RITORNO A BUJA   -     Capitolo 2

NON POSSO DIMENTICARE

 

 

Dopo lo scoppio della guerra un amico mi consigliò di andare a lavorare con lui in un grande albergo con annessi bagni termali, abbandonai, così, l’ormai decennale lavoro nelle fornaci, per andare a fare il cameriere.

Nel luglio del 1943 mi sposai con  una bavarese di Augsburg, Magdaleine Smith,  testimone di nozze il mio amico e collega di lavoro Gallina Valentino della frazione di Sottocolle di Buja, che avevo fatto assumere all’albergo.  

Un anziano generale in pensione, che in quel periodo risiedeva nell’albergo dove lavoravo e che conoscevo,  un giorno mi chiese di portagli in camera gli attrezzi atti ad aprire una cassa contenente delle bottiglie di vino che gli erano state inviate dalla Francia.

Aperta la cassa mi disse: “Ma lei non è  mica tedesco?”.

No – gli risposi – sono italiano”.

“Ha sentito le notizie che giungono dall’Italia?” (eravamo circa a metà agosto ’43).

“Qualcosa ho sentito”, gli risposi.  

L’8 settembre del 1943, con la resa dell’Italia, cominciò improvvisamente a correre voce che tutti gli italiani sarebbero presto stati internati, così mi consigliò di partire.

Vedendo che le cose stavano precipitando feci immediatamente i bagagli e, con mia moglie, partii per l’Italia.

Da alcuni giorni ero arrivato a casa quando, alle cinque di mattina, un gruppo di tedeschi bussò alla porta di casa mia. Serviva loro urgentemente un interprete e così, il giorno stesso, mi trovai a svolgere quel lavoro presso la stazione di Gemona.

Era il periodo in cui viaggiavano molte tradotte di prigionieri, in gran parte soldati sbandati, che dopo essere stati arrestati venivano deportati in Germania.

I vagoni adibiti al trasporto erano tutti piombati e si sentivano dei lamenti uscire dai carri,  ma le guardie armate tedesche, di stanza alla stazione, vietavano a chiunque di  avvicinarsi.

Dopo due mesi e mezzo circa, fui trasferito a Risano (a sud di Udine) dove si era insediato un distaccamento della Todt e dove rimasi per oltre un anno.

A Risano, come interprete ed impiegata, venne assunta anche mia moglie Magdaleine, mentre io oltre che l’interprete facevo il centralinista telefonico, cosa che, a volte casualmente, mi metteva a conoscenza di operazioni di rastrellamento nelle nostre zone. Queste, nella quasi totalità dei casi, erano causate dall’uccisione da parte dei partigiani di qualche soldato tedesco o da fatti del genere; naturalmente quando arrivava la rappresaglia era la gente innocente del posto a subirne le conseguenze. Di fatti come questi noi, a Buja, ne sappiamo qualcosa...  Come dicevo, erano rare le volte in cui venivo a conoscenza di fatti del genere, in quanto c’era sempre qualche tedesco che controllava se stavamo ad ascoltare le telefonate dopo aver effettuato il collegamento.

 

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