Poiché ero sicuro di non aver fatto nulla, decisi di fare quello che la coscienza mi imponeva: nonostante ciò mi fosse stato vivamente sconsigliato, mi consegnai ai tedeschi perchè liberassero i miei familiari.
Mi recai a piedi fino in Collosomano, sede del Comando tedesco, spiegai alle sentinelle chi ero e mi rinchiusero in una stanza. Dopo un po’ di tempo entrò il Comandante seguito dall’interprete, un bujese (di cognome Felice), che parlava la bellezza di cinque lingue. Questi mi spiegò i sospetti che avevano i tedeschi sul mio conto, avvalorati ai loro occhi dalla fuga precipitosa della sera prima.