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Troiano, piccolo pastore, scese ai grandi templi giù nella valle, i templi erano bianchi, d'uno strano pallore, e c'erano molte colonne di marmo, in lunghe file diritte; e fra esse egli vide gli dei assìsi sui troni e intorno schiere di ninfe, e qua e la atleti nudi, bianchi come i templi.

Tutto ciò vide: era la prima volta e ne ebbe paura. Non aveva mai visto i giganti di pietra che intimorivano l'uomo. Ma gliene avevano parlato i pastori sui monti mentre davanti al fuoco intagliavano nel legno le immagini dei loro dei. Ricordò le sue immagini: erano sempre le più belle e i pastori lo lodavano.

Sedeva sugli scalini quando l'idea lo prese: si impossessò di lui e si ingrandì, divenne immensa, fuggì rapida fra le colonne dei templi: egli, muto, sembrò ascoltare l'eco di quella fuga fin che si spense.

Allora si alzò, ma non tornò alle sue selve sui monti.

Rimase e fece come avevano fatto quegli uomini prima di lui e con l'argilla modellò le sue statue. E nell'ombra profonda dei templi ascoltava la gran voce degli dei all'intorno. "Gli dei del tempio - pensava -o forse il tempio degli dei!..." No, non poteva esserci né tempio senza dei, né dei senza tempio. Capì in quale mirabile sintesi di volumi quegli uomini avevano, fuso architettura e scultura.

Allora sentì in se il bisogno di narrare agli uomini la grande avventura., Ma gli uomini non comprendevano: inutilmente cercò di parlar loro nel linguaggio dei grandi che avevano parlato a lui. Ma infine s'accorse egli stesso che le sue statue erano mute, e che era stata una forza cattiva quella che lo aveva portato a plasmare la creta con una destrezza di mano che stilizzava, ma non dava vita.

Si sedette, stanco: e lontano nel ricordo rivide gli scalini d'un tempio.

Allora si scosse e ritornò a quelle colonne, e sotto la loro ombra ritrovò la forza primitiva e dalle maschere degli dei, dai muscoli degli atleti ora capì veramente che cosa era l'arte. E il dolore della prima sconfitta si mutò in fede, fede per quest'idolo di bellezza che crea la fratellanza nel mondo. Era divenuto uomo, lo sapeva: e modellò le sue statue da uomo. E le superfici liscie   del marmo divennero rudi, scorticate, impressionistiche, sconvolte le membra si torsero in pose scomposte, altre si rilassarono stanche o si ersero alla conquista del cielo.

E quella forza innata che era in tutte le sue statue, scaturì nuova, forza dello spirito, non più della materia. Fu impeto nuovo in un mondo nuovo: dalle selve dove i pastori scolpivano i loro piccoli dei al mondo classico dove le statue portavano un linguaggio sereno nella lotta e nella danza, da questo mondo di cui Troiano subiva ancora il fascino rude e compatto, egli era ormai giunto alla realtà della sua arte.

Troiano Troiani, in questi anni sconvolti dall'odio, ci parla sempre nelle sue statue con il linguaggio della fede, della giustizia, della legge, ci indica la via della fratellanza e dell'amore alla terra. Tutto   nella sua arte ci parla così: il suo stile realista stilizzato, l'impeto dell'espressione che fa pensare ad un nuovo Rodin, la forza delle composizioni anatomiche, la plasticità della materia, la struttura architettonica delle masse, l'ideale di nobiltà e di dignità umana, la monumentalità delle statue "fatte per essere contemplate all'aperto" come i giganti di pietra sulle rovine dei templi.

Troiano Troiani guarda ora dietro di se, lontano, i templi ormai silenziose rovine, alla cui ombra un giorno il piccolo pastore ascoltò la gran voce della pietra e del marmo e visse il suo sogno d'artista.

Renato Calligaro

Troiano Troiani nacque a Buia nel 1886: emigrato nell'America del Sud nel 1914 esponeva per la prima volta numerose opere di scultura a Buenos Aires, attirando l'ammirazione del pubblico e l'attenzione della critica. Da allora il suo lavoro non conobbe soste tanto che oggi si può dire che le sue opere sono sparse in tutta la Repubblica Argentina ed occupano luoghi pubblici, palazzi, chiese, cimiteri, saloni e musei,

Non vi è esposizione dove non figuri l'arte del Troiani sia espressa in statua, bassorilievo, placca funebre o medaglia. Una grande rivista argentina anni addietro lo definiva scultore d'anime, e non esitava a porlo fra i grandi scultori della terra. Quando presentò, qualche anno fa, in una delle sue esposizioni, il suo S. Francesco - di cui diamo qui un particolare -"il nome di Troiano Troiani raggiunse: la consacrazione che concede il giudizio dell'alta critica in simili lavori". Opera che, "porta l'impronta di un profondo misticismo nella forza emotiva della sua espressione".

Nelle pubbliche piazze sono fontane e monumenti che egli eresse ai grandi della scienza come Edison, a Generali, a statisti ed a poeti, ai santi nazionali come a Rosa da Lima,

E prima che "l'architettura diventasse la superposizione di cubi simmetrici lisci e freddi come una immensa ghiacciaia, Troiani diede alle grandi costruzioni il concorso della sua arte" come al Palazzo di giustizia a Cordova, al Museo storico di Rosario, all'Ambasciata di Spagna a Buenos Aires ed all'edificio della Borsa e del Commercio, al Padiglione Argentino a Rio de Janeiro, ed in tanti altri luoghi,