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L'intervento del Consigliere ALDO BARACCHINI (Gruppo MF)
Egidio Tessaro - Santo Stefano, 7 maggio, ore 5,50.
Le opere realizzate dall'uomo, attraverso generazioni, secoli, con sacrifici, privazioni e con tanta fatica, nello spazio di 59 secondi, si sono dissolte in rovina. Dice uno scrittore: "L'uomo non conosce neppure la sua ora, simile ai pesci che sono presi dalla rete fatale, e agli uccelli presi al laccio, l'uomo è sorpreso dalla sventura che improvvisa si abbatte su di lui". Ed è impotente, aggiungiamo, contro le forze della natura e anche contro gli effetti impalpabili, ma catastrofici, causati da errori umani, come purtroppo stiamo vivendo in questi giorni. Sono passati dieci anni dalla terribile catastrofe, che ci ha trovati impreparati psicologicamente ed ha messo a dura prova la popolazione e gli stessi amministratori. Mentre il nostro pensiero è rivolto alle vittime della tragedia ed a quanti hanno sofferto perchè colpiti nei loto affetti più cari, ed anche alle persone più indifese, ricordiamo brevemente le tappe drammatiche che abbiamo vissuto: dalla paura, all'emergenza, all'esodo, al ritorno, alla ricostruzione. E qui è opportuno fare qualche considerazione sulla solidarietà, non solo nazionale, e sull'apporto del volontariato nei momenti durissimi dell'emergenza e poi in quelli impegnativi della rinascita. L'occasione del terremoto del Friuli è stata un duro banco di prova per l'esercito, per l ' ANA, per la Caritas e per tutte le associazioni di volontariato, che sono riuscite a calarsi nella realtà sociale ed economica dell'area colpita, concordando insieme alla popolazione gli interventi da porre in atto. E' stata la prima esperienza di una grande calamità che, come ha riconosciuto l'onorevole Zamberletti, ha mobilitato e utilizzato le energie disponibili nella comunità, rendendo i cittadini soggetti attivi e non semplici fruitori passivi dell'opera di soccorso. il popolo friulano ha vissuto da protagonista attivo questa tragica fase del la sua travagliata storia. Se da un lato, passata la prima emergenza, è stata soddisfatta l’esigenza di uscire in fretta dalle tende, per passare alle baracche e da queste alle case riparate o ricostruite, d'altro canto, oggi, a dieci anni dal terremoto, noi riconosciamo che se certe scelte, fossero state più meditate e avessero coinvolto maggiormente la popolazione, forse potremmo avere un altro risultato. La ricostruzione è quasi finita e i friulani hanno il merito e il riconoscimento di aver raggiunto lo scopo, soprattutto grazie alla loro tenacia, alla loro intraprendenza e alla loro ferma volontà, confortata dalla tradizione storica, di possedere una casa propria. Non possiamo certo dimenticare l'indispensabile apportò derivato dagli aiuti internazionali e dalle leggi della solidarietà nazionale, senza del quale la ricostruzione non sarebbe giunta quasi alla fine, ma non dobbiamo dimenticare neppure che, per raggiungere lo scopo, la nostra gente ha dato fondo a tutti i suoi risparmi, frutto delle fatiche anche di lavoro all'estero. Si è, però, speso più del previsto, non solo a causa dell'inflazione, che ha purtroppo caratterizzato negativamente la vita economica italiana in questo ultimo decennio, ma anche perchè è mancata a livello regionale una qualsiasi volontà politica di calmierare i costi dell'edilizia. ln merito ai contributi erogati dallo Stato, è doveroso fare un'altra considerazione : lo Stato ha il bilancio algebrico del dare e dell'avere fortemente in attivo, perchè le imposte versate dai friulani in tutti questi anni, superano di gran lunga quel tanto che ci è stato dato. Probabilmente, se la nostra Regione fosse veramente una Regione Autonoma, molti dei nostri soldi sarebbero rimasti in Friuli, permettendo la rinascita e lo sviluppo dell'economia friulana. Lo Stato ha fatto i suoi investimenti sul nostro Friuli ed ha avuto i suoi corrispettivi. Noi ci siamo trovati con una economi a artificiale, sia pure per un momento necessaria, che, se ci ha risolto un problema, oggi è un' economia con poche possibilità di sviluppo. L'assistenzialismo economico, determinato dall'evento per i settori produttivi ha falsato le reali capacità imprenditoriali delle piccole e medie attività produttive. L'imprenditoria improvvisata, sorretta talvolta anche dalla spregiudicatezza delle istituzioni pubbliche ed economiche, manifesta tutt'oggi drammaticamente i suoi limiti, trasformando in illusione il posto di lavoro. Gli emigranti che sono rientrati dovranno rifare le valigie per necessità, riprendendo non più l'antica strada des Gjarmanies, ma quella di oltre oceano ? Non a caso il Movimento Friuli si è fatto promotore di una petizione popolare per la difesa almeno dei posti di lavoro pubblici nella nostra regione chiedendo la loro assegnazione ai residenti da almeno cinque anni. Si sono ricostruite le case, ma non il paese, non ancora il tessuto sociale; i soldi spesi non sono riusciti per ora a raggiungere questo scopo. Questo è e deve essere l'impegno per gli anni del prossimo futuro. Ma come si può ricostruire un tessuto sociale ? E' necessario porsi al cune domande sulle caratteristiche nostre di friulani e sulla friulanità. Da molte parti si sostiene che non esiste più la friulanità, che il friulano è cambiato. Se ciò fosse vero, le case, gli edifici pubblici , le chiese, le opere di infrastruttura , tutto questo, per chi è stato fatto? A cosa e a chi servirebbero se si sono perse o si stanno perdendo le caratteristiche proprie del popolo friulano ? Guardando a quel lo che è stato fatto, a come hanno agito i friulani, si deve controbattere che il friulano non è cambiato. Si può evidenziare una certa contraddizione tra il nostro modo di vivere di prima e quello di dopo, con fermenti culturali di ogni tipo. La nascita e la rapida diffusione di numerosi mass-media ha portato in mezzo al la nostra gente nuovi fermenti culturali, ma tutto questo non è stato capace di rispettare la faccia vera del friulano, il suo vero modo di essere. Corriamo continuamente i rischi o di essere plagiati, lo abbiamo corso ancora più pericolosamente nei primi anni post-terremoto, quando l'assistenzialismo sembrava avere il sopravvento. Doverosamente dobbiamo chiederci: se amo veramente cambiati , o figuriamo tali solo perchè certa stampa, o certe emittenti vogliono farci apparire cambiati ? In sostanza il friulano, il bujese, è cambiato ? E se è cambiato, è cambiato in peggio o in meglio ? Anche da noi c'è stato un processo di sviluppo e se per cambiamento si intende la naturale evoluzione, allora possiamo tranquillamente dire di essere cambiati, ma rimanendo sempre friulani , sempre bujesi con le caratteristiche di sempre: con le virtù di sempre, con certi valori umani, sociali, con certi principi, basati sulla operatività e sulla serietà, nonostante i condizionamenti che arrivavano dall'esterno. Se il friulano fosse cambiato non avrebbe avuto la forza di reagire e di lottare proprio all'indomani del terremoto, all'indomani della disgrazia; è rimasto sempre quel popolo forte e rude che abbiamo imparato a conoscere e dalla catastrofe ha trovato gli stimoli per la ripresa. Anche in questa occasione ha dimostrato di possedere quei valori di sempre, sopratutto l'amore per la famiglia e per la casa. La friulanità non è nata dopo il terremoto; se non ci fossero state prima, le radici, la cultura e la civiltà friulana non sarebbero certamente venute fuori. Dobbiamo renderci conto che avere la casa nuova non basta; dobbiamo correre ai ripari per ritrovare e riscoprire ancora una volta le vere radici che sono le matrici dell'uomo friulano, con i suoi valori, le sue virtù e con i suoi difetti. Dobbiamo ricostruire la storia anche delle cose, anche delle pietre, che il terremoto ci ha tolto e che ci parlavano del nostro passato. La poetessa bujese Maria Forte sintetizza in due versi il significato del nostro passato sulle pietre : " Si fruzzonin i segnos de gjarnazzie finide te piere alte di un volt ". E tutto questo potremo raggiungerlo specialmente attraverso l'istruzione e l'azione culturale; solo allora potremo parlare di vera ricostruzione, ricostruzione di cose, di case, ma anche dello spirito. |