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6.1 Gregorio Barbarigo.

Discendente della famiglia patrizia veneziana dei Barbarigo, a soli 18 anni il giovane è scelto come compagno di Alvise Contarini ambasciatore veneziano in Germania, e qui matura il desiderio di diventare sacerdote. Presso l’Università di Padova consegue la laurea in giurisprudenza, ma si avvicina anche agli studi di teologia, scienze fisiche e matematiche oltre che alla medicina e all’anatomia. Le sue conoscenze spaziano dalle Scritture e dalla Teologia, alla Summa di S. Tommaso d’Aquino, fino alle antichità classiche, alla storia ecclesiastica, la geografia e la cronologia. Studia l’astronomia, la scienza militare e la musica, oltre alle lingue classiche impara il francese e l’ebraico, ma la passione cui dedica maggiore interesse è la matematica. Pochi mesi dopo aver conseguito la laurea, a trent’anni, riceve il Sacramento dell’Ordine sacerdotale. Dopo aver trascorso un periodo a Roma, viene destinato alla diocesi di Bergamo, nel marzo 1658.

Il Barbarigo, preso possesso della cattedra di Bergamo, per prima cosa pensa a dotare la diocesi di un Seminario, constatato lo scarso livello di istruzione dei suoi sacerdoti, fa pervenire loro testi di teologia e di ascetica, stabilendo periodiche congregazioni nelle quali i sacerdoti potessero istruirsi a vicenda. Per la formazione del clero giovane invece, provvede al benessere dell’istituzione seminariale, incrementandone le rendite, ingrandendo la sede prescelta, e modellandone la disciplina sull’esempio della regola di S. Carlo Borromeo. Il vescovo stesso prende la direzione del Seminario, e ne ordina le scuole e gli studi, sorvegliando rigorosamente l’applicazione dei suoi statuti.

Nel 1664, essendo vacante la sede di Padova, Gregorio Barbarigo viene preconizzato suo vescovo. Il Barbarigo, patrizio veneziano, entra così negli equilibri di potere tra la Chiesa romana e la Repubblica veneta, che vede nelle sedi vescovili altrettante istituzioni pubbliche e fa del vescovado una carica ecclesiastica da spartire, al pari di quelle civili, tra le famiglie dell’alta aristocrazia veneziana[1]. Le sedi vescovili sono al centro di questi meccanismi, e per questo motivo ai titolari della chiesa di Padova, considerata una delle più importanti diocesi della terraferma, è stato da sempre associato il cancellierato[2] dell’Università degli studi e la candidatura a far parte del Collegio cardinalizio, quindi il compito di svolgere funzioni di rappresentanza politica della Serenissima presso la Corte romana, incarico questo che lo terrà periodicamente lontano dalla sua Diocesi. Il Barbarigo adopera la carica di cancelliere dell’università per vigilare sulla ortodossia degli insegnamenti impartiti presso lo Studio, in particolare quelli filosofici, e lo fa con estrema cautela, senza ostentare la propria posizione, e sfruttando la mediazione di persone fidate per comunicare con i Riformatori, esercitando anche una parte attiva nel gioco delle assunzioni alle cattedre universitarie attraverso questi contatti[3]. Ma la vicenda meglio conosciuta riguardo al cancellierato del Barbarigo riguarda la laurea in filosofia di Elena Lucrezia Cornaro Psicopia. Il suo rifiuto di conferire, a quella che sarebbe stata la prima donna dottorata della storia, la laurea in teologia, ha diverse motivazioni, e quella fondamentale sembra essere il fatto che al dottorato sia connesso il magistero, ovvero la facoltà di insegnare, funzione assegnata, nella temperie culturale postridentina, a maestri di solida competenza e ortodossia, qualità in quel momento difficilmente attribuibili ad una donna. Gli interventi del Barbarigo in veste di cancelliere sono rivolti sempre alla tutela dei principi cattolici e dell’integrità dottrinale, in special modo la sua opera si dispiega attraverso l’educazione dei giovani e l’attività didattica; e di questo è testimonianza palese il Seminario[4].

Il clero padovano è composto, oltre che di un buon numero di preti extradiocesani, di un alto e basso clero, residente nelle campagne, che è dotato di bassa o nulla cultura: ed è a questo che il Barbarigo intende rivolgersi. La situazione in cui trova il Seminario è quello di una istituzione ridotta a semplice convitto per chierici, senza disciplina e senza scuole, oltre che senza denaro, in cui lo studio dei giovani chierici avviene per la grammatica presso le scuole dei Gesuiti, per le scienze sacre alle scuole dei Domenicani. Per cominciare a riordinare l’istituto il Barbarigo si avvale dei suoi ex collaboratori del Seminario di Bergamo. Giungono così a Padova il direttore degli studi e della disciplina Cristoforo Astori, Gianpaolo Giupponi insegnante di retorica, e gli alunni dell’istituto bergamasco Viviani, Roncelli e Cattaneo. Inoltre provengono dall’ordine Domenicano i due illustri maestri di filosofia e logica, Giordano de’ Giordani e Girolamo Bertelli, cosicché già nel 1667 il Seminario completamente riorganizzato è in grado di offrire nella sua sede la scuola di scienze sacre. Stretta conseguenza è l’aumento deciso del numero di chierici, dai quaranta del 1664 si passa in breve tempo alla settantina[5]. Il 1669 è l’anno in cui il Vescovo, attingendo alle sue finanze, riesce ad acquistare per la somma di 3500 ducati il vecchio monastero di S. Maria di Vanzo per trasferirvi la sede del Seminario. Perché fosse adatto ad ospitare un collegio, il Barbarigo dispone radicali modifiche all’edificio: abbattimento dei muri divisori delle celle per ricavarvi sale e dormitori, ristrutturazione dei fabbricati e ampliamento degli stessi. Dopo 18 mesi i lavori sono terminati e nel novembre del 1670 la nuova sede del Seminario apre le sue porte a 106 chierici, costruita per contenerne più di 200. Il vecchio Seminario in un primo momento diventa un ginnasio gratuito, e resta tale fino agli anni ’20 del Settecento, molti anni dopo la morte di Gregorio Barbarigo, quando viene trasformato in una casa destinata al ritiro spirituale per chierici e laici, sotto la guida dei padri Gesuiti. Poco dopo, soppresso il ritiro, il locale viene dato in affitto fino al 1867, quando il demanio statale si impossessa di questo e degli altri beni del Seminario[6].

Le regole disciplinari adottate dal Barbarigo per dirigere il Seminario sono ancora una volta quelle di S.Carlo Borromeo. Le Institutiones ad universum Seminari Patavini regimen pertinentes rivolte ai superiori, ai maestri e agli alunni del Seminario, pubblicate nel 1671, contengono nella prima parte le norme generali di amministrazione e i criteri di ammissione degli alunni, la seconda parte illustra ruolo e compiti di tutte le cariche superiori, la terza, indirizzata ai chierici, detta le norme degli esercizi di pietà e delle varie occupazioni giornaliere. Una quarta parte, la cui pubblicazione è differita al 1690, contiene l’ordinamento degli studi, la Ratio studiorum.

Osservando da vicino il nascere di un nuovo clero giovane, cresciuto sotto gli occhi del Vescovo, il Barbarigo stabilisce che nessuno possa ricevere gli ordini senza frequentare le scuole del Seminario, e senza essersi sottoposto a quella disciplina e a quel tenore di vita. Merita un cenno anche un’altra istituzione operante presso il Seminario: la Congregazione degli Oblati, o dei Maestri, ideata dal Borromeo[7] e ricostituita a Padova dal Barbarigo; è formata da sacerdoti distintisi per virtù e per elevata cultura, che si pongono con voto speciale di obbedienza direttamente al servizio del Vescovo. Nel marzo 1672 un manipolo di chierici al momento dell’ordinazione pronuncia i sacri voti, e va a costituire il primo nucleo della Congregazione. Gli Oblati vivono in comunità secondo una regola dettata dallo stesso Gregorio Barbarigo, e svolgono i più svariati ministeri, dalle visite pastorali, alla cura d’anime nelle parrocchie più bisognose, all’insegnamento presso il Seminario come docenti ordinari o in sostituzione degli assenti. La Congregazione muore con il suo fondatore, nel momento in cui viene meno colui che ne alimenta la vita materiale e spirituale[8].

Come la Congregazione dei Maestri, anche il collegio del Tresto è un’istituzione che si lega alla vita del Seminario, essendo inizialmente una sorta di succursale dello stesso, destinato ad accogliere gli studenti di grammatica inferiore. Ma con il 1680 i chierici vengono tutti ricevuti nella sede principale del seminario, l’ex monastero di S. Maria di Vanzo, per cui si pensa di trasformare il piccolo seminario del Tresto in un collegio per i giovani padovani di nobili origini, sostituendo con questo il collegio dei nobili fondato precedentemente dallo stesso Barbarigo in città. Il collegio del Tresto resterà in vita anche dopo la scomparsa del suo fondatore; istituto fiorente e di chiara fama fino alla fine del XVII secolo, si avvia ai primi del Settecento a una rapida decadenza, per giungere alla soppressione ad opera del card. Corner nel 1715[9].

Per gli studi del Seminario, il decennio tra 1680 e 1690 rappresenta il momento di maggior fervore nelle opere e nel lavoro di compimento del disegno gregoriano. Al 1680 risale la fondazione della Stamperia, e la pubblicazione dei primi libri al 1684. Già nel 1681 è introdotto lo studio della matematica, delle lingue semitiche e del greco, che per molto tempo resterà prerogativa del seminario di Padova; proprio grazie alla possibilità di stampare in proprio i testi scolastici, a queste seguono altre importanti novità, come le scuole di giurisprudenza, di storia, di geografia, di archeologia, di astronomia e appunto, di matematica[10].


[1]Con Nicolò Antonio Giustiniani, vescovo dal 1772 al 1796, morto pochi mesi prima del tramonto della Repubblica veneta, si concluderà la serie di vescovi patrizi che fin dal XV secolo si sono succeduti sulla cattedra della diocesi di Padova. Gambasin A., Un vescovo tra illuminismo e liberalismo. Modesto Farina e il Seminario di Padova (1821-1856), Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana, n. 20, Padova, 1987, p. 17.

[2] A Padova però, diversamente da quanto accade ad esempio a Bologna, la carica di cancelliere non comporta per il vescovo il potere di esercitare un controllo effettivo sull’Università, alla quale da sempre è riconosciuta ampia autonomia. Dall’inizio del XVI secolo inoltre, i Riformatori dello Studio di Padova sono la magistratura cui spetta ogni decisione in campo didattico, amministrativo e disciplinare.

[3] Benedetti Zen F., Gregorio Barbarigo da studente a cancelliere dell’Università di Padova, in Gregorio Barbarigo patrizio veneto vescovo e cardinale nella tarda Controriforma (1625-1697). Atti del convegno di studi. Padova 7-10 novembre 1996, a cura di L. Billianovich, P. Gios, Istituto per la storia ecclesiastica padovana, Padova, 1999, pp. 306-311.

[4] Benedetti Zen F., Gregorio Barbarigo da studente a cancelliere dell’Università di Padova, pp. 312-313; Derosas R., Corner Elena Lucrezia, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 29, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, 1983.

[5] Serena S., Il Seminario di Padova, pp. 49-55.

[6] Ibid., pp. 55-64.

[7] A Milano però, pochi anni dopo, gli Oblati sono sostituiti dai gesuiti.

[8] Ibid., pp. 69-70.

[9] Ibid., pp. 79-82.

[10] Ibid., pp. 116-120.