La tendopoli si trovava a 30 passi dalla chiesetta, alle spalle del bar, davanti a una campagna avara, piuttosto debole di fronte alla bocca spalancata delle piccole vie che s’imbutano nell’autostrada. Ursinins Piccolo è la prima località trovata dai bresciani, perciò il primo aiuto. Oggi, l’area dove erano sorte prima la tendopoli e poi le case prefabbricate è occupata da un quartiere moderno. Costruzioni rigorosamente antisismiche, perfino leggere alla vista. Buja si trova duecento metri sopra e si snoda su un territorio pedemontano. Costruzioni nuove, municipio basso, di cemento armato, quatto per resistere a qualsiasi spallata. La chiesa centrale è legata da un sistema di ammortizzatori e sulla collina di Buja, nelle prossime ore si aprirà un museo, di pietra e di legno, nella materia gemellare del paese. L’Austria e la Slovenia sono a poche decine di chilometri; e chi ama la bicicletta come Enzo Tonino, (Tonino è cognome) uno dei cinque rami non imparentati tra loro, va e viene in bicicletta sul piede di un amico austriaco prima che venga sera. Qui, nella piana ai piedi dei monti, a Buja e Gemona, Maiano e Osoppo, la valigia era accanto alla culla. Emigrare è stata una necessità fino agli anni del terremoto, così che esso da un lato ha spaventato anche per un rinculo verso l’emigrazione e dall’altro è stato il modo di giurare «basta» e andare verso la terra che trema con chiodi più grossi e pietre più aguzze: «Basta, restiamo per sempre?». Il Venezuela, ramo edilizia, è stata la seconda patria. Ma, appena ha potuto, la gente è tornata a vivere e a morire al paese. (t. z.) |