|    TRASCRIZIONE E ANNOTAZIONE DEL MANOSCRITTO  |  
|    n. 1974, carte 115-127,  Biblioteca  Comunale di Treviso.  |  
|    per  non sentire su ‘l bel principio l’esclusione, ne vollero nominare  altro per dubbio che li spagnuoli per evitar Sacchetti vi concorressero. Si  proseguirono gli scrutinii mattina e sera, ne i quali i spagnoli tanto  nello scrutinio quanto nell’accesso[1]  diedero sempre i voti a quei del Collegio Vecchio[2],  cioè Lanti, S.Marcello, Capponi, Crescenzio, Bentivoglio e Roma. Ma  Barberino diede ordine alle sue creature che niuno lo desse a quelli del  Collegio Vecchio e tanto più quest’ordine si stringeva quanto che  vedevano l’altra fazione vigorosa verso Cennino, che le diede molto a  pensare. Continuati  li scrutinii per venti giorni senza frutto nè speranza d’elezione, et  accingendosi i Barberini di trattar per Sacchetti, procurorono di  riconciliarsi col cardinal de Medici, il quale pregato condescese a  negoziar per loro circa l’elezione, ma in luogo pubblico sicome fecero  in Sala Regia, di che tutto il conclave si rallegrò sperandone in breve  l’elezione. Doppo alcune parole di cortesia, Barberino si dolse della  fazione spagnuola ch’operava per l’esclusione di Sacchetti, soggetto  di tante buone parti. Finito il discorso si separarono, e subito il  cardinal Barberino si accostò al cardinal Albornoz ch’era nella Sala  Regia e gli narrò il trattato, stringendo molto per sedar le difficoltà  sopra Sacchetti, dicendo com’era possibile che gli spagnuoli se gli  mostrassero contro, non potendovi esser causa per la quale il Re tal  cosa ordinasse, alche rispose che i Re non danno causa, ma basta il dire  aver uno per diffidente perchè tutto ‘l Collegio l’abbia per  escluso et in conscienza non debba votarsi per lui. Sentite da Barberino queste raggioni andò a consultarle col Padre Valentino[3] della Compagnia di Giesù, confessore del conclave, a cui disse come poteva ammettersi l’esclusiva d’un Re in un soggetto sì grande, et il Padre gli rispose, secondo l’intese, ch’in conscientia doveva tutto il collegio non solo non votar per lui, ma persuader 
 [1]  Procedura introdotta da Gregorio XV per accelerare l’elezione del  pontefice. Dopo la pubblicazione dello scrutinio, qualora non  avvenga l’elezione col consenso dei due terzi, prima ancora di  procedere con le altre operazioni, una sola   volta per ogni scrutinio i cardinali possono “accedere”  attraverso nuove votazioni a qualcuno di quelli che durante lo  scrutinio abbia ottenuto almeno un voto valido, purché non sia lo  stesso che era stato eletto da quel cardinale nello scrutinio. DEL  RE, La curia Romana, pp. 467-468. VISCEGLIA, Fazioni e  lotta politica nel Sacro Collegio nella prima metà del Seicento.  In G.SIGNOROTTO e M.A.VISCEGLIA (a cura di), La corte di Roma tra  Cinque e Seicento “teatro” della politica europea, Roma,  Bulzoni Editore, 1998, pp. 47-52. [2]  Il Collegio Vecchio è costituito dai cardinali creati durante i  pontificati precedenti a quello del papa morto, che non hanno  relazioni clientelari con il cardinal nepote, è in netta  opposizione con la fazione dei Barberini che può contare, almeno in  teoria, sull’appoggio dei membri del Collegio Nuovo, ovvero dei  cardinali creati da Urbano VIII. [3]  Valentino Magnoni, teologo gesuita, confessore del conclave. A  questo incarico viene eletto, in età moderna a partire da Pio V,  sempre più spesso un regolare, l’elezione da parte di tutti i  cardinali avviene durante la terza congregazione generale della sede  vacante. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiatica,  vol. XV, sub voce confessore del conclave. VON PASTOR, Storia  dei papi, vol. XIV, pp. 17-18.  |