LA MIA GUERRA (Capitolo 9)
Aspettando gli americani Ai primi di aprile del ‘45 cominciammo a sentir tuonare il cannone, «sono gli americani, gli americani» dicevamo tutti contenti. L’obiettivo degli americani era in realtà il fiume Elba, ma finirono per fermarsi a sessanta chilometri da noi, al limite delle regioni Baviera e Sassonia, lasciando ai russi l’avanzata da oriente. Nel pomeriggio dell’8 maggio, essendo ormai certo l’arrivo dei russi, decidemmo di andarcene. Cinque di noi si erano già dileguati, rimanevano con me due comaschi, uno di Pordenone ed un abruzzese. Ci recammo a salutare il padrone col sottofondo dei Katiuscia e questi ci disse: «Andate e buona fortuna. E se non vi dovesse andare bene, tornate qui: questa è casa vostra». Prendemmo la strada delle colline, chiamate montagne dell’Artz, lungo il cammino cominciammo ad incontrare colonne di contadini profughi che si dirigevano verso occidente. Dalla cima dei colli guardavamo, nella conca sottostante, la colonna di povera gente che fuggiva con le sue masserizie. Ad un tratto vedemmo arrivare i carri armati russi e di quella povere anime, che non avevano dove scappare, rimasero soltanto i resti di un massacro. Noi continuammo ai margini di una foresta, ma trovammo la strada chiusa e minata dai tedeschi in ritirata. Perfino tra gli alberi era stata messa la dinamite. Un cartello avvisava: “Actung minen”. Ci fermammo accanto ad esso nel sentire una voce che ci dava, in tedesco, l’”altolà”. «Chi siete?», domandarono. «Italiani», rispondemmo. Fu così che facemmo conoscenza con i soldati della Wermakt che avevano minato il bosco. Li informammo che era nostra intenzione raggiungere gli americani, che si trovavano ormai a trenta chilometri, in località Annaberg. «Anche noi ci dirigiamo da quella parte, seguiteci» dissero. Così, ci mettemmo in cammino. All’imbrunire dividemmo con loro i viveri che ci aveva dato il padrone prima di partire. Il rispetto delle leggi di guerra che c’era fra tedeschi ed alleati, non esisteva nei riguardi dei russi, di cui i tedeschi avevano ora, il terrore di essere fatti prigionieri. Probabilmente sapevano quale sarebbe stata la loro sorte, qualora i russi avessero usato nei loro riguardi la legge del taglione......... La paura nei russi era comunque una costante anche per i polacchi, che lavoravano da noi, infatti li avevano provati durante l’occupazione della Polonia qualche anno prima. |