CON COERENZA - Capitolo 4
Ripiegamento Usciti dall'accerchiamento arrivammo a Konitza. Nel cortile di una casa trovammo una valigia piena di gallette, la fame era tanta, così ci sedemmo nel fango e mangiammo a più non posso. L'acqua che ingurgitammo poi, fece il resto, alla fine avevamo tutti lo stomaco gonfio, ricordo di aver attraversato il ponte di Perati con almeno 41º di febbre. Raggiunto Premeti, ci attendammo nelle retrovie, convinti di essere ormai fuori da ogni pericolo, ma passato qualche giorno, il 14 novembre, dei camion ci riportarono precipitosamente di nuovo al fronte. I greci avanzavano, si combatteva ormai in territorio albanese e fino al 27 gennaio continuammo a ritiraci. Da una montagna si arretrava su quella vicina, si scavavano delle trincee, si resisteva per tre, quattro giorni, poi si arretrava ancora e così via. Avevamo sempre la speranza che ci mandassero dei rinforzi dall’Italia, ma più il tempo passava più questa si affievoliva. Rimanemmo attestati nella conca di Frasheri, nodo viario di grande importanza, per alcuni giorni. Ricordo che allora i Superiori mi proposero per una “Croce di guerra”: ancor oggi non capisco il motivo, non mi pare, infatti, di aver fatto nulla di particolarmente eroico ! La settimana di Natale, a Zabresan Alto, rischiammo di nuovo di rimanere accerchiati, Tinivella, il Comandante del Battaglione Val Tagliamento, fu costretto a ritirarsi. La neve era alta, nonostante ciò riuscimmo in tempo a ripiegare, ma la posizione dove ci attestammo era troppo esposta, ogni cannonata che la raggiungeva, faceva qualche morto. Ricordo diversi caduti, fra cui il nostro Tenente ed un alpino di Dogna, un certo Cappellari. Nel corso di queste azioni fu ferito anche il colonnello Dall’Armi, comandante del nostro battaglione e morì il sottotenente Scoccimarro. A Zabresan Alto arrivarono il tenente conte Artico di Prampero ed il tenente Adelchi Calligaro “de Ciane” di Avilla di Buja. Fu durante una di queste sere che ebbi la malaugurata idea di togliermi gli scarponi che ormai portavo ininterrottamente da giorni e giorni; i piedi mi si gonfiarono e quando alle cinque del mattino i greci attaccarono, impiegai non poco tempo a rimetterli ! Ci venne finalmente mandato come rinforzo un reparto di fanteria Lupi di Toscana; questi erano partiti dalle loro calde caserme in Italia e, dopo il lungo viaggio, per raggiungerci furono costretti a due giorni di marce forzate fra pioggia e neve. Quando arrivarono alle nostre postazioni, con il fango e la neve fino quasi alle ginocchia, dovettero per forza dormire all’addiaccio: avevano il morale sotto i piedi, prima ancora di incominciare a combattere. Spesso mi chiedo, ricordando quelle giornate, come facevamo a resistere. Di nuovo giunse l’ordine di ritirata, dopo una lunga marcia ci attendammo a Berat, le nostre tende sguazzavano in una melma di fango. Nessuno di noi inoltre, riusciva a capire perchè, nonostante ci trovassimo nelle retrovie del nostro territorio, continuassimo a ricevere sempre un solo pasto al giorno. Dopo una settimana alcuni camion ci trasportarono in località Mavrovo, ci accampammo in una boscaglia, il silenzio della sera era rotto da continui colpi di tosse provenienti dalle tende, più che un accampamento militare, sembrava di essere in un sanatorio. Fu in questo accampamento che feci conoscenza con Giuseppe Bottai, Ministro della Educazione nazionale, diventato comandante del Battaglione Vicenza a seguito della mobilitazione voluta dal Duce di tutti i Gerarchi Fascisti del Governo, Gran Consiglio, Camera e Parlamento. |