CON COERENZA - Capitolo 3
Attacco alla Grecia Il mattino del 28 ottobre, dopo aver dormito pochissimo, cominciò l'avanzata in territorio greco. Scesi a fondovalle proseguimmo fino a sera, quando, giunti in un boschetto, ci fermammo. Ricordo che ci furono assegnati dei turni di guardia di appena mezz'ora, ma tanta era la stanchezza che avevamo paura di addormentarci in piedi. L'indomani avanzammo piuttosto facilmente, alla prima resistenza, però, il capitano Magnani, comandante della Compagnia Arditi, venne ferito. Con lui, poco prima, avevo avuto uno screzio. Quando fu dato l'ordine di andare in avanscoperta, noi ci mettemmo al riparo, Magnani passandoci accanto, ci apostrofò con un: «Fifoni....» «Non è questione di fifa o di coraggio, ma solo di buonsenso !». Quindi ripartimmo. Negli zaini portavamo viveri per quattro giorni, ma per ben quattordici non ricevemmo alcun rifornimento. Dal 28 ottobre all' 11 novembre, rimanemmo senza niente, se si escludono rari lanci aerei di "energon" per i muli e di un pò di pane per noi. Ricordo molto bene uno di questi “lanci”, perchè un pacco colpì in pieno un alpino che ci “rimase secco”. Negli ultimi giorni, i morsi della fame cominciavano a farsi sentire e noi non riuscivamo a capire il perchè della mancanza di viveri, dal momento che ci trovavamo a pochi minuti di volo dalle nostre basi poste in Albania. Il primo giorno di novembre fummo svegliati dai colpi dell'artiglieria greca. Avanzammo tutto il giorno, i combattimenti erano frequenti, ricordo che ad un certo punto ci trovammo molto vicini ai greci, che aprirono il fuoco. In meno di un minuto riuscii a mettere in funzione il mortaio ed incominciai a bombardare le postazioni nemiche, il comandante ebbe allora la prontezza di portare gli uomini all'attacco, i greci presero paura e, alla fine, la spuntammo. In quella scaramuccia caddero quattro o cinque uomini, tra cui un alpino di Buja: Giacomino Cragnolini. In quei giorni potei assistere anche ad un combattimento fra due vecchi aerei greci, che ci avevano ripetutamente mitragliati, e due italiani che riuscirono ad abbatterli senza molte difficoltà. Fino al 10 novembre ci furono continui attacchi e scaramucce, poi i greci per tre giorni ci lasciarono avanzare, al quarto occuparono "cippo 7", eravamo accerchiati. Per tenermi sempre informato usavo un semplice stratagemma, quando vedevo un ufficiale di grado superiore mi precipitavo dicendo: «Mi manda il mio ufficiale di Compagnia a vedere se ci sono ordini!», così entravo in confidenza quanto bastava per avere il senso di quale fosse la nostra condizione. Naturalmente, in diversi mi mandavano a quel paese. Capivo che lo facevano non per la domanda in sè, ma perchè loro stessi erano senza ordini.... Un giorno incontrai il tenente Ebene, ripetei la solita domanda e lui mi rispose: «Silenzio, ...... stiamo tentando una via di uscita», infatti quel giorno scendemmo a fondovalle seguendo un canalone. Ad un certo punto vidi due soldati greci, non molto distanti da noi, ci avevano visti, allora mi precipitai dal tenente Ebene e glielo riferii. Lui rispose: «Lasciateli in pace finchè non ci toccano». L’intuizione si dimostrò esatta, non intervennero, noi proseguimmo. Più avanti incontrammo le avanguardie del 9º Alpini, eravamo finalmente fuori dalla sacca.
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