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4.4.3 Legislazione lombardo-veneta (1815-1848).

Ginnasi. Nel triennio 1814-17 è conservata l’organizzazione napoleonica, con le sole modifiche dell’introduzione di un catechista per l’istruzione religiosa, lo studio del greco, e del tedesco in sostituzione del francese.

Il vero punto di svolta si ha alla fine del 1817, con la pubblicazione del Codice ginnasiale austriaco, che impone norme di statalizzazione dei ginnasi, finora di competenza comunale, e di parificazione degli stessi, dei ginnasi privati e di quelli vescovili, per quanto attiene a piani di studio e discipline, ai ginnasi imperiali austriaci. I ginnasi statali sono divisi in due classi: alla prima classe appartengono quelli di Padova e Pavia, in quanto città universitarie, e di Milano e Venezia, capitali regionali, tutti gli altri ginnasi sono di seconda classe. Le due tipologie si distinguono per il numero di maestri, sette per la prima classe, sei per la seconda. Riprendendo il modello della Ratio studiorum gesuitica, il corso ginnasiale è prolungato a sei anni, con i primi quattro di grammatica, incentrati sul latino, il quinto anno di poesia e l’ultimo di retorica. Viene introdotto l’insegnamento della religione cattolica, cui è data grande importanza per la formazione morale e spirituale del giovane ma anche per limitare la diffusione di idee eversive. L’insegnamento della religione è affidato a una nuova figura professionale, il catechista, nominato dall’ordinario diocesano, al quale solo, dal 1822, deve rispondere del suo incarico, essendo sganciato dalle autorità scolastiche e politiche. La didattica del latino viene aggiornata, revisionando il modello mnemonico-ripetitivo e legando l’apprendimento a quello delle lingue moderne. Inoltre il Codice prevede per tutto l’arco dei sei anni l’insegnamento della storia e della geografia, della matematica e delle altre materie scientifiche sconosciute ai ginnasi napoleonici, fisica e storia naturale. Tali materie però, data la scarsa preparazione dei docenti in genere, vengono ben presto lasciate in disparte, al punto da essere eliminate dal cursus ginnasiale già tra 1819 e 1821.

Nei ginnasi a sei corsi, sei professori e un catechista, sono previste in tutte le classi 18 ore di insegnamento settimanali, la ripartizione delle cattedre stabilita è: elementi di lingua latina (1° e 2° anno), grammatica latina (3° e 4° anno), poesia o stile (5° anno), retorica o stile (6°anno),  lingua greca (5° e 6° anno), storia e geografia (dal 1° al 6° anno), matematica (dal 1° al 6° anno), fisica e storia naturale (dal 1° al 3° anno), religione e morale (dal 1° al 6° anno). Come studi liberi è previsto che i giovani possano avvalersi di insegnanti di calligrafia, lingua tedesca e disegno. Il programma di insegnamento, i tempi e il metodo didattico per ciascuna materia sono rigidamente indicati nel Codice, insieme al calendario degli esami, alla distribuzione dei premi e quant’altro. Il governo controlla l’intero funzionamento del sistema scolastico imperiale attraverso una gerarchia di uffici di propria nomina, dai due direttori generali nelle città capitali, ai prefetti provinciali cui spetta la quotidiana direzione degli istituti.

Con sovrana risoluzione il 20 luglio 1819, Francesco I impone che l’insegnamento ginnasiale non avvenga più per materie ma per classi, ovvero per l’intero quadriennio di grammatica ciascuna classe è affidata a un solo docente, cui spetta l’insegnamento di tutte le materie, idem per il biennio successivo. Vengono meno così il principio e la prassi della competenza specifica degli insegnanti per aree disciplinari, per lasciare posto alla continuità educativa e alla relazione più stretta tra professore e alunni, giustificata da una maggiore esigenza di consequenzialità pedagogica e di controllo extrascolastico dei giovani.

Il 20 settembre 1819 un’altra sovrana risoluzione ha attuazione nel Lombardo-Veneto con la pubblicazione delle Istruzioni emanate dalla Direzione lombarda. Gli studi ginnasiali ora assumono un’impronta esclusivamente umanistica, con un ruolo ancora maggiore dato al latino e lo studio della lingua greca anticipato alle classi di grammatica. Gli studi di storia naturale e fisica cessano del tutto e scompare dalle classi inferiori l’insegnamento dell’algebra, posticipato al biennio di umanità, per lasciare il posto all’aritmetica comune, già materia delle scuole primarie. Una speciale vigilanza sulla condotta morale e la formazione religiosa degli studenti è riconfermata come elemento portante dell’educazione dei giovani. Il percorso di studi ginnasiale a questo punto ha assunto una sua autonoma identità, perdendo la dipendenza gerarchica dal liceo che ha avuto nell’ultimo periodo napoleonico[2].

Licei. 9 novembre 1816. Una sovrana determinazione equipara i licei conservati nel Lombardo-Veneto agli istituti filosofici dell’impero asburgico, in Veneto sono quattro (Venezia, Verona, Vicenza e Udine), in Lombardia otto (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Milano, S. Alessandro e Porta Nuova). Ciascun istituto ha a capo un direttore di nomina governativa, ed è soggetto alle ispezioni del regio delegato provinciale. Il corso di studi è della durata di tre anni, ciascuno dei quali prevede 18 ore di lezione obbligatorie a settimana. Il sistema è articolato per materie, ovvero nove professori specializzati per disciplina insegnano in tutte le classi, contrariamente a quanto avviene nel sistema ginnasiale. I primi due anni uguali per tutti gli studenti prevedono: per il primo anno istruzione religiosa, filosofia teoretica (ovvero logica e metafisica), matematica elementare, storia universale, greco; per il secondo istruzione religiosa, filosofia morale, fisica sperimentale, storia universale, greco. Il terzo anno gli studenti sono invitati a scegliere uno dei tre indirizzi di studi, in legge, teologia o medicina, i quali hanno leggere variazioni nei piani di studio e in comune l’istruzione religiosa e la letteratura classica latina. Disegno e tedesco sono considerate anche qui discipline libere, mentre tutte le materie vengono insegnate in lingua italiana. L’impostazione prevalentemente teorica e gli indirizzi di scelta dell’ultimo anno configurano il liceo come scuola propedeutica alle facoltà universitarie, pur togliendo ad esso il carattere di naturale sbocco degli studi ginnasiali.

Tra il 1824 e il 1825 le ultime modifiche allo statuto liceale date dalla Commissione Aulica per gli Studi viennese riducono a due anni il corso di studi, e le ore di lezione a 16 per il primo anno e a 15 per il secondo. Di conseguenza anche gli insegnamenti impartiti subiscono variazioni: il primo anno istruzione religiosa, filosofia teoretica, matematica elementare, filologia latina; il secondo istruzione religiosa, filosofia morale, fisica, filologia latina. La storia universale viene raccomandata come materia libera aggiuntiva. Per ciascuna materia è definito minuziosamente ogni dettaglio didattico, contenuti e tempi di apprendimento, e viene reintrodotto il latino come lingua della didattica. I riformati “istituti filosofici”, abbandonando del tutto la vocazione tecnico-sperimentale che avevano durante il periodo napoleonico, con l’inserimento della filologia latina e al contempo la cancellazione delle materie pratico-scientifiche e di quelle storico-letterarie dal curriculum di studi liceale, rispecchiano la volontà di costruire un tipo di conoscenza astratto, rivolto alla classicità latina, alla filosofia e alla religione, e demandano alle facoltà universitarie la formazione professionale degli studenti[3].


[1] Polenghi S., La riforma del Gymnasium austriaco, pp. 62-63.

[2] Pagano E., Ginnasi e licei, p. 278-281.

[3] Ibid., p. 281-284.