HO FAME - Capitolo 7
Ci comportammo da Cristiani La gioia nel ricevere tanta grazia di Dio proprio in quei momenti è stata indescrivibile. Anche mio padre, poveretto, mi inviava quando poteva i buoni del pane, una o due volte al mese. Angelo Tonino, faceva altrettanto, mi scriveva e mi inviava molto spesso il suo aiuto, nonostante ciò la fame rimaneva sempre tanta, perchè erano tante le bocche che quegli aiuti dovevano sfamare. Quando, infatti, arrivava per qualcuno di noi un pacco con dei generi alimentari, tutti gli altri cinque sapevano che ci sarebbe stato qualcosa da mettere sotto i denti anche per loro; la nostra solidarietà era totale, ci comportavamo seguendo l'insegnamento che da giovani avevamo ricevuto, come veri fratelli. Questo modo “Cristiano” di aiutarci a vicenda, nonostante fossimo in uno stato di prostrazione tremenda, mi sembra oggi incredibile, ma sono stati soprattutto questi rapporti umani che ci hanno aiutato a superare momenti così drammatici. I bombardamenti in quel periodo si erano fatti costanti, ogni notte praticamente dovevamo andare nei rifugi antiaerei, che erano stati costruiti all'interno del campo e stare là per diverse ore. Dopo alcune notti passate insonni al rifugio, ho deciso di non andarci più; non ce la facevo senza dormire e senza mangiare, “morire per morire” ho pensato .................... . Il 12 agosto, alle ore ventitré, diverse bombe hanno colpito il nostro campo, è stato un finimondo. Una bomba è scoppiata a un decina di metri dalla baracca dove io mi trovavo da solo a dormire e ne ha spazzato via la metà. Assieme al letto sono volato per una quindicina di metri. Fortunatamente sono caduto lungo e disteso nel canale della strada, sopra il mio corpo, tavole di legno ed altro materiale hanno formato una specie di ponte. Mi sono trovato in una posizione che non mi permetteva alcun movimento, non vedevo nulla, non riuscivo neppure a gridare. I miei amici, certi che dovevo trovarmi sotto le macerie, in quanto non ero andato con loro al rifugio, hanno cominciato a rimuovere i detriti. Dopo alcune ore di lavoro, finalmente, sono giunti alla nicchia dove mi trovavo. Con gli occhi sbarrati mi hanno visto uscire sano e salvo dandomi una rassettata: non mi ero fatto assolutamente nulla, neppure un graffio! Le baracche in cui eravamo alloggiati erano costruite con tavole di legno e comprendevano tre o quattro stanzoni, in ogni stanzone erano collocati otto letti a castello, nel mezzo c'era una stufa in ghisa che poteva funzionare a legna o a carbone. Più i mesi passavano più i bombardamenti notturni si facevano pesanti, tanto da durare quasi tutta la notte. A questo punto i tedeschi hanno deciso di farci lavorare solo di giorno, per noi questo è stato un sollievo non indifferente! I primi di settembre i tedeschi, dopo averci radunati, ci hanno proposto di diventare "civili" come gli altri italiani che da anni lavoravano in Germania. Avremmo dovuto firmare una convenzione che era, in pratica, un contratto di lavoro. Su 1200 prigionieri italiani rimasti al campo, solo una trentina ha accettato. La paura di qualche brutto scherzo ci ha fatto diffidare di tanta magnanimità. Inoltre il fatto di non conoscere la lingua tedesca ci ha portato a pensare che potevano farci firmare quello che volevano. La verità era che la Germania, ormai con l'acqua alla gola, aveva bisogno di soldati e, probabilmente, quella proposta mirava ad utilizzare al fronte le truppe impegnate al controllo dei prigionieri. Infatti, una quindicina di giorni dopo, da una notizia apparsa sul giornale, abbiamo appreso che tutti i prigionieri I.M.I. (Internati Militari Italiani) erano diventati, senza dover apporre alcuna firma I.C.I. (Internati Civili Italiani). Le cose, a quel punto, sono cambiate in meglio se non altro perchè non si vedevano più circolare nel campo quelle burbere e, in certi casi, barbare sentinelle. Inoltre l’apertura del cancello del campo ci permetteva di muoverci liberamente, avevamo un solo obbligo, andare ogni giorno a lavorare a stomaco vuoto! Per quanto riguardava il mangiare, infatti, nulla era cambiato! Pur disponendo di qualche buono o marco nessuno riusciva a trovare nulla di commestibile da aggiungere alla solita, scarsissima razione, che ci fornivano le cucine del campo. A circa un chilometro, dall’altro lato della strada, c’era un piccolo paese, abitato da donne, bambini ed anziani, non c’erano, però, negozi, pertanto ci andavo molto di rado, le energie che mi erano rimaste erano troppo scarse per permettermi di andare a passeggiare. |