1.2 Il crollo della Serenissima.
La rivoluzione francese mette a nudo la crisi strutturale della Repubblica e la precarietà della sua collocazione a livello internazionale nel momento in cui di fronte all’imperialismo delle grandi potenze non è capace di opporsi, tantomeno con una forzata neutralità e un pavido isolamento. Anche tra gli storiografi pubblici della Serenissima appare chiara l’ineluttabilità del crollo. Il rullo compressore rivoluzonario-napoleonico travolgerà tutte le formazioni politiche di antico regime della penisola, alleate, nemiche o neutrali che siano. Inoltre tutte le repubbliche nobiliari saranno sciolte nel 1814-15 dal Congresso di Vienna. La formazione politica lagunare è intrinsecamente debole nel contesto europeo, e il suo immobilismo in politica internazionale è il riflesso di una staticità interna strutturale: la frazione più ricca del patriziato aveva mantenuto nelle sue mani il timone del regime, costituendo un blocco conservatore e conformista inattaccabile[1]. Nel 1792 davanti alla proclamazione della Repubblica in Francia e alla coeva invasione e occupazione della Savoia e del Nizzardo la decisione del governo veneziano è quella di mantenere
La scelta della perfetta neutralità è annunciata ancora una volta nel momento in cui tutti i principali stati europei si sono alleati per respingere l’onda rivoluzionaria francese. Uno strappo avviene solo nel luglio 1794 con la cessazione di ogni rapporto diplomatico con la Francia[2].
Nel maggio-giugno 1796 avviene l’ingresso delle truppe francesi e austriache nei domini veneziani, con la consegna ai francesi della città di Verona. Il febbraio seguente vede la caduta di Mantova, e il marzo 1797 le rivolte di Bergamo e Brescia. E’ chiaro che il consenso alla Serenissima è logorato non tanto dalla diffusione di idee democratiche ma dalla manifesta incapacità di difesa dei propri sudditi. La successiva campagna veneziana di terraferma, non riesce a contrastare i rivoluzionari bergamaschi e bresciani appoggiati dalla Francia. L’intervento francese fa capitolare l’intera Lombardia, e con le Pasque veronesi del 17-24 aprile crolla l’intero dominio veneziano nella terraferma. L’ultimo tentativo fallito di riconquistare Verona finisce nel definitivo tracollo, ed è seguito dalla resa senza combattere di Vicenza e Padova[3].
Con l’inizio del 1797 lo scontro bellico tra francesi e austriaci in territorio veneto diventa irreversibilmente fatale per la conservazione dello status della Repubblica. Il 7 aprile le truppe francesi giungono a Leoben, non lontano da Vienna, e qui iniziano i negoziati che portano alla firma dei preliminari di pace, che prevedono la sopravvivenza della Repubblica privata di tutti i domini della terraferma, dell’Istria e della Dalmazia. Questo segna una svolta decisiva per le sorti della Serenissima: Austria e Francia si accordano per uno smembramento dello stato marciano. Segnali della volontà di sovvertire gli assetti statali veneti c’erano stati già ai tempi della rivolta a Bergamo e Brescia, con primi pronunciamenti democratici e la costituzione di municipalità provvisorie, dato lo scarso consenso della popolazione, la propaganda filofrancese si rivolge al ceto dei possidenti. Sedata l’insurrezione dei veronesi, anche qui si costituisce una municipalità democratica, e lo stesso avverrà per Vicenza e Padova[4].
1 maggio 1797: dichiarazione di belligeranza da parte della Francia. I patrizi veneziani cercano i modi meno pericolosi e dolorosi per lasciare il potere, uno sbocco che possa lasciare incolumi le persone e i beni patrimoniali. Il 12 maggio 1797, ultima seduta del Maggior Consiglio, perviene la richiesta francese di istituire a Venezia un governo rappresentativo democratico con l’abolizione del patriziato. La decretazione messa ai voti è approvata a gran maggioranza. Con questa il gruppo dirigente pone fine a se stesso come corpo rappresentativo di governo e corpo sociale nobiliare. Bonaparte adopera il grimaldello della riforma costituzionale per cancellare
Il trattato di pace è firmato il 16 maggio. Negli articoli segreti si stabilisce l’intesa per lo scambio di alcuni territori più un’indennità di 3.000.000 di lire torinesi, navi e materiale dell’arsenale veneziano, dipinti e manoscritti. La ratifica del trattato non verrà mai compiuta dal governo francese, interessato a mantenere una libertà di movimento nella prospettiva di arrivare alla firma del trattato di pace con l’Austria.
[1] Del Negro P., La fine della repubblica aristocratica, in Storia di Venezia, VIII, pp. 195-197.
[2] Ibid., pp. 209-215.
[3] Ibid., pp. 220-221.
[4] Scartabello G., La municipalità democratica, in Storia di Venezia, VIII, pp. 263-264.