HO  FAME   -    Capitolo 2

HO  FAME

 

 

Operazione Grecia

L’8 aprile alle cinque di mattina, la Compagnia Artieri, formata da 86 uomini più un ufficiale e due sottufficiali, ha lasciato Belluno alla volta della Grecia.

Abbiamo viaggiato in tradotta fino a Mestre, poi in treno verso Trieste e Lubiana, con tappe a Zagabria, Belgrado, Skopie, Salonicco. Dopo quindici giorni, il 23 aprile, siamo arrivati ad Atene, era Venerdì Santo.

Il viaggio è stato lungo e noioso, non si poteva quasi mai scendere dal convoglio, eccetto nei grandi centri, il pericolo di diventare bersaglio dei partigiani era molto forte.

Ad Atene abbiamo visitato il Partenone e, il giorno dopo, siamo ripartiti per il Peloponneso. Dopo avere attraversato il canale di Corinto, verso le diciannove eccoci a Patrasso, una bella città sul mare. Il giorno di Pasqua è stato molto diverso da quelli passati con i miei cari.

Due giorni dopo, dal Golfo di Patrasso un’autocolonna ci ha portati a Missolungi e poi ad Agrinion: finalmente il 29 siamo arrivati a Giannina. Da Belluno, c'erano voluti ben 21 giorni!

La caserma di Giannina era un insieme di più caseggiati, con un grande cortile in comune. Dopo aver formato più gruppi, abbiamo preso posto nelle varie stanze. La mia era una camerata a sei posti, miei compagni Ferruccio Pezzetta di Tomba di Buja, Delio Tessari di Asiago, Aldo Cosmo di Caneva di Sacile, Pio Fornasin di Fiumicello e Vittorio Zoratto di San Donà di Piave.

Il Comandante della Compagnia ci ha detto subito chiaramente che il nostro compito consisteva nel: “Presidiare il territorio”, ha poi aggiunto:

  «Fate molta attenzione, anche quando andate in libera uscita, perchè sui monti circostanti ci sono molti partigiani greco-albanesi».

Nella zona si trovavano anche militari tedeschi, loro avevano il compito di presidiare le coste.

Nella mia famiglia, ogni sera dopo cena, il nonno recitava il rosario. Arrivati a Giannina ho convinto alcuni miei compagni di camerata a fare altrettanto. 

Dopo una quindicina di giorni, ad una trentina di noi, venne ordinato di andare in distaccamento ad Arta, cittadina distante circa 80 chilometri da Giannina. Durante il percorso, quasi tutto di montagna, la colonna, composta da una decina di camion, doveva passare lungo una stretta vallata, un punto ideale per agguati da parte dei partigiani. Infatti, quasi ad ogni passaggio, ci attaccavano da ambo i versanti, causando spesso morti e feriti.

Era necessario allora fermare l'autocolonna e, mettendosi al riparo sotto i camion, rispondere al fuoco. Quando il combattimento era finito ed i partigiani si erano allontanati, si poteva riprendere il viaggio. Io dovevo fare quel tragitto, che durava due ore circa, tre volte alla settimana, per la consegna della posta ed il ricambio del vestiario.

Il 3 luglio siamo stati informati che, lungo quella strada, i partigiani avevano fatto saltare due ponti e che noi del Genio dovevamo intervenire per riattivarli al più presto.

Partiti dall'accampamento ci siamo attendati non lontano dai ponti distrutti. Il sergente Minini mi ha dato l’ordine di mettermi in contatto per via telefonica con il comando di Giannina, di trasmettere informazioni e ricevere ordini.

Giunti nella zona d'intervento, di traverso, sulla strada c’era un muretto di sassi costruito a secco, era alto circa cinquanta centimetri. Alcuni di noi si sono messi al lavoro per poter passare oltre, ma dopo pochi minuti una grande esplosione ha dilaniato il Capitano ed un soldato, ferito gravemente un Sergente ed altri soldati. Io mi sono attaccato al telefono chiedendo al Comando dei rinforzi. Il caso aveva fatto la differenza fra vita e morte, anch'io avrei potuto essere fra quegli sfortunati.

Il 25 luglio dalle radio militari ci è arrivata la notizia della caduta di Mussolini.

Tutti abbiamo pensato che la guerra avrebbe preso una piega diversa, che qualcosa sarebbe cambiato, certo non prevedevamo quello che sarebbe successo. Nei giorni che seguirono ho continuato, come sempre, a fare la spola tra Arta e Giannina.

Ho intrapreso anche un corso di “aereo rifornitore”, che avrebbe dovuto insegnarmi come intervenire qualora qualche nostro reparto fosse rimasto isolato o accerchiato.

A metà agosto, con grande sorpresa, ho incontrato il sottotenente Aviano, impiegato al Comando della divisione Modena e mio professore di Italiano alla IIIª “Avviamento Professionale” di Gemona. Abbiamo parlato a lungo insieme, mi ha anche molto incoraggiato. Il professore che era ben informato, mi ha fatto capire che la situazione non avrebbe potuto protrarsi a lungo, le truppe tedesche stavano perdendo terreno su tutti i fronti.. (CADUTI  BUJESI  IN ALBANIA).

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