1.1 L’età veneziana delle riforme.
Con gli anni ’30 del Settecento si apre una prima breve stagione riformistica. Fino al 1736 i tentativi di riforma finanziaria falliscono. In quell’anno, misure adottate per dare slancio all’attività dell’Arsenale e al porto di Venezia, riducono le tariffe doganali in uscita e per contrastare la crisi della marina militare vengono varate le navi atte, armate per contrastare con adeguata artiglieria le navi corsare e pirata del Mediterraneo. Sono avviate modifiche nell’assetto della pubblica amministrazione e nel 1738-39 dell’Università di Padova[1].
Ma la vera e propria età veneziana delle riforme si ha negli anni 1764-1773, con Andrea Tron. In questo periodo si compiono le prime rilevazioni statistiche sulla popolazione, ed è compilata la prima anagrafe generale. La riforma strutturale degli apparati del potere prevede l’istituzione di deputazioni straordinarie nominali, non soggette a rotazione delle cariche, per una maggiore concentrazione dei poteri.
Sono riformati i corpi militari, ma l’ambito in cui l’azione del governo è più efficace è quello ecclesiastico, con provvedimenti contro gli Ordini regolari, l’istituzione di un revisore di nomina governativa sulla censura ecclesiastica delle stampe, e la lotta contro la manomorta, compiuta attraverso il trasferimento delle ricchezze fondiarie della Chiesa allo Stato, e la vendita delle stesse ai privati, favorendo la circolazione di beni e proprietà. Dalla vendita degli immobili della Chiesa sono ottenuti i fondi per realizzare riforme scolastiche e opere di valorizzazione del territorio e delle campagne, come le accademie agrarie[2]. Oltre a questo a partire dal 1760 è creata una deputazione straordinaria affiancata ai Provveditori sopra i monasteri, con compiti di minuziosa ricerca sulle strutture religiose della Repubblica al fine di regolare ed eventualmente sospendere le vestizioni per tutte le congregazioni non economicamente autosufficienti. Altre misure sono l’abolizione delle carceri ecclesiastiche e la chiusura dei collegi per chierici, tranne i seminari. Vengono inoltre recuperati allo stato una massa imponente di beni trasferiti ai monasteri, contestualmente sono limitati i privilegi fiscali dei beni ecclesiastici a partire dal 1769, ridotte le feste ecclesiastiche nel 1772, e nel 1773 accolta la bolla di soppressione della Compagnia di Gesù come decretato da papa Clemente XIV. Tutti questi provvedimenti si collocano all’interno della corrente del giurisdizionalismo antiecclesiastico che caratterizza l’operato dei governi settecenteschi lungo la direttrice delle teorie illuministe.
Falliti i tentativi di smantellare il corporativismo e di istituire una camera di commercio a rappresentanza dei nuovi circoli mercantili, si adottano misure di liberalizzazione dell’economia, ma limitate ed episodiche[3].
Successivamente al 1773 le divisioni politiche e sociali tra i patrizi impediscono il decollo delle riforme amministrative dello Stato, il piano postale e daziale e la revisione dei bilanci generali, ma non arrestano del tutto lo spirito innovatore nel settore scolastico e navale, dove si registrarono progressi visibili. La soppressione dell’ordine dei gesuiti permette la conversione dei loro collegi in scuole pubbliche e stimola la trasformazione a Venezia delle scuole dei sestieri (scuole di grammatica latina) in moderne scuole elementari. I provvedimenti pubblici applicati nelle città della Terraferma hanno uno sviluppo più limitato rispetto agli stessi a Venezia[4].
Le iniziative riformistiche più capillari intervengono nell’ambito delle scuole e dell’Università, finanziate con i proventi della vendita dei beni ecclesiastici confiscati. Una prima ricognizione sulle strutture scolastiche presenti sul territorio avviene con i decreti del 1768-70, dopodiché si procede con il riordino delle scuole superiori (1775) e la riforma dell’Università di Padova, prevista già dal 1760 ma abrogata un anno dopo, viene ripresa nel 1771 e completata nel 1772[5].
Sanità e assistenza pubblica a Venezia erano già piuttosto efficienti, per questo vengono mantenute le misure preventive che avevano preservato la città dalla peste del 1630-31. L’estensione delle competenze dei provveditori alla sanità introduce la figura del chirurgo del Lazzaretto, il pronto soccorso, misure di prevenzione delle infezioni, l’inoculazione del vaiolo.
Nel 1770 una scuola di ostetricia viene aperta a Venezia e dal ‘74 anche a Padova. Riformata la medicina pratica con lo studio sistematico della storia dei mali, è dato alle stampe il Giornale di Medicina per la diffusione di studi e scoperte. Nasce in questi anni
Negli ultimi anni della Repubblica di nuovo si osservano riforme economiche e finanziarie. Tra 1788 e ’89 la liberalizzazione del commercio della lana e di quello dei bovini, nel 1794 è varato un piano daziario per la creazione di uno spazio economico “nazionale” mediante il ridimensionamento delle dogane interne. Nel 1786 viene introdotto il codice della marina mercantile e tra 1780-81 la riforma dello statuto civile e del codice penale.
Per quanto riguarda le manifatture c’è ampio dibattito sullo scioglimento o l’apertura delle Arti, ovvero sulla scelta tra mercantilismo e liberismo. Solo nel 1794 si giunge all’abolizione delle dogane interne e alla libera circolazione delle merci, misure liberistiche già adottate nel 1769, ma che erano state abrogate durante la crisi del 1774-75[7].
[1]Ibid., pp. 25-28.
[2]Ibid., pp. 60-67.
[3] Preto P., Le riforme, pp. 112-114.
[4] Del Negro P., Introduzione, p. 70.
[5] Ibid., pp. 125-126.
[6] Preto P., Le riforme, pp. 128-130.
[7] Ibid., p. 110.