4.3.2 Legislazione napoleonica (1802-1814).
Repubblica italiana. Legge 4 settembre 1802. L’istruzione pubblica è suddivisa in tre gradi distinti e complementari: elementare, media e superiore, o sublime. L’istruzione elementare è a carico dei comuni e consiste nell’imparare a leggere, scrivere e principi di aritmetica. L’istruzione superiore finanziata dallo stato comprende l’Istituto nazionale, le Università di Bologna, Pavia e Padova (dal 1806), le Accademie di Belle Arti, le quattro Scuole speciali di Metallurgia, Idrostatica, Scultura e Veterinaria. Il livello medio dell’istruzione è costituito dai ginnasi e da una nuova istituzione: il liceo. Ogni dipartimento, a suo carico, può erigerne uno, ma deve essere attivato obbligatoriamente nel caso in cui nel capoluogo dipartimentale non sia presente un ginnasio; i ginnasi invece sono a carico dei Comuni ove hanno sede. La normativa prevede corsi di studi simili nei ginnasi e nei licei, non prevede che gli uni siano propedeutici agli altri. Per i ginnasi sono stabilite almeno quattro cattedre: umanità ed eloquenza italiana e latina, analisi delle idee e filosofia morale, elementi di geometria e algebra, elementi di fisica generale e sperimentale. I licei hanno un piano di studi più completo, vi si insegnano anche i principi del disegno architettonico e di figura, agraria e storia naturale, e se hanno risorse adeguate possono introdurre insegnamenti spettanti all’istruzione universitaria quali diritto naturale e istituzioni civili, anatomia e fisiologia, chirurgia e ostetricia o altri. Grazie al decentramento finanziario l’istruzione media si configura come una realtà composta da sistemi scolastici territoriali diversi tra loro, dove i licei assolvono alla funzione di preparare i giovani maggiorenti locali alle professioni liberali o agli uffici pubblici evitando loro di spostarsi per frequentare le università. Il numero dei professori di liceo varia da sei a otto, quello dei colleghi del ginnasio da quattro a sei. Tutti sono di nomina governativa, scelti sulla base di una lista presentata, per i licei, dal consiglio generale del dipartimento, e per i ginnasi dal consiglio comunale[1].
Regno d’Italia. Decreto 14 marzo 1807. Riorganizza i licei del Regno introducendo i licei-convitti sul modello del Lycee imperiale francese, una sorta di alternativa pubblica laica ai collegi-convitti religiosi. Si impone l’apertura di otto licei, quattro dei quali con convitto, e si specificano nuovamente le materie di studio. Il numero degli allievi e dei convittori viene stabilito dal decreto, e si stabilisce che i convittori siano accolti dai 7 agli 11 anni per frequentare un corso ginnasiale di almeno sei anni al termine del quale potranno seguire il biennio liceale vero e proprio. A una parte dei convittori sono concesse facilitazioni economiche: trenta devono essere ammessi gratuitamente, altri sessanta con la riduzione della retta del 25 o del 50%. Per gli altri convittori la retta è stabilita in 600 lire italiane, cifra notevole che opera una selezione sociale drastica. I licei passano a carico dello stato, cui spetta il godimento delle rendite, la nomina dei professori, la gestione dell’organizzazione e degli insegnamenti. L’istituzione si qualifica ora come grado preparatorio agli studi universitari, a questo proposito è introdotto l’esame finale obbligatorio che permette l’accesso a una delle università del Regno[2].
Decreto 6 novembre 1811. Introduce una tassa per le matricole dei licei, viene meno il principio della gratuità della scuola media.
Decreto 15 novembre 1811. Il principio dell’uniformità della didattica viene posto alla base del sistema scolastico. Con questo provvedimento i ginnasi sono declassati a livello preparatorio per i licei, che a loro volta diventano scuole propedeutiche alle facoltà universitarie. Questa dipendenza gerarchica è stabilita dall’obbligo per gli alunni che si iscrivono all’esame di ammissione al liceo di essere in possesso della licenza ginnasiale, e dall’impossibilità di accedere a una facoltà universitaria senza esibire l’analoga licenza liceale. Il piano di studi risulta sfoltito e sono ridotte a cinque le cattedre liceali: 1. Storia, geografia, principi generali sulle belle arti; 2. Istituzioni di logica e morale e istituzioni civili; 3. Elementi di algebra e geometria; 4. Scienze naturali (fisica, chimica e storia naturale); 5. Principi e pratica del disegno. Il corso è biennale, e prevede per il primo anno, per tutti gli studenti, insegnamenti ripartiti su tre cattedre: logica e morale, storia, geografia e belle arti, matematica e disegno. Per il secondo anno sono previsti due indirizzi, l’uno indirizzato alle scienze naturali, l’altro alle istituzioni civili, per quanti si avvieranno alla facoltà legale, le differenze tra i due percorsi sono comunque minime. Ogni professore tiene quotidianamente due lezioni di un’ora e mezza ciascuna, e si attiene a rigorose norme didattiche. L’anno scolastico comincia il 1 novembre e finisce il 15 agosto, al termine degli esami finali che hanno luogo al termine del biennio di studi. Sia al liceo che al ginnasio chi è respinto all’esame finale deve ripetere l’ultimo anno. Il corso ginnasiale dura quattro anni ed è tenuto da sei professori, da ridurre in seguito a cinque. I primi due anni si insegnano calligrafia, grammatica italiana latina e francese, aritmetica inferiore; il terzo anno belle lettere latine e italiane e aritmetica superiore; il quarto anno retorica, elementi di storia e geografia, principi di disegno. Per ginnasio e liceo gli esami sono trimestrali, sempre alla presenza di un delegato rappresentante del governo, che sottolinea la funzione pubblica dell’insegnamento e lo sottopone a uno stretto controllo centrale. In base a questo decreto
[1] Pagano E., Ginnasi e licei, in L’istruzione in Italia tra Sette e Ottocento, pp. 271-273.
[2] Ibid., p. 273-274.
[3] Ibid., p. 275-277.