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4.3 Il ritorno dei francesi. Repubblica italiana e Regno d’Italia.

La Repubblica italiana è proclamata il 25 gennaio 1802, e sarà trasformata in Regno d’Italia il 18 marzo 1805. La nuova compagine statale è costituita dai membri delle forze moderate, che mettono in pratica le proprie idee in campo di istruzione con la Legge del 4 settembre 1802. Il piano di riforma riprende il progetto Mascheroni, e fissa l’universo scolastico in tre ordini di scuole differentemente finanziate: elementari a spese dei comuni, medie (ginnasi e licei) dipartimentali, e sublimi (università, scuole speciali e accademie) a carico dello Stato. Di lì a poco viene la sistemazione dei dettagli della nuova normativa per ginnasi e licei, con le Leggi del 13 e 24 novembre, mentre il piano per le elementari resterà inattuato, un testo normativo per gli insegnamenti di base dovrà attendere il febbraio 1811. Nonostante ciò le autorità italiche durante il periodo francese, attraverso la figura dei prefetti, impongono ai comuni di mantenere le scuole, e le tengono d’occhio con circolari, inchieste e ispezioni al fine di uniformarne l’attività scolastica al metodo normale, diffondere l’insegnamento del sistema metrico decimale e stabilire precise regole per la promozione degli allievi alle classi superiori. Tutto ciò porta a una capillare diffusione delle scuole nelle campagne lombarde, ma a dispetto del grande sforzo normalizzatore delle autorità, la scuola lombarda in età napoleonica è una realtà complessa e disomogenea, fatta di permanenza dei retaggi di antico regime, e allo stesso tempo di frutti nuovi delle idee portate in Italia dalla temperie culturale napoleonica[1]. Alla vigilia della caduta di Napoleone, la rete delle scuole elementari nelle aree della Lombardia e del Veneto è molto estesa, e risulta coprire la quasi totalità dei Comuni anche se con difformità significative, in particolare per una significativa presenza di scuole private nei dipartimenti dell’Adriatico e dell’Adige[2].

Lo spirito della rivoluzione porta con sé l’idea che l’istruzione sia sinonimo di impulso alla realizzazione dell’uguaglianza delle opportunità, a dispetto dell’origine sociale. La scuola primaria allora diventa il fulcro della politica per la formazione del buon cittadino repubblicano, e ciò si attua attraverso l’apertura di scuole elementari per maschi e femmine in ogni circondario. Il rapporto educazione-politica risulta squilibrato a favore della seconda, la quale prevarica il campo dell’istruzione facendone uno strumento per la propria conservazione, e opera all’interno delle classi fornendo i principali strumenti didattici: catechismi rivoluzionari, massimali di domande e risposte sui principi della rivoluzione, conditi di toni patriottici e politici difficilmente comprensibili al popolo. I maestri sono sottoposti al controllo politico da parte delle autorità municipali, le scuole considerate strumento di consenso per lo Stato.

Con l’età napoleonica e la proclamazione del Regno d’Italia si inaugura un periodo di stabilità che favorisce il processo di scolarizzazione, il forte incremento dell’offerta di insegnamento comunque non deve trarre in inganno: le autorità italiche cercano di contenere l’accesso alle scuole secondarie, a spese degli insegnamenti grammaticali. La creazione del Regno d’Italia porterà la politica scolastica a rendersi sempre più omogenea a quella francese, applicando alla scuola italiana il sistema autoritario e accentratore napoleonico.

Nel novembre 1811 Napoleone ristruttura nuovamente l’ordinamento didattico: il primo grado è detto normale, il secondo grado Limen, preparatorio al ginnasio, il grado successivo è il ginnasio, da istituire in comuni sopra i 10 mila abitanti, costituito da tre corsi biennali, infine il liceo biennale in ogni capoluogo di dipartimento, a carattere professionale, appannaggio delle classi agiate, che dà adito all’università[3].

Le disposizioni relative alla pubblica istruzione emanate in Francia nel settembre 1802 riguardano anche il Veneto a partire dal 1805, al momento del ritorno dei francesi, e stabiliscono che tutte le scuole di ogni ordine e grado debbano essere direttamente gestite o strettamente controllate dal Governo; è evidente che la pubblica istruzione sia considerata una funzione di Stato. Il riordino napoleonico della pubblica istruzione prevede che licei e università debbano essere a carico dello stato, mentre ginnasi e scuole elementari a carico dei comuni. Il Piano d’istruzione generale del 1808 invece ristruttura tutti i corsi di studio e crea un sistema organico di presenza dei vari istituti nelle regioni, decide l’abbandono dell’insegnamento retorico-umanistico, e l’abolizione di alcune cattedre, perseguendo una maggiore specializzazione degli indirizzi di studio. Dopo l’incoronazione di Napoleone Bonaparte a re d’Italia l’indirizzo sempre più accentratore della sua politica scolastica mette in evidenza l’intenzione di rimodellare la scuola italiana a immagine di quella francese, introducendo sempre maggiore uniformità, e una struttura sempre più gerarchizzata[4]. Infine, un decreto napoleonico del 25 aprile 1810 ordina lo scioglimento di tutte le fondazioni religiose, causando conseguenze gravi ai collegi dei Somaschi e dei Benedettini. La riforma dell’istruzione primaria del 1810 mette in discussione l’intero impianto esistente, contenendo l’afflusso all’istruzione superiore. Si crea un doppio canale di istruzione primaria: l’una che si ferma alle basi del saper leggere, scrivere e far di conto, diretto ai ceti più umili, l’altro qualitativamente migliore e approfondito, rivolto alle fasce medie.

Le innovazioni napoleoniche saranno immediatamente abbandonate dagli austriaci nel 1816- 1817, a questo punto le Università di Padova e Pavia si uniformeranno a quelle imperiali ampliando l’arco delle discipline e reintroducendo a Padova la facoltà teologica. Fino all’entrata in vigore del Regolamento generale per le università del Lombardo Veneto nel 1825, solo le norme relative a immatricolazioni, esami, lauree e tasse saranno ancora quelle napoleoniche, mai esplicitamente soppresse. Inoltre, la marcata differenza tra i licei e gli istituti filosofici austriaci eredi della scuola gesuitica e quelli napoleonici, verrà risolta rendendo i licei omogenei a quelli austriaci.


[1] Piseri M., La legislazione per l’istruzione primaria, p. 100-101.

[2] Polenghi S., La rete delle scuole elementari nei dipartimenti napoleonici delle aree lombardo-venete, in L’istruzione in Italia tra Sette e Ottocento, p. 183.

[3] Genovesi , Storia della scuola in Italia, pp.30-31.

[4] De Vivo F., Riflessi della presenza dei Francesi nella scuola padovana, pp. 166-167.