RITORNA AL TESTO PRECEDENTE 15 SUCCESSIVA

Storia dell’istruzione in area lombardo-veneta.

 4.1 La Serenissima

4.1.1 Premessa.

Sino al 1770 in Italia nell’istruzione pubblica e privata non cambia nulla rispetto al 1600. I patrizi a Venezia sono il 3,4% della popolazione, ricevono l’istruzione privata di un precettore, abate o prete, per imparare a leggere e scrivere accanto ai primi rudimenti di matematica, dottrina cristiana, latino, retorica, filosofia morale, storia veneta. Gli autori classici Petrarca e Tasso si imparano a memoria. Non si studiano la geografia, le scienze naturali, la storia generale. Le femmine sono istruite in convento per quanto riguarda lettura, scrittura, precetti religiosi, canto, ricamo e danza fino a 15-16 anni, dopo le giovani tornano a casa in attesa di matrimonio o prendono i voti religiosi, tra i maschi qualcuno prosegue gli studi nei collegi per nobili all’estero della durata di quattro anni, non vanno mai all’Università di Padova. Successivamente la frequentazione di salotti, ambascerie o accademie private garantisce ai giovani rampolli l’entrata in società. I nobili non agiati dopo un’istruzione di base ricevuta in casa accedono a scuole private, per diventare poi chierici, garzoni, entrare all’accademia dei nobili alla Giudecca o nelle scuole dei Somaschi (che sostituiscono quelle dei gesuiti). Alcuni di questi sono ospitati in collegi per poter frequentare l’Università di Padova[1].

Cittadini e borghesi monopolizzano la burocrazia statale e le professioni qualificate (medici, avvocati, notai). Anche per loro l’istruzione primaria è affidata a precettori, mentre gli studi superiori avvengono nelle scuole di istituzioni civili e notarili, di filosofia e logica, lingua turca, matematica, medicina e chirurgia, all’accademia di pittura e scultura, nelle scuole dei conventuali e degli agostiniani. I meno abbienti vanno all’istituto dei gesuiti, che consente facile accesso all’Università di Padova, alle Accademie private di lettere, scientifiche o teatrali[2].

Per i popolani la scuola è all’interno delle corporazioni di mestiere, la lentezza dell’ascesa individuale e la rigidità della subordinazione del prestatore di lavoro nei confronti del detentore del sapere tecnico rispecchia la gerarchia sociale di antico regime. Nel 1772 l’abolizione delle Arti favorisce l’avvio dell’istruzione all’interno di scuole private o l’insegnamento da parte di precettori, mentre le scuole pubbliche gratuite non sono molto frequentate[3].

Un importante centro di crescita professionale per i giovani veneziani è presso l’Arsenale, nella Scuola di architettura navale e presso la Scuola di nautica, istituita nel 1739. Prima l’insegnamento del mestiere era costituito della sola esperienza diretta, che avveniva a partire dall’adolescenza, verso gli 11-12 anni. Il piano didattico della scuola di nautica ora prevede cinque giorni di lezione a settimana, con pausa la domenica e il giovedì, ingresso a numero chiuso per 18 alunni scelti tra quattordicenni che abbiano ricevuto una prima alfabetizzazione. Dopo i primi due anni di scuola, gli alunni si imbarcano per quattro anni ricevendo una piccola paga, e sono tenuti a compilare il diario di bordo di ogni viaggio, alla fine del percorso un esame finale dà loro la licenza di pilota[4].


[1] Gullino G., Educazione formazione istruzione, in Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, L’ultima fase della Serenissima, VIII, a cura di G. Benzeni e G. Cozzi, Istituto della Enciclopedia Italiana, Treccani, Roma 1997, pp. 746-749.

[2] Ibid., pp. 750-751.

[3] Ibid., pp. 751-752.

[4] Ibid., pp. 754-756.