.............  I TEDESCHI NON SCHERZANO   -    Capitolo 5

.............  I TEDESCHI NON SCHERZANO 

 

 Mio fratello Armando 

Nel ’44, i partigiani di Avilla avevano preso l'abitudine di ritrovarsi alla sera nella nostra casa, anche perché da noi, fortunatamente, non mancava mai qualcosa da mangiare o da bere. Spesso erano armati e parlavano di azioni da effettuare a destra e a sinistra; mio padre capiva la situazione in cui molti di loro si trovavano, ma sapeva anche delle inutili “bravate” che spesso facevano.

Rischiavano la vita nel modo più assurdo, soprattutto mettevano a repentaglio quella degli altri, così non mancava mai di esortarli alla prudenza.

Ricordava loro sempre che, dopo otto anni passati sotto le armi, di cui tre di guerra, alla fine era stato ricompensato solo con una medaglia e qualche lira, che gli era servita per pagare il biglietto del treno che lo aveva portato a lavorare in Francia.

Cercava di farli riflettere, facendo loro notare che nonostante quello che facevano non avrebbero potuto cambiare l'esito finale del conflitto. Era indubbio, però, che i partigiani avessero le loro buone ragioni per avercela con il Fascismo che, negli ultimi anni, aveva fatto l'errore imperdonabile di portare il Paese in guerra con “le scarpe di cartone”.

Quei giovani avevano il sacrosanto diritto di non andare a combattere per un regime in cui non credevano, entrare a far parte delle formazioni partigiane era diventato perciò l’unico modo per evitare la deportazione.

Mio fratello Armando, classe  1926, aveva allora 18 anni, da tempo lavorava nella Tot al campo di Rivoli di Osoppo. Nel mese di luglio del ’44 era stato licenziato perché doveva rispondere alla chiamata di leva.

Sentiva, però, in modo prepotente il richiamo dei suoi amici più anziani.

Nonostante mio padre gli raccomandasse sempre di dire che, se avevano bisogno di lui a Buja, era pronto a dare una mano, preparò quanto necessario per andare con i partigiani in montagna all'insaputa di tutti.

Avevamo dei prati presso la centrale elettrica di Tomba ed il  giorno 13 settembre Armando venne ad aiutarci a raccogliere il fieno. Verso mezzogiorno nostro padre partì da casa con il nostro pranzo, quando arrivò in prossimità del fiume Ledra vide cinque tedeschi a terra, morti, mentre in lontananza alcuni uomini scappavano (*1). Giunto nel campo disse a mio fratello di allontanarsi perchè presto sarebbero arrivati i tedeschi. Subito dopo, il gestore della centrale che passava di lì, sentito l’accaduto gli disse:

«Vieni con me che ti nascondo nelle tubature». 

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