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VEZZA D'OGLIO

Ma lo scontro più terribile per il 2° batt. bersaglieri avvenne a Vezza. Sembra che gli ordini ricevuti dal Maggior Castellini, comandante il battaglione, fossero ben chiari ; prendere contatto col nemico, molestarlo senza attaccar battaglia, se attaccati ritirarsi senza perdere il contatto.

A Vezza si prende contatto, essendo quasi notte si dispongono gli avamposti, si assumono informazioni. Risulta esser il nemico forte di varie migliaia di uomini, munito di buona artiglieria, e postatosi in posizione sulla montagna in luogo di difficile scalata. La notte trascorre senza incidenti se togli l'allarme destato dallo Zio Titta. Ecco come egli descrive l'incruento  fatto d'arme : " Ero di sentinella avanzata lungo la strada che conduceva al nemico. L'alba non aveva ancora colorite le cose, quand'ecco sentii venir verso me un rumore che stimai esser provocato dal galoppo di vari cavalieri. Attesi, ficcando gli occhi in tutta quella oscurità e non appena potei discernere una massa confusa avanzante al galoppo, feci fuoco contro essa, anche per dare l'allarme al posto di guardia posto più dietro. Il mio colpo non commosse per nulla il nemico avanzante; ed allora, giù picchia picchia con la bacchetta a ricaricar in fretta il fucile, e poi, pamff ! fuoco di nuovo contro il nemico... che non s'arresta. Faccio appena a tempo ad adossarmi alla montagna per non venir travolto, che mi vedo passar davanti, lanciata come un bolide, nella sua corsa pazza, ... un'armenta, che poco dopo andava a cadere sotto i colpi dei miei commilitoni, attratti da tutto quel furioso rumore. Nella mattinata, l'episodio della vacca era commentato da tutto il battaglione e formava oggetto della più matta ilarità „. Quanto abbiamo riso conclude Egli. Ma la giornata iniziata in si comica maniera, doveva avere uno svolgimento tragico. Il maggior Castellini, malgrado gli ordini ricevuti, con coraggio temerario, comanda l'attacco delle ben munite posizioni avversarie.

Per l'erta ripida e faticosa montano all'assalto i volontari; li bersaglia, con tutte le sue artiglierie, il nemico ; molti cadono. Lo zio Titta racconta : "Era una fatica avanzare,... finalmente una sosta,... poi un nuovo sbalzo in avanti,... e morti. I morti non fanno impressione,... i feriti si, con le urla strazianti, con le invocazioni. Avanzando calpestavamo i morti. Mori anche il Maggior Castellini. Poi, quando le nostre file furono ben diradate per le numerose perdite, il nemico uscì dai suoi ben muniti ripari, ci contrattaccò, ci ricacciò in fondo valle, senza osare però di inseguirci. Nel domani fummo raggiunti da Garibaldi con le sue truppe, ed allora su di nuovo all'assalto e questa volta la Vittoria era nostra, perchè il nemico si era ritirato „. A Vezza moriva sul campo di battaglia, colpito da palla Austriaca il nostro parente Gigi Ongaro.

E qui mi torna acconcio rilevare un'altra inesattezza dell'Abba intorno ai nostri, commessa in un suo articolo intitolato "Meditazioni Garibaldine„ comparso sul giornale " La Stampa „ del 24 Agosto 1909 e dedicato ai valorosi della campagna del 1866, e più specialmente agli eroi del 2° batt. bersaglieri garibaldini, del maggior Castellini.....

"E tra questi c'era Barnaba. Barnaba che non posso nominare senza ricordare cosa si narrava di lui fin dal 1860 in Sicilia e che, lo ripeto temo di dire da tanto che è da non credersi e sansonesca. Si narrava insomma che quando pei funerali del Professor Zambia nel cui nome scritto punteggiato tra le lettere (Z. A. M. B. R. A.) la scolaresca lesse "Zitto, Austria Muore; Bella Risorge Ausonia,, fu decretata la chiusura dell'Università di Padova; il Barnaba si oppose a modo suo, andò diritto dal " Pedrocchi all'Università, scardinò uno dei battenti della porta e sulle proprie spalle lo portò a gettare in un canale vicino. Poi fuggi in Piemonte a farsi bersagliere. Egli deve essere ancora vivo in qualche cantuccio del suo Friuli... "

Qui l'Abba ascrive allo Zio Domenico-Valentino volontario del 2° Battaglione Castellini, il fatto delle porte dell'Università di Padova, mentre ciò avvenne per opera dello Zio Pietro, che, cacciata da una parte la folla protestante degli studenti picchianti alla gran porta di ferro, si appoggiò ad essa con le sue poderose spalle e, fatto arco della persona la sollevò dai cardini in modo che essa cadde a terra con immenso fracasso ; e, mentre la studentesca irrompeva ad invadere l'Università, lo Zio con calma portava, uno alla volta, i due battenti della porta al caffè Pedrocchi, dove egli usava trascorrere gran parte della sua giornata, barnaboticamente sdraiato, come lo descrive il Fusinato, in una sua poesia.

A Bezzecca fu presente il solo Zio Domenico -Valentino; un errore di strada aveva fatto deviare il reparto a cui apparteneva lo Zio Titta.

" Sopraggiunta la sera, fummo costretti a fermarsi in alta montagna „ racconta lo Zio Titta, e, soggiunge con rammarico: "Lassù i battevin i claus pal fred, e lajù intant al faseve une vore cialt” (lassù si battevano i denti per il freddo mentre laggiù si facevano le fucilate).

La pace li ricondusse alle loro case ormai libere.

Primo Sindaco di Buja Italiana fù lo Zio Pietro; nostro Padre venne invece nominato Capitano della Guardia Nazionale di Buja ; lo Zio Titta, in quella di Majano, ebbe il grado di Tenente.