CON COERENZA - Capitolo 22
Voi siete indegni.... Il giorno dopo arrivarono gli inglesi. Notammo subito, con dispiacere, che i rapporti corretti avuti sino allora con il gruppo dei partigiani della Osoppo, stavano rapidamente cambiando. Alcuni, infatti, cercarono di togliere la croce che avevamo messo nel luogo dove era caduto l’alpino di Moggio. Specogna fece radunare tutti i sottufficiali della nostra formazione e, dopo averci fatto disarmare, disse: «Non siete degni di portare la coccarda tricolore che avete sul cappello», così ci tolsero quello che ci avevano precedentemente fatto mettere, ....... il nostro aiuto non era più necessario. Con dei camion ci trasportarono al Distretto di Udine dove ci rilasciarono un documento che diceva pressappoco così: “Il Sottufficiale Papinutto Luciano, sergente dell'R.S.I., si è presentato in suddetto Distretto ed è stato inviato a casa, a disposizione”. Non ci pareva vero di essercela cavata con così poco! Quella sera passammo la notte ad Udine presso la famiglia del sottotenente Rea, l’indomani, Vignuda, Angelo Forte, io ed altri prendemmo la strada di casa. Arrivati in via Vittorio Veneto, però, incrociammo un certo M........ Alcuni miei amici che erano del suo paese, lo conoscevano molto bene poichè, dopo la nascita dell’RSI era andato in Germania per formare la Divisione Littorio, utilizzando dei deportati italiani. Rientrato in Italia era andato ad ingrossare le file dei partigiani ed ora ce lo trovavamo davanti nelle vesti di Commissario Politico. Si mise di fronte a noi e, con aria spavalda, ci intimò: «Dove andate?» «A casa» rispondemmo. Volle vedere i nostri documenti, poi disse: «Ah .. Bene bene.....Andate pure!». Proseguimmo fino in Piazzale Osoppo, prendemmo il tram ed arrivammo a San Daniele. Avevamo fatto pochi passi, quando un gruppo di otto persone con i mitra spianati e con in testa M.......i, intimò l’alt ai nostri amici della città collinare dicendo: «Vi dichiariamo in arresto perchè Volontari della Repubblica Sociale Italiana e per aver partecipato a dei rastrellamenti». Ci accorgemmo solo allora che due persone ci avevano seguiti durante tutto il percorso. M......i e gli altri si erano completamente disinteressati a noi di Buja, io guardai Angelo e gli dissi: «Andiamo a vedere che cosa succede, in fondo siamo anche noi della stessa razza ....» così, per senso di solidarietà verso i nostri amici, fummo subito aggregati al gruppo degli arrestati. Ironicamente ci fu chiesto: «Volete essere tradotti alle carceri passando dalla via principale o passando dalle strade laterali?» Angelo Vignuda rispose prontamente: «Noi non abbiamo fatto niente di cui vergognarci e non ci siamo macchiati di alcuna infamia, perciò passeremo dalla strada principale». Così, scortati, percorremmo la salita di San Daniele fino in Piazza Municipio, fummo quindi tradotti alle carceri del Comune, dove trovammo altre persone che conoscevamo. Passato qualche giorno il capo delle carceri, venne ad avvertirci che era venuto a farci visita padre Generoso, cappellano del mio battaglione in Grecia, lo avevo anche incontrato a Buja dopo l’8 settembre ‘43. Si presentò dicendo: «Come va ragazzi ?» «Come vuole che vada padre, abbiamo avuto il torto di schierarci dalla parte sbagliata, visto che la Repubblica Sociale ha perso ..... e ora ne paghiamo le conseguenze!». Dopo alcuni convenevoli si congedò dicendo: «Vedrò se posso fare qualcosa». Poco dopo, il capo delle carceri mi disse che uscendo gli aveva detto: «A quelli fa bene un po' di galera...». Dopo quattro giorni ci portarono nelle scuole, vicino al campo di calcio, ci fecero salire su dei camion e, guardiati da uomini armati, prendemmo la strada che porta a Rodeano. Giunti in prossimità del ponte sul fiume Ledra, uno degli uomini che ci scortavano disse rivolgendosi agli altri: «Bisognerebbe fare come in Russia TA TA TA TA TA TA .... e poi buttarli in acqua». |