AL FRONTE NON CI TORNO - Capitolo 1
Imbarco per la Era il 6 gennaio del 1940 quando mi presentai al Distretto militare di Udine per rispondere alla chiamata alle armi. Dopo un periodo di addestramento fui spedito in Grecia, occupata dalle truppe dell’Asse, dove avrei dovuto svolgere lavoro di complemento. Prima di imbarcarmi (26-8-41), sostai a Brindisi per ben venti giorni. Arrivato a Patrasso, proseguii per Corinto (30-8-42); la navigazione si svolgeva di notte per maggior sicurezza, alla fine raggiunsi la città di Nauplia dove ero destinato. Durante i mesi in cui rimasi in Grecia non successero fatti militari di particolare rilievo. Ricordo che una sera fummo allertati. Raggiungemmo subito le nostre postazioni poiché alcune navi inglesi si erano avvicinate alle coste greche, ma non sparammo neppure un colpo. Quello della Grecia è stato per me un periodo molto bello, quasi una vacanza, passata in luoghi stupendi, in un ambiente marittimo di rara bellezza. L'unico problema era il vitto, mangiavamo quasi solo carne e brodo, poichè gli approvvigionamenti giungevano con il contagocce. Molto, ma molto peggio, se la passavano i greci, che pativano letteralmente la fame. La gente del posto in genere era buona con noi, non saprei, però, se era così solo per paura......... Certo non potevano amarci, in fondo eravamo andati ad occupare il loro paese e, per farlo, avevamo ucciso i loro figli. Non avevamo grossi impegni, dovevamo solo periodicamente montare di guardia in quella specie di forte, dove la mia compagnia era appostata. Eravamo da poco arrivati a destinazione, quando ci portarono in un accampamento vicino al mare, raggiungibile attraverso una mulattiera. Arrivati sul posto ci fu ordinato di piantare le tende, ma i "vecchi" non vollero lasciarci dormire la prima notte al coperto, così, rimanemmo all'addiaccio beccandoci, oltretutto, una quantità enorme di gavettoni. La nostra giovane età a volte ci faceva fare cose che adesso mi sembrano terribili sciocchezze. Ad esempio, spesso andavamo a rubare mandarini nei campi, senza pensare che la gente del posto con quei mandarini viveva! Un giorno, mentre stavamo giocando a domino, un "vecchio" alpino (Franco Peres di Fagagna) incominciò a farci dei dispetti, ad un certo punto mi diede uno schiaffetto in testa. Io, come risposta, gli allungai un pugno. Sfortuna volle che al dito della mano portassi un grosso anello d’oro che provocò non poche escoriazioni alla faccia del malcapitato. Passai, così, dieci giorni di galera e quando uscii, come ulteriore punizione, fui destinato a fare il conducente ............... di muli! I muli erano rinchiusi in un grande recinto posto in fondo al paese, i militari addetti erano quasi tutti piemontesi del Battaglione “Mondovì”. Mi fu affidato un mulo molto tranquillo, che però aveva una particolarità: la "castrazione" non era stata fatta a regola d'arte, di conseguenza non poteva essere tenuto legato assieme agli altri. Un giorno c'era una mula "in calore" e qualcuno, per divertirsi un pò, lanciò l’idea di slegare il mio mulo. Stavamo assistendo allo spettacolo in mezzo al cortile fra risate e battute quando, alla chetichella, giunse il Tenente, il quale diede al sottoscritto e all’altro conducente dieci giorni di galera. (CADUTI BUJESI IN ALBANIA). Gli amici bujesi vennero mandati ad altre destinazioni, mentre io rimasi a Nauplia. Ricordo che Celso Gallina era stato dislocato a Kalamata dove svolgeva controllo radio aereo, con l’obiettivo di intercettare le comunicazioni nemiche. Rimanemmo in Grecia fino all’8 aprile ’42. Il rimpatrio doveva svolgersi via mare. Assieme a Mario Vezzio, un mio amico di Collosomano (frazione di Buja), avevo effettuato alcuni viaggi al porto di Patrasso per trasportare materiali da riportare in Patria, proprio nella settimana in cui il “Galilea” venne affondato. Questo fatto cambiò i piani di rientro: materiali e truppe furono caricati sui treni, il viaggio durò circa dieci giorni, poichè dovevamo costantemente dare la precedenza ai convogli militari, quasi sempre tedeschi. Le linee ferroviarie nella Jugoslavia occupata erano comunque ben protette, nonostante l’alta presenza partigiana. Ricordo che durante il viaggio, poco prima di Skopie, il treno si fermò nelle vicinanze di un fiume sulle cui sponde si stavano abbeverando delle cicogne. Visto che eravamo tutti senza piuma sul cappello iniziammo una sparatoria che richiamò i graduati, i quali ci fecero smettere immediatamente. Uno degli uccelli, ferito, si alzò in volo andando a cadere sulla riva opposta. I nostri cappelli rimasero senza piuma! Non contenti, alcuni di noi pensarono di sparare sui grossi nidi, che facevano bella mostra sui camini di ogni casa. Arrivati in stazione a Udine Pietro Ursella, io ed un altro collega di Colloredo, anziché andare immediatamente a presentarci in caserma, partimmo verso casa. Si accorsero subito della nostra assenza e, quando qualche giorno dopo ci presentammo, fummo portati direttamente in galera. Poco dopo partì in licenza l'aiutante del maggiore Ilari, che noi avevamo soprannominato “Nape”, per il suo grande naso. Venni così chiamato dal Comandante, che, dopo avermi fatto attendere un pò sull’attenti, mi disse: «D'ora in poi tu sarai il mio attendente». Io provai a protestare facendogli capire che avrebbe fatto un cattivo affare. «Non so badare neppure a me stesso...... cosa vuole che faccia per lei». Ma lui, deciso, mi ripetè: «Non ti darò degli ordini gravosi, comunque sarai il mio nuovo attendente». L’amico Ursella, pochi giorni dopo, incontrandomi mi disse: «Guarda che con domani vado in licenza per un mese». Allora mi prese una gran rabbia perchè io chissà quando avrei potuto andarci! Ero così arrabbiato che andai subito a parlare con il Maggiore, facendogli presente che anch’io avrei voluto subito usufruire del mese di licenza come spettava a tutti quelli che erano rientrati dalla Grecia. Il Maggiore, visto quanto ero dispiaciuto, mi disse: «Guarda, se vuoi andare in licenza, devi fare una cosa molto semplice: cercare un alpino che ti sostituisca e passargli le consegne, poi puoi andare ». Incominciai così a cercare un volontario, ma vista la cattiva fama che aveva il Maggiore ricevevo sempre dei netti rifiuti, anche se facevo il possibile per indorare la pillola. La faccenda andò avanti senza esito per parecchi giorni, finché, per fortuna, incontrai un giovane non troppo sveglio che inizialmente rifiutò, poi gli dissi: «Guarda che quanto dicono sul Maggiore non è vero, è una pasta d’uomo ed un bravo padre famiglia, è stato lui a dirmi di trovare un giovane in gamba in grado di sostituirmi nel periodo in cui vado in licenza». Fui così convincente che alla fine accettò. Lo portai dal Maggiore e gli dissi: «Maggiore, ecco il mio sostituto» «Come ti chiami? » chiese subito il Maggiore. Lui rispose senza fare neppure un errore e tutto filò liscio………. .
|