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Introduzione

Lo spunto che ha dato il via a questa ricerca è un testo manoscritto conservato nella Biblioteca Comunale di Treviso, che reca sulla prima pagina il titolo: Forabosco Giuseppe per l’anno 1819. Compendio di Storia Universale dalla Creazione del Mondo fino all’anno 1817 sotto gli auspicii del dotto precettore d. Antonio Gabbaro nel Seminario di Padova l’anno 1819.

Il manoscritto si trova in pessime condizioni, delle circa trecentosettanta pagine di cui è composto, le prime duecento sono leggibili, mentre le restanti sono attraversate da un alone di umidità che si allarga progressivamente fino a forare le carte e il piatto posteriore, rendendo dapprima difficoltosa, e in seguito lacunosa e incomprensibile la lettura. Il volume (di cui sono trascritte alcune parti in Appendice) è una raccolta di appunti da lezioni universitarie di storia universale, e si apre con il "Discorso preliminare da preporsi alla prima lezione di codesto libro" e le "Nozioni preliminari di Sfera e di Geografia": è qui che si trovano una dichiarazione di metodo per lo studio della materia, e una rapida esposizione di come si sia passati da una concezione del mondo e dell’universo statica, al sistema copernicano, grazie alle meravigliose scoperte e dimostrazioni di Galileo Galilei. Il caloroso sostegno dato a questa teoria forse contrasta in qualche modo con l’adesione a una cronologia degli eventi della storia della Creazione e della storia sacra che accetta le datazioni desunte dalla Bibbia, e le dà per certe e scientificamente attendibili. L’intero testo, infatti, è corredato di marginalia, che mettono in evidenza gli eventi principali e la relativa duplice datazione: a partire dalla Creazione, e dalla nascita di Gesù Cristo. La discrepanza che si documenta in questo ambito tra il contenuto delle lezioni universitarie e le scoperte più o meno recenti in campo scientifico, che cominciavano a proporre per la Terra un’origine ben più antica di quella suggerita dalla Bibbia, hanno destato l’interesse verso il mondo dell’istruzione tra Sette e Ottocento e i contenuti del sapere scientifico nello stesso periodo.

Il contesto storico a cavallo tra i due secoli è travagliato e complesso da descrivere per quanto riguarda la storia delle formazioni politiche dell’Italia di antico regime che si avviano a diventare un’unica nazione, per le forti influenze nella storia locale da parte di alcune nazioni estere, come la Francia e l’Austria, per i progressi costruiti durante la stagione riformista che ha condotto gli organismi di governo ad apportare modifiche di rilievo nei propri assetti interni. Inoltre è da sottolineare l’importanza di un fattore essenziale nello svolgersi della storia Sette-Ottocentesca: la corrente di pensiero illuminista, che ha permeato tutti i settori della cultura e della scienza europea, e che ha lasciato, anche in quanti non vi hanno aderito, un’impronta incancellabile. L’"età dei lumi" è gravida di scoperte e innovazioni, nel bene e nel male si fa carico delle contraddizioni della società in cui è nata e si esprime in ogni ambito della vita politica e culturale modificandone le strutture e consegnando ai posteri una visione del mondo, della politica, della scienza, forse non migliore ma certamente innovativa.

Punto focale è la città di Padova, ed in particolare il suo Seminario, specchio dei cambiamenti in atto nella società e nelle politiche dei governi. In antico regime Padova è una delle città di maggiore rilievo tra i capoluoghi del Dominio veneziano di Terraferma, sia per quanto riguarda la dimensione politica ed economica, che per la sua Diocesi, governata da un cardinale della Chiesa romana, ambasciatore privilegiato di Venezia presso la Corte papale. Gli avvenimenti che mettono la parola fine all’esistenza della Serenissima Repubblica di Venezia hanno forti ripercussioni sulla città di Padova, in particolare il breve periodo democratico che intercorre tra l’arrivo dei francesi e la firma del trattato di Campoformio, che porterà Padova sotto il dominio austriaco, è ricco di iniziative e tentativi di riforma delle strutture di governo esistenti, e mette in luce quali siano le ambizioni e i modelli di riferimento per gli intellettuali e gli uomini di governo padovani. I primi due capitoli illustrano gli ultimi attimi di vita della formazione politica lagunare, la sua pavida età delle riforme, l’esperienza democratica nelle città di Venezia e Padova, e il destino che è stato loro assegnato: gli anni della dominazione austriaca e poi francese, sotto il Regno d’Italia napoleonico, e infine di nuovo l’aquila imperiale asburgica ad inaugurare l’epoca della Restaurazione e del Lombardo-Veneto.

Allo stesso modo, la storia del Seminario padovano si dipana attraverso le varie stagioni politiche della sua città: in un crescendo di meritata fama, per due secoli è fiore all’occhiello della cultura scientifica e umanistica veneta, onorato del potere di conferire titoli accademici, e in grado di avere tra i suoi insegnanti studiosi di fama europea. La rivoluzione degli assetti statali accompagnata dalle truppe francesi negli ultimi anni del Settecento inizialmente non porta grandi cambiamenti per quanto riguarda l’istituzione del Seminario, e neanche le requisizioni e le chiusure forzate che colpiscono gli enti ecclesiastici vanno ad intaccare il suo nome. Solo con il Regno napoleonico per la prima volta si manifesta la volontà, da parte dello stato, di porre sotto il proprio controllo tutte le strutture esistenti sul territorio, compresi dunque i seminari, e di riformarli secondo la legislazione francese. E’ a questo punto che avviene la chiusura della facoltà teologica e il Seminario viene ridotto a una semplice scuola superiore destinata esclusivamente ai futuri sacerdoti. Con la Restaurazione, il nuovo cambiamento di regime porta alla riapertura della facoltà teologica, ma anche gli austriaci tengono la rotta tracciata dalle riforme francesi, e quella che era nata come un’istituzione figlia della dedizione del vescovo verso il clero della propria diocesi, e cresciuta nel campo della formazione e della ricerca tanto da diventare un istituto prestigioso frequentato da una maggioranza di studenti laici, è diventata una scuola per la formazione di soli sacerdoti, gestita e diretta dallo stato, solo secondariamente legata alla realtà ecclesiastica del territorio. Immediata conseguenza è il drastico calo delle iscrizioni, e la provenienza sempre più provinciale dei suoi studenti. Il quinto e il sesto capitolo sono dedicati alla storia dell’istituzione seminariale, dalle sue origini e dal suo significato, dettati dal lontano Concilio di Trento, e alla storia del seminario di Padova, attraverso l’opera del fondatore San Gregorio Barbarigo, e le vicende che attraversa nel secolo successivo. E’ stata posta particolare attenzione alla dimensione culturale, alla Ratio studiorum dettata dal Barbarigo, particolare accostamento di aree disciplinari molto distanti, ma tutte trattate ad un alto livello (il nome del Seminario è legato agli studi umanistici come a quelli astronomici, alla matematica come allo studio delle lingue orientali), inoltre la tipografia operante per più di un secolo testimonia l’incessante produzione di testi scolastici difficilmente reperibili, e non da ultimo l’edizione della Encyclopédie méthodique, esempio palese della grande sintonia con i movimenti del pensiero scientifico europeo.

Il terzo capitolo volge lo sguardo sul panorama culturale-scientifico italiano, nella sua dimensione regionale e in rapporto alle scoperte e alle metodologie introdotte prima da Galileo e poi dalla rivoluzione newtoniana, su quale sia il livello di assimilazione e di riutilizzo di questi dati. Inoltre, è stata aperta una parentesi su un aspetto che dice molto del rapporto tra la congregazione religiosa più importante e più diffusa, che si dedica all’insegnamento e alla ricerca scientifica, i Gesuiti, e il pensiero illuminista: ovvero la partecipazione di numerosi membri della Compagnia, legata a particolari contesti socio-culturali, alle logge massoniche, durata all’incirca mezzo secolo.

Un vivace dibattito negli ambienti colti di tutta la penisola per tutto il XVIII secolo riguarda la discussione delle riforme auspicabili nel campo dell’istruzione, ma in particolare, alla metà del secolo, la soppressione della Compagnia di Gesù pone il reale problema del riordino dei sistemi scolastici. L’attenzione si dirige dunque verso la storia delle istituzioni scolastiche, a tutti i livelli, in due aree specifiche: la Lombardia e il territorio della Repubblica veneta. All’interno del quarto capitolo sono state trattate prima separatamente, poiché la Serenissima fino al 1797 ha prodotto legislazioni autonome, e proprie riforme in materia scolastica, mentre la Lombardia austriaca fino a quel momento ha applicato l’ordinamento in vigore nei territori asburgici. In seguito un posto di rilievo è stato dato ai progetti di riforma nati nella cerchia di intellettuali al governo della municipalità di Padova, in particolare per quanto riguarda l’Università, e al confronto tra le aspettative dei democratici padovani e l’assetto che verrà dato allo Studio in epoca napoleonica. Allo stesso modo si guarda al dibattito che ha animato la Repubblica Cisalpina nel proposito di scardinare il sistema austriaco. A questo punto, nella comune appartenenza al dominio francese in Italia, dal 1802 al 1814, i destini dell’area lombardo-veneta si uniscono: la legislazione francese e il controllo serrato della sua applicazione definiscono il nuovo volto del sistema scolastico riformando non più e non solo alcuni aspetti della struttura, ma modificandola radicalmente. L’istruzione riveste un ruolo importante nella politica di riforme napoleoniche applicate nel Regno d’Italia, si assiste a una capillare diffusione delle scuole elementari gratuite su tutto il territorio, e per la prima volta l’insegnamento è affidato a un corpo di insegnanti laico, professionale, con una omogenea formazione culturale, che applicano in maniera uniforme metodi e contenuti della didattica. Il periodo napoleonico non è povero di novità anche nel settore delle scuole di livello medio e superiore: la riforma del ginnasio austriaco e l’introduzione dell’istituzione liceale rappresentano un momento cruciale nel processo che condurrà alla moderna sistemazione organica e gerarchica dei diversi livelli di istruzione. La Restaurazione e il ritorno del Lombardo-Veneto alla dominazione austriaca segna una battuta d’arresto nel corso dell’ammodernamento del sistema scolastico: il governo imperiale impone il ritorno agli ordinamenti prefrancesi, abbandonando la vocazione tecnico-professionale dell’istruzione superiore ereditata dal periodo napoleonico, e provvedendo alla sostituzione dei programmi di studio con quelli di impronta prevalentemente umanistica stabiliti dalle riforme di fine Settecento e applicati nelle scuole austriache. L’impronta confessionale data all’istruzione inferiore e superiore, attraverso l’insegnamento della religione cattolica e lo studio del catechismo, sottolinea la volontà da parte dello stato di garantire e controllare il benessere della popolazione anche servendosi del corpo ecclesiastico. Facendosi carico della formazione del clero curato, istituendo e dirigendo i seminari centrali e vescovili, lo stato crea sacerdoti-funzionari al servizio della amministrazione pubblica prima ancora che di fronte al vescovo.

Il settimo e ultimo capitolo tratta del problema posto inizialmente, ovvero di come sia nata nel III secolo d.C. la cronologia biblica, nel tentativo di ricostruire storicamente gli avvenimenti della Creazione ma allo stesso tempo con l’intento non secondario di stabilire in quale epoca della storia del mondo ci si trovasse, e di conseguenza individuare il momento in cui sarebbe giunta la sua fine. Grazie all’estrema incertezza e complessità dei calcoli da effettuare sulla base del testo biblico, nel corso dei secoli grandi personalità, come ad esempio Martin Lutero, e numerosi scienziati, tra cui un’insospettabile Isaac Newton, si sono cimentati nei calcoli cronologici, giungendo a risultati sempre nuovi. Il tentativo di conferire ai propri calcoli una autorevolezza sempre maggiore porta alla metà del Seicento il calvinista Hussher a proporre una cronologia che indica con una precisione maniacale le date degli avvenimenti. E’ lui il primo a rendere pubblica la tesi per cui la nascita di Cristo sarebbe avvenuta nell’anno 4 a.C., e a fissare la data della Creazione al 4004 a. C.: il suo lavoro ebbe grande risonanza, e le sue teorie restarono valide fino alla diffusione delle scoperte relative alla geologia terrestre.

Le scienze della terra nel Seicento sono una materia ancora poco frequentata, si basa più che altro sull’osservazione diretta del territorio, ma non dispone di una letteratura molto ampia e metodologicamente valida. La difficoltà maggiore sta nel fatto che la storia della Creazione così come è raccontata nella Bibbia, con i suoi sette giorni, e soprattutto con il Diluvio universale, rappresenta un ostacolo non da poco: tutti i trattati di argomento geologico fino alla metà del Settecento, danno per validi gli eventi biblici, e adattano le proprie osservazioni e teorie a quel racconto. La mancanza di un approccio strettamente sperimentale nell’affrontare la materia non è comunque da imputare semplicemente alla censura ecclesiastica: da una parte le convinzioni riguardo la verità del testo biblico erano davvero molto radicate anche tra gli uomini di scienza, dall’altra, le teorie in aperto contrasto con l’ortodossia religiosa potevano comunque trapelare da testi solo apparentemente allineati. Ne sono dimostrazione due uomini che nel XVIII secolo danno il loro fondamentale contributo nella formulazione delle teorie sull’antichità della terra: lo scozzese James Hutton, considerato il padre della cronologia moderna, e Antonio Vallisneri, medico emiliano che già all’inizio del secolo afferma di considerare la terra "ben più antica di quello che si crede". Entrambi si muovono sulla base dell’osservazione diretta del territorio, da punti di vista molto differenti, ma giungono grossomodo alle stesse conclusioni. Hutton parla di erosione e di calore sotterraneo per spiegare l’attuale conformazione terrestre e il ritrovamento di fossili sulle montagne, Vallisneri imputa gli sconvolgimenti maggiori a terremoti, vulcanismo e frane, e sostiene che mutamenti impercettibili avvengono ogni giorno sulla terra, e che quest’ultima è in continua evoluzione. I due studiosi affermano concordemente anche la loro incapacità, o l’impossibilità pratica, di stabilire con precisione quanto in realtà sia antica la terra (il compito di effettuare un calcolo più o meno approssimativo impegnerà diversi studiosi nei secoli successivi). Le scoperte di Hutton hanno un respiro molto più ampio dal momento in cui nel 1830 viene pubblicato quello che è considerato il primo saggio di geologia, sintesi di numerose ricerche che sottintendono la validità del sistema interpretativo proposto dallo scienziato scozzese. Il Vallisneri invece, cela le proprie teorie all’interno del trattato De’ corpi marini, che solo apparentemente è orientato a supportare il racconto biblico, dal momento che lascia intravedere, ad un attento e disincantato osservatore, quali siano le sue reali convinzioni dell’autore. Dichiarazioni esplicite si possono rintracciare solo nel carteggio, data l’estrema difficoltà di pubblicare opere scientifiche palesemente in disaccordo con l’ortodossia cattolica in epoca di censura ecclesiastica, e risalgono ai primi decenni del Settecento.

Constatare che a dispetto della grande fioritura di moderni scienziati di grande fama anche presso i contemporanei, che applicano un metodo di indagine sperimentale e compiono grandi passi avanti nel tentativo di dare spiegazione ai più svariati fenomeni, l’universo scolastico e la cultura popolare di inizio Ottocento, ma possiamo spingerci fino ai margini del Novecento, siano permeati da una strenua volontà di ancorarsi a un passato di certezze legate alla fede nella Chiesa non sorprende più. Attenendo queste osservazioni all’ambito della cultura di stato proposta e difesa dal governo asburgico nel Lombardo-Veneto, si può vedere nelle lezioni di Storia universale raccolte dal Forabosco nel 1819 un esempio di fedeltà alla tradizione, ma un’altra testimonianza è interessante da questo punto di vista: la pubblicazione in area lombarda, negli anni ’20 dell’Ottocento, di un trattato di autore francese che si era già diffuso in tutta la penisola, La Sacra Bibbia vendicata dagli assedi della incredulità e giustificata da ogni rimprovero di contraddizione con la ragione, coi monumenti della storia, della scienza e delle arti, con la fisica, geologia, cronologia, geografia, astronomia (…). Inoltre, spostandoci in Friuli, a ridosso del Novecento ci si può imbattere in un trattatello pubblicato nel 1894 dal direttore scolastico di Gemona del Friuli intitolato Cronologia della storia del mondo dalla creazione del mondo fino alla caduta di Napoleone il grande, che ripropone ancora una volta la suddivisione delle epoche antiche e la datazione fondata sulla cronologia biblica. I tempi non sono ancora maturi per svelare al popolo le verità nascoste della scienza moderna.