Ci sono accadimenti che, nella loro tragica casualità, sono capaci di generare umanità. È il caso del terremoto che trent’anni fa ha devastato il Friuli. Su quella terra sconvolta è nato un rapporto d’amicizia che lega Brescia a quella regione, alla cittadina di Buja in particolare, che è diventato costitutivo della storia del nostro giornale. Un rapporto che si alimenta, si tramanda anche oltre i protagonisti di allora che pur restano nella memoria di tutti. Quel che il Giornale di Brescia, con i suoi lettori e con tanti bresciani di allora, ha fatto, è divenuto il simbolo di un impegno che va oltre il dovere di informazione che uno strumento della comunicazione deve avere: quel che ha fatto testimonia della sua volontà e della sua capacità di tessere rapporti, di legare tra loro uomini e comunità: insomma, un impegno di relazioni. Oggi, a trent’anni dal terremoto, ci accorgiamo del debito di gratitudine che il giornale ha nei confronti di Buja. Questa piccola comunità friulana ha alimentato non solo la memoria, ma l’amicizia. Gli anziani l’hanno trasmessa ai giovani e i giovani la coltivano. Questo inserto che ripercorre i tragici giorni del terremoto e l’impegno di solidarietà dei bresciani, sia dunque innanzitutto segno forte di amicizia per Buja, quindi testimonianza nei confronti dei bresciani perché non dimentichino, perché sappiano che c’è chi pensa a Brescia con emozione, con gratitudine, con amicizia vera. La storia che lega il nostro giornale a Buja racconta innanzitutto che la ricostruzione è avvenuta, prima ancora che nelle cose, nelle persone, nei cuori. Il ricordo che a Buja si conserva dell’avvocato Pelizzari, di Franco Maestrini, di tanti che hanno condiviso il dramma di tutta la comunità, colpisce ed emoziona anche chi, come il sottoscritto, per anagrafe non ha potuto condividere quella stagione. Ma quella stagione è ormai nel dna del giornale, lo costituisce nella sua identità. Per questo non andrà perduta. |