in fornace      -     Capitolo 1

NON POSSO DIMENTICARE

 

 

Mi chiamo Danilo Guerra e sono nato il 10 agosto del 1915.

Nel lontano 1928 le possibilità della mia famiglia non mi permisero di frequentare la scuola, così dovetti seguire il destino comune a gran parte dei giovani bujesi. Accompagnato da mio zio, partii per l’Austria per andare a lavorare nei pressi di Salisburgo dove avevo dei parenti, che da diversi anni erano diventati proprietari di una fornace. Avevo 12 anni e non avevo neppure il passaporto. Alla frontiera raccontarono che i miei genitori erano morti a causa della “spagnola”, così le guardie, mosse a compassione, mi lasciarono passare. Il passaporto lo feci a Salisburgo tre anni dopo, per poter ritornare dai miei genitori a Buja nei mesi invernali, quando la fornace era ferma.

Qualche anno dopo, mio zio prese in gestione come “capuçàt” una fornace nei pressi di Monaco ed io lo seguii in Germania. Anche se ero giovane, ben presto mi guadagnai la stima del proprietario della fornace, al punto che, da quando era venuto a sapere che i suoi figli spendaccioni vi facevano spesso visita, mi affidava le chiavi della cassaforte...

Quando Hitler salì al potere, lavoravo in quella fornace. In brevissimo tempo le cose cambiarono radicalmente e noi stranieri dovevamo stare attenti a quello che dicevamo, anzi era preferibile non parlare mai di politica e limitarsi a svolgere il proprio lavoro.

Con l’ascesa al potere del Dittatore, la Germania smise di pagare le penali di guerra, sta di fatto che da quel momento le ditte cominciarono a ricevere prestiti dalle banche ed improvvisamente ci fu una forte ripresa economica. Di colpo non vidi più il caos e la fame del dopoguerra, non vidi più lo spettacolo quotidiano di gente che cercava qualcosa da mangiare nelle immondizie.

Certo, spesso in ditta arrivavano persone che avevano il compito di controllare come i soldi prestati venivano spesi ed i controlli, per intenderci, non erano certo all’italiana...  non si scherzava!

A quel tempo, piaccia o non piaccia, per un tedesco Hitler era diventato l’uomo della Provvidenza. (NOTA1)

Non so che parte avessero gli ebrei nell’economia tedesca di allora, nè quanto fossero vere le accuse che venivano loro mosse riguardo al freno che imponevano allo sviluppo della Germania, certo Hitler fu abile nel fornire al suo popolo un capro espiatorio per le  disgrazie. Ad un certo punto incominciarono a saltare in aria i negozi degli ebrei, le loro imprese e le banche, tanto che nei pochi anni antecedenti allo scoppio della seconda guerra mondiale, oltre la metà di loro preferì emigrare.

Rientrai nel 1935, con la cartolina precetto per svolgere il servizio militare che per me durò 12 mesi anziché 18, in quanto primogenito. Terminato il periodo di ferma come Alpino, ero  di stanza a  Tricesimo, rientrai in Germania. Tutta la mia classe qualche anno più tardi venne richiamata per la guerra d’Etiopia, io invece, trovandomi in Germania, mi guardai bene per diversi anni dal rientrare: parecchi miei amici emigranti infatti, mi avevano informato che, appena giunti alla frontiera, venivano ritirati i passaporti e, dopo tre giorni, arrivava la cartolina  di precetto. Destino ha voluto che la  maggior parte di questi amici sia morta in guerra, chi in Grecia, chi in Albania, chi in Russia.

 

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