Capitolo 6  -  L’olandese

INDICE  "EVIDENTEMENTE  QUELLO NON ERA IL MIO DESTINO"

 

L’olandese

Ricordo il passaggio per Mels di un piccolo gruppo di partigiani della “Garibaldi” che stavano trasferendosi in montagna. Era mezzogiorno, ora di pranzo e pensarono di fare tappa a casa mia per mangiare qualcosa.

Fra loro c’era uno straniero che chiamavano “l’olandese”, si esprimeva in un italiano stentato e ricordo che, parlando delle formazioni partigiane, ripeteva spesso:

«Troppi giovanni, troppi giovanni!»,  intendendo dire che le formazioni partigiane avevano nelle loro file dei giovani troppo inesperti a causa della loro età.

Tempo dopo, venimmo a sapere del suo tradimento o del suo doppio gioco, (questo comunque non è stato mai chiarito, come non è certa la sua morte per impiccagione ad opera dei tedeschi).

Per colpa sua, diversi partigiani furono arrestati, alcuni fortunatamente riuscirono a cavarsela, ma altri finirono in campo di concentramento e non ritornarono più a casa.

Ivo Bulfone, per puro caso, riuscì quella notte a scappare, al Comando tedesco uscendo da una finestra, con addosso una coperta. Io fortunatamente quella sera non ero a casa.

Quando, in seguito, ci trovavamo ed il discorso cadeva “sull’olandese”, alla fine commentavamo il tutto con un:

«Ehhhh  !!! Troppi giovanni !!  Troppi giovanni!!!!!!».

Un giorno si presentarono alla filanda alcuni partigiani buiesi; uno di loro, dopo avermi cercato, mi informò che era stato mandato lì con l'ordine di uccidere il titolare.

Sacchetto era uno squadrista, ma a quei tempi ci dava spesso una mano. Ricordo che, con l'aiuto del Podestà di Colloredo, aveva tolto di prigione diversi partigiani, inoltre mi lasciava usare l'auto per scopi che nulla avevano a che fare con il lavoro, facendo finta di non sapere. Ero certo, poi, che senza di lui la filanda non sarebbe sopravvissuta, togliendo così la possibilità di lavorare a tante persone.

Di disgrazie ce n’erano già abbastanza, così, alzando la voce, dissi:

«Tu qui non ammazzi nessuno, prima di fare una cosa del genere dobbiamo essere interpellati anche noi di Mels! ».

In quel momento Sacchetto stava passando per il cortile, il partigiano allora cercò di uscire per andargli incontro, riuscii a bloccarlo sulla porta e ad evitare un inutile e stupido spargimento di sangue.

Un fatto analogo mi capitò nei giorni successivi la fine della guerra; alcuni partigiani della “Garibaldi” che non conoscevo, arrivati all' ingresso della filanda chiesero del padrone. Sacchetto stava  in quel momento preparando i bagagli ed era in procinto di partire con l'auto, così dissi loro che il titolare non era in quel momento disponibile e se ne andarono. Da una finestra notai che in realtà non si erano allontanati molto, ma si erano piazzati in prossimità del cimitero, in attesa, forse, della vittima predestinata.

Scesi subito nel cortile, aprii il cofano dell’automobile e tolsi una spazzola dal rotore. Passato qualche tempo, vidi che Sacchetto, imprecando, stava dicendo ad un mio collega di lavoro, di dare un'occhiata al motore che non voleva saperne di mettersi in moto. Dopo un po’ mi accorsi che il gruppetto di partigiani se ne stava andando, così ritornai nel cortile e rimisi la spazzola al suo posto...........

Le condizioni del conte Gropplero “Freccia”, a causa delle gravi ferite riportate durante lo scontro in cui era stato liberato assieme ai suoi compagni, si erano aggravate e doveva essere trasportato ad Udine. Ivo di Mels, la Del Din  ed io andammo a prelevarlo nel nuovo nascondiglio di Laibacco e, dopo averlo caricato e nascosto alla meno peggio sull’auto, partimmo alla volta di Udine.

Stava facendo sera quando, giunti a Colloredo, ci imbattemmo in un gruppo di militari tedeschi che sbaraccavano un posto di blocco dove erano rimasti per tutta la giornata. A velocità molto bassa passammo loro accanto salutandoli con un cenno del capo senza venir fermati, subito dopo incrociammo diversi militari che andavano in libera uscita  per il paese, ma nessuno ci fermò.

Proseguimmo così, lentamente, fino a raggiungere il cimitero Monumentale di Udine, poi, per una laterale di Viale Venezia, giungemmo nella casa dove ci stavano aspettando. In un battibaleno “Freccia” fu portato all’interno, mentre Ivo ed io riprendemmo la strada per Mels senza fare brutti incontri.

Quando penso a cosa avrebbe potuto succedere se ci avessero fermati, mi vengono i brividi, allora, però nessuno si era posto il problema………..

 

 

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