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1.3 L’esperienza democratica a Venezia.

La prima riunione della nuova municipalità è datata 16 maggio, è composta dai membri che avevano avuto un ruolo rilevante anche nel passato regime. Nell’amministrazione pubblica sono mantenute le vecchie strutture, con il personale burocratico esistente, tranne che per la giustizia, gradualmente del tutto rinnovata. Modificato il calendario (secondo il more veneto l’anno inizia il 1 marzo), il computo delle ore del giorno, si comincia a battere moneta, e contemporaneamente incomincia la sistematica demolizione e cancellazione dei simboli del passato regime[1].

La nascita di un governo “democratico” significa innanzitutto abolizione della nobiltà, di titoli e stemmi, uguaglianza giuridica di tutti i cittadini, libertà di parola, stampa, religione, ed emancipazione degli ebrei (riforme democratiche). E poi: abolizione del fidecommesso, riduzione delle parrocchie, blocco del numero dei chierici, accorpamento dei monasteri femminili (riforme ecclesiastiche). Ancora: compilazione di nuove Anagrafi, riforma dell’istruzione e riforma radicale della giustizia civile e penale[2]. Rimane esplicita la salvaguardia della religione cattolica e delle sue strutture, in nome della continuità dell’intesa/alleanza tra autorità civile e religiosa veneta. La municipalità fa molto conto sul corpo ecclesiastico per la costituzione del consenso popolare e si muove sulla scia del giurisdizionalismo repubblicano, non certo sull’onda delle politiche anticlericali della Francia rivoluzionaria. I progetti di riduzione del numero dei preti, sistemazione dei monasteri femminili, consegna degli ori e argenti non di uso liturgico e del tesoro di S. Marco non saranno realizzati se non a inizio Ottocento sotto il napoleonico Regno d’Italia[3].

Dall’estate 1797, alla cultura per certi versi originale della ormai tramontata Repubblica si va sostituendo una cultura nuova. Le città venete e gli assessorati municipali, in particolare quelli incaricati dell’istruzione pubblica, sono i più vivaci sul piano del dibattito teorico a riguardo delle possibili riforme politiche, sociali e culturali. Si costituiscono Società di istruzione pubblica e Società patriottiche cui aderiscono le personalità politicamente più innovatrici e intellettualmente più entusiaste delle nuove correnti di pensiero. Con la fine di ottobre, nel momento in cui si decidono le sorti della Repubblica, i processi di presa di coscienza sociale, civile e politica iniziati nel breve passaggio democratico, sono inesorabilmente bloccati dalle maglie del governo viennese. Un gran numero di testate giornalistiche chiuderà i battenti e le poche sopravvissute saranno costrette ad assumere toni allineati e dimessi[4].

La firma del trattato di Campoformio il 17 ottobre 1797 tra la Repubblica Francese e l’Imperatore Re d’Ungheria e Boemia, determina la cessione alla Francia del Belgio, mentre alla Repubblica Cisalpina indipendente si accorpa la Lombardia ex austriaca, e alcuni territori ex veneziani. L’Austria acquista il territorio veneto restante e Venezia, i domini ionici sono divisi tra le due potenze. La soluzione però non è soddisfacente per entrambe, e sancisce una tregua di soli 18 mesi prima che la Francia riprenda le occupazioni in territorio italiano, svizzero ed egiziano. Nell’abbandonare Venezia le autorità militari francesi si prodigano in danneggiamenti e spogli, la città appare fortemente provata, le attività economiche contratte dalla crisi dei rapporti con la terraferma, cui si aggiungono l’aumento della povertà e la sfiducia generale per il mancato dispiegarsi dell’esperienza democratica. A metà gennaio si insediano le truppe imperiali, che pongono il loro quartier generale a Padova.


[1] Ibid., p. 280.

[2] Preto P., Le riforme, pp. 131-132.

[3] Scartabello G., La municipalità democratica, in Storia di Venezia, VIII, pp. 282-283.

[4] Scarabello G., Da Campoformido al Congresso di Vienna: l’identità veneta sospesa, in Storia della cultura veneta, Dall’età napoleonica alla prima guerra mondiale, vol. 6, a cura di Neri Pozza Editore, Vicenza 1985, pp. 2-5.