La vertenza Avilla-Sottocolle

Capitolo 8

 

Indice Capitolo seguente Capitolo precedente Foto Schede

 

 

Considerazioni finali

 

Tutta la vicenda di Sottocolle, dall’inizio alla fine, è figlia del suo tempo. Oggi, per noi, quegli accadimenti, quelle fortissime polemiche, quei comportamenti faziosi ed aspri motivati da cause quasi assurde, sono incomprensibili. Nessuno oggi, nè prete nè laico, sprecherebbe cinque minuti di tempo o cinque parole  per inimicarsi un confratello o un conoscente per simili cose. Allora le cose stavano diversamente.

La società rurale del tempo era più semplice e compatta. Non esistevano comportamenti privati. Il singolo come tale era visto con sospetto, la famiglia contava  in quanto inserita in un contesto solidale più vasto e questo contesto coinvolgeva ogni aspetto della vita professionale, culturale, mondana o religiosa che fosse. Le parentele erano  importanti perché  significavano prima di tutto sicurezza e solidarietà. Gli stessi sacerdoti, specialmente nelle realtà piccole, erano spesso succubi di questi meccanismi. Quando, all’interno di una comunità parrocchiale, le persone aventi ruoli gestionali e di servizio appartenevano ad una o più famiglie influenti, poteva verificarsi la costituzione di un clan dominante, dotato di un concreto potere di condizionamento e controllo su tutta l’attività parrocchiale.

Lo stesso sacerdote presente sul posto faceva fatica ad ignorarne la presenza quando non ne diveniva involontario strumento. Naturalmente, se in una piccola ma consolidata ed omogenea comunità questo stato di cose poteva dare luogo ad invidie, rivalità  e gelosie, figurasi cosa poteva accadere quando la dialettica, le iniziative e le prevaricazioni di alcuni o di un gruppo erano  finalizzate alla secessione dalla Pieve madre, coinvolgendo in questa lotta una borgata “di confine”, per sua natura non omogenea nella condivisione della causa. Quando poi, come allora, l’appartenenza giurisdizionale ad una chiesa parrocchiale anziché ad un’altra era un vincolo impositivo di tutta una rigida serie di obblighi per le persone interessate, emerge chiaramente in tutta la sua complessità quanto fossero delicati e spinosi i  problemi derivanti da una simile scissione.

Se poi aggiungiamo a tutto questo il diffuso e forte sentimento di devoto attaccamento dei fedeli alla chiesa dei propri padri, il discorso si fa ancora più complesso e difficile. A Sottocolle si è verificato tutto ciò con una strana caratteristica in più: per Avilla era generalmente schierata la componente anziana delle famiglie, mentre nelle famiglie avverse, favorevoli per S. Stefano, era più attiva la componente giovanile. Indubbiamente le parti in causa avevano tutte una parte di ragione nel difendere le rispettive posizioni. Se era vero che da sempre le famiglie di Sottocolle frequentavano abitudinariamente la chiesa di Avilla e contribuivano liberamente al sostentamento del sacerdote ad essa dedicato (in origine erano pochissimi i nuclei familiari che frequentavano esclusivamente la chiesa di S. Stefano), era altrettanto vero che questa frequentazione era libera da ogni imposizione. Ciascuno, quando e quanto desiderava per  le sue pratiche religiose, si recava a S. Stefano, in Monte o a S. Floreano. La comune appartenenza alla stessa Pieve consentiva tutto questo senza complicazioni di alcun genere.

Quando però le legittime aspirazioni di indipendenza di Avilla significarono costrizione per tutte le famiglie di Sottocolle a scindere ogni rapporto personale e sacramentale con la Pieve madre, senza alcuna possibilità di scelta, per alcune di queste famiglie ciò si trasformava in un sopruso insopportabile ed inaccettabile per la propria coscienza. I molteplici tentativi di conciliazione e di compromesso pensati e messi in atto  dalle stesse autorità religiose diocesane vennero sistematicamente vanificati  dalla ostinazione e dal radicalismo presente nelle famiglie dominanti di entrambi gli schieramenti. I dispetti, gli sberleffi, le dicerie generati ad arte, le polemiche e le ritorsioni montate sul poco, quando non erano sul nulla, mantenevano costantemente alta la tensione tra le famiglie in causa e trasformavano comportamenti polemici in irreversibili questioni di principio. Infine tutti i sacerdoti coinvolti nella disputa, anziché placare gli animi, si lasciavano a loro volta coinvolgere e influenzare dai così detti “caporioni” e finivano per utilizzare il prestigio e l’autorevolezza derivanti dalla veste che indossavano per suggerire iniziative e/o comportamenti faziosi.

Non mancavano le provocazioni: la festa della Madonna della Salute, istituita a   S. Floreano  in concomitanza a quella di Avilla,  non era forse una provocazione bella e buona? Lo sconfinamento delle rogazioni in territorio della Pieve non aveva forse il significato di una sfida? Estromettere dalla chiesa di Avilla i ragazzi di Sottocolle appartenenti alla famiglie dissidenti, iscrivere all’Azione cattolica di S. Stefano di persone di Sottocolle e della stessa Avilla e cooptare nel Consiglio parrocchiale di S. Stefano di personaggi di punta di Sottocolle certamente non erano operazioni tendenti alla pacificazione degli animi ed al quieto vivere delle famiglie. I funerali senza sacerdote, i matrimoni civili o celebrati “extra moenia”, come pure i battesimi amministrati fuori paese, prima di significare atto di ribellione nei confronti dell’autorità costituita, volevano  dimostrare la tenace e caparbia volontà di non darla vinta alla “cricca” avversaria che, a torto o a ragione, veniva additata come causa di tutti i mali e fomentatrice di tutte le discordie. La situazione cominciò a rasserenarsi quando la Curia diocesana si rese conto che più modificava i propri provvedimenti, più aumentava il pasticcio normativo, fonte di malintesi e conflittualità e, quindi, prese le prime serie misure.

 L’indipendenza di Avilla era indiscutibile, il territorio di Sottocolle era razionalmente logico che appartenesse alla nuova realtà  e così fu. Una decisione saggia successiva fu quella di proibire ai sacerdoti  ogni pubblica o privata ingerenza o intromissione nella vertenza e di vietare ogni discussione al riguardo. Ai sacerdoti responsabili delle rispettive parrocchie fu chiesto di collaborare per la pacificazione  e non creare alibi per nuove frizioni  o dissidi. Le posizioni più radicali e dissenzienti si  sarebbero stemperate  un po’ per volta e, solo a quel punto, potevano essere adottati gli accomodamenti del caso. Cosa che avvenne nel 1941 con la possibilità di opzione, a pari dignità, offerta a tutte le famiglie di Sottocolle. 

Fu la scoperta dell’acqua calda. Ma non possiamo dimenticare che da un anno il paese era in guerra  e tutte le questioni di principio, tutte le impuntature lasciarono il posto a ben più seri scenari. Nella primavera del 1941 i giovanotti, che qualche anno prima si prestavano a cantare i salmi nei funerali al posto del sacerdote, erano in grigioverde mentre i loro padri capivano che tutti i sacerdoti erano idonei ad invocare la Provvidenza per il loro ritorno, indipendentemente della chiesa ove celebrassero i sacri riti.

 

 
Indice Capitolo seguente Capitolo precedente Foto Schede