Capitolo 5  -  Kom  Kom !

INDICE  "EVIDENTEMENTE  QUELLO NON ERA IL MIO DESTINO"

 

Kom  Kom !

Nell'autunno del 1944 il Comando tedesco di Collosomano venne smantellato. Il Comandante, allora, mi propose di seguirli nel loro trasferimento a Dobbiaco, ma io, con qualche scusa, gli dissi che non potevo farlo e, per non correre rischi, gli ultimi giorni non andai al lavoro. Alcuni tedeschi vennero comunque inutilmente a cercarmi il giorno della partenza, poiché un camion non ne voleva sapere di partire. 

A Buja rimase solamente un piccolo presidio che si stabilì nella palazzina di Collosomano, in compenso, però, qualche giorno dopo arrivarono i cosacchi.

A Mels, dove abitavo, molto spesso i tedeschi si recavano dai contadini per acquistare uova o altri prodotti, altrettanto facevano i partigiani della "Garibaldi" che prelevavano quello che era loro necessario per sopravvivere in montagna.

Si temeva che potesse accadere quello che era successo a Buja, cioè che ci fossero degli scontri a fuoco fra le parti e che, a pagarne le conseguenze, fosse la gente del paese. Decidemmo così di formare un gruppo di “Garibaldini”, in modo da impedire la continua circolazione nel paese di uomini armati. Il nostro gruppo dipendeva allora da quello di Buja, il cui capo era “Gemme” (Amelio Piemonte), io fungevo da capo distaccamento, il mio nome di battaglia era “Sirio”.

Qualche mese più avanti, quando si formò la Brigata "Rosselli", venne nominato comandante “Monaco”, Ivo Bulfone,  reduce dalla guerra in Africa.

Un giorno mi stavo recando in bicicletta a Madonna di Buja, per portare degli avvisi ai partigiani, ero quasi arrivato a destinazione quando, improvvisamente, mi trovai davanti un posto di blocco. I tedeschi stavano effettuando un rastrellamento nella borgata. Con me portavo, oltre agli avvisi, una piccola pistola, appena li scorsi cercai di deviare per una strada laterale, ma i tedeschi cominciarono ad urlare:

«Kom Kom!» (vieni vieni).

Visto che disponevano di una mitragliatrice pesante, mi fermai. Fui arrestato e portato in un locale in piazza a Madonna, dove, a quel tempo, i ragazzi andavano scuola. Mi trovai, così, in mezzo a molta altra gente "fermata" dalle SS del Comando di Collerumiz. Quando incominciarono gli interrogatori, le persone che parevano loro sospette venivano rinchiuse in un'altra stanza, mentre gli altri venivano rilasciati. Prima che la stanza si svuotasse nascosi in un angolo la pistola ed incominciai a mangiare gli avvisi.

Quando giunse il mio turno cercai nel modo più disinvolto possibile, di mostrare loro i documenti, dai quali risultava che, fino a poco tempo prima, avevo lavorato alla loro dipendenze e che ora avevo fatto domanda di andare a lavorare a Camporosso, presso la “Gecamot” (officina militare tedesca) .

Non mi fecero ulteriori domande e mi rilasciarono, salii allora sulla mia bicicletta e partii per Mels a velocità sostenuta temendo che ci fosse qualche ripensamento.

Qualche tempo dopo fui operato di appendicite all'Ospedale di Udine. Ricordo ancora la fortuna che accompagnò me ed il signor Sacchetto, titolare della Filanda di Mels, che era venuto a prendermi con l’automobile, pochi giorni dopo essere stato operato.

Uscendo dall'Ospedale, infatti, fummo fermati e, per fortuna, subito rilasciati da una pattuglia tedesca ferma all’ingresso. Cinque minuti dopo, una bomba lanciata da un aereo alleato uccise diverse persone proprio in quel punto. Arrivato a casa, rimasi a letto per qualche giorno e, durante un rastrellamento, riuscii a cavarmela mostrando il taglio dell'operazione ancora fresco; diversi miei amici, che avevano, invece, cercato di scappare, vennero arrestati.

Molte volte, per nostra fortuna, venivamo avvertiti in anticipo di questi rastrellamenti, infatti a Buja potevamo contare su di una partigiana, “Belfiore“ Lea Candusso, che svolgeva un lavoro importantissimo di informazione. Lavorava in Municipio ed era ben introdotta, perciò riusciva a fornirci in anticipo le intenzioni dei tedeschi.

Rischiai parecchio anche quando, verso la metà del mese di aprile, fui fermato dai cosacchi in prossimità di Ursinins Grande. Avevo nascosta nell'auto, per uno dei frequenti spostamenti della base operativa, la radio trasmittente usata dal gruppo paracadutato dagli alleati pochi giorni prima, questo gruppo era composto da Gianandrea Gropplero, Dumas Poli e dalla Del Din. Sceso dall'auto pensai di offrire al cosacco una sigaretta facendogli cenno di accendere. Questi, dopo averlo fatto ed aver dato alcune boccate, senza aprire neppure il cofano, mi fece intendere che potevo proseguire.

 

 

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