.............  I TEDESCHI NON SCHERZANO   -    Capitolo 4

.............  I TEDESCHI NON SCHERZANO 

 

  Arrivano i cosacchi

 Quando arrivarono i cosacchi si sparse la voce che nel loro “accampamento” di Osoppo si potevano barattare prodotti agricoli con il sale, che allora era difficilissimo da trovare. Nonostante i frequenti bombardamenti ai quali il campo era sottoposto dall’aviazione alleata, mi recai ad Osoppo portando con me alcune borse di cetrioli, pomodori, peperoni e mi misi a girare fra i carriaggi ed i bellissimi bambini che giocavano spensierati.

Quando vidi avvicinarsi alcune donne, vestite nei loro abiti tradizionali, mostrai loro quello che avevo nelle borse, con un dito della mano toccavo la lingua cercando di far comprendere che volevo in cambio del sale. Quel giorno ne portai a casa una quantità sufficiente fino alla fine della guerra.

Il 22 febbraio del 1944, verso le sedici un bombardiere in fiamme precipitò al suolo, mio padre, presa la bicicletta, ci disse:

«Vado a vedere».

Arrivò a casa che faceva già buio. L’indomani mattina, disse a mio fratello di prendere il carretto e di seguirlo. Era stato uno dei primi ad arrivare a Mels dove l'aereo era caduto, aveva subito notato un motore elettrico finito in una buca, così lo aveva immediatamente ricoperto con degli arbusti. Quando l’indomani mio padre e mio fratello arrivarono sul posto, videro che i tedeschi avevano già fatta piazza pulita dei rottami e che dell'aereo precipitato non rimaneva più nulla, eccetto quel motore nascosto che caricarono sul carretto e portarono a casa. Per una settimana sentii battere nel solaio, fino a quando il motore non fu completamente smontato. Da quel rottame uscirono decine e decine di cuscinetti, merce allora rara e richiestissima, persino dopo la fine del conflitto.

A rendere così ingegnoso mio padre erano state le esperienze che aveva passato nel corso della sua vita.

Entrato sotto le armi nel 1912,  nel ‘17 era ancora in divisa e combatteva sul fronte di Caporetto. Il giorno prima della “disfatta” il Comandante della sua Compagnia, dopo aver radunato la truppa, disse:

«Se qualcuno vuole fare un corso di sciatore, parta immediatamente verso la stazione ferroviaria di Gorizia, il primo che arriva sul treno in partenza sarà accettato».

Stanco di rimanere in trincea, fu il primo a salire su quel treno che l'avrebbe portato in una caserma della Valle d’Aosta. Tempo dopo venne catturato dagli austriaci nella zona del Vaiont e rinchiuso in un campo di prigionia ungherese ai confini con la Russia.  Fuggì dal campo e percorse a piedi l'Ucraina; si fermava durante il tragitto presso le famiglie che incontrava, dove svolgeva lavori temporanei poi ripartiva, finchè arrivò sul Mar Nero nel pieno della “Rivoluzione russa”. Da lì si imbarcò su di un mercantile che, dopo varie peripezie, giunse in Sardegna all’isola della Maddalena. Erano sette mesi che la guerra era finita, a Buja lo avevano già dato per morto.

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