parente, di un figlio, di un amico che erano scomparsi sotto le macerie. I nostri figli sono cresciuti. Luca compirà 30 anni, Laura 28 anni. Quanti spaventi! Il terrore è stato a settembre, una raffica di scosse. Mio marito Pietro ha costruito allora una casetta di legno. Abbiamo trascorso l’inverno lì dentro. Mai provato tanto freddo e tanta pioggia. Un inverno brutto, molto scuro».
Gli sposini di Buja lavoravano in una ferramenta del paese. Scoprirono la morte dei loro proprietari, marito e moglie nel mezzo della strada. «Erano usciti dalla loro casa nel momento della prima scossa ed erano stati colpiti da pochi mattoni. Nel mezzo di un terremoto si scampa o si muore per pura fortuna».
La ricostruzione dei friulani di Ursinins, di Buja, del Friuli, passò attraverso gli aiuti degli italiani e soprattutto attraverso lo spirito e le mani dei friulani. Come i nostri sposini, che costruirono una casa per loro e una casa per le loro madri e i loro padri, contribuendo a crescere i figli, Luca laureato e Laura cuoca, i friulani non attesero le ruote della burocrazia, seppellirono i loro morti. Alzarono la testa dalle bare, piansero e faticarono, mescolando lacrime e sudore. Ritrovando la prima serenità dopo la grande rivolta della terra.
C’era una luce superiore a quella abbattuta dal terremoto, il mattino delle nozze di Pietro e Anna Carla. Vestiti già leggeri, un sole tenue, ma resistente. Si capisce dagli occhiali da sole portati dai presenti. Moda del Settanta, lui capelli lunghi, basette abbondanti, lei un abito bianco, lungo e un cappello di un’allegra prospettiva, cioè larga sulla fronte, come ad andare incontro al futuro e a un’altra giornata. Finalmente.
I giovani, spiegano le generazioni dell’epopea della terra che trema e delle cose che ondeggiano, non percepiscono l’idea fissa del terremoto, l’idea che chi fu colpito nella notte del 6 maggio 1976, si porta dietro sempre, a Buja o a Caracas. L’idea che prima del botto delle 9 di sera, il giorno fu di un caldo micidiale, che toglieva il fiato, una specie di annuncio dell’inferno che si sarebbe spalancato, appena fosse calata la calura. Tanti tentarono di ritornare nelle case, alla ricerca di un gruzzolo ormai dislocato in un’altra stanza. Il terremoto aveva spostato, d’un colpo di magia, la cassetta con quattro soldi dalla cucina al salotto o viceversa.
La sposa, la sposina Anna Carla Garzoni osò penetrare tra i muri dondolanti, alla ricerca di un abito, di una fede, di un poco d’acqua per dimostrare tutta la tenera bellezza al suo Paolo, vestito scuro, cravatta larga, sicuro e felice appena fuori dalla tenda, nel mattino alto di maggio, del mese della Madonna e delle rose, il più distante dal pensiero di un agguato del genere, dal colpo d’ascia al cuore del Friuli di un terremoto cattivo al pari di un diavolo.
Stanno seduti e quando se ne vanno, ringraziano per la vicinanza testimoniale di 30 anni fa. Il cuore della vita è passato, in 30 anni i figli sono nati, cresciuti. Le fotografie sono distese sui tavoli del bar, ognuno è riconoscibile. In alto, vedete il signor Paolo che armeggia intorno alla torta, guardato a vista dagli uomini della marina militare, in mezzo, lo scambio delle fedi, in fianco a lei, diritto come una guardia del Quirinale, Franco Maestrini con occhiali americani. Si sorride. Per dei lunghi minuti, il terremoto è stato pestato sotto i piedi.

Auguri!