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6.2 Ratio atque institutio studiorum Seminari Patavini.

Dopo vari tentativi di perfezionamento l’ordinamento degli studi seminariali esce pubblicato nel 1690. È tutto modellato sulla Ratio studiorum dei Gesuiti, la ripartizione delle scuole comprende per il ramo scientifico le scuole superiori o alte, e per il ramo letterario le inferiori o basse. Le scuole superiori sono: due di Teologia (scolastica, precisamente tomistica, e morale), tre di Filosofia (morale, fisica e logica, sui testi originali di Aristotele), Giurisprudenza, Accademia, Sacra Scrittura, Lingue Orientali (ebraico, siriaco, caldaico), Lingua Araba, Matematica, Storia (sacra ed ecclesiastica) Cronologia e Geografia. Le scuole inferiori: Retorica, Umanità (maggiore e minore), Grammatica (suprema, media ed infima). A queste sono da aggiungere le scuole comuni o complementari, come Catechismo, Canto sacro e Calligrafia. Dal 1678 è introdotto lo studio del greco, per permettere agli studenti di accedere direttamente ai testi originali dei filosofi e degli autori cristiani. L’anno scolastico comincia a metà ottobre e termina a metà agosto, la giornata scolastica è organizzata in due riprese: due ore e mezza di lezione mattutine e tre ore nel dopo pranzo, tre ore e mezza dedicate allo studio e tre quarti d’ora di ripetizione, l’ora di ricreazione del dopo pasto è impiegata nello studio o nelle esercitazioni individuali. Il sistema di selezione invia i giovani studenti con diverse attitudini a diversi indirizzi di studio, al fine di ottenere il duplice vantaggio di istruire efficacemente i futuri parroci in ciò che è davvero necessario al loro ministero, e preservare a una élite di studenti eccellenti lo studio nelle altre scuole. Gli alunni migliori sono scelti all’interno del seminario per diventare i futuri maestri, limitando il problema della vacanza delle cattedre. Il programma di studio di Teologia scolastica impone come unico ed esclusivo autore S. Tommaso, mentre la Filosofia abbraccia tutto Aristotele facendo leggere, nelle parti senza errori, la Fisica , il De coelo, il De generatione e il De anima, per la Filosofia morale l’Etica nicomachea e per la Logica tutto l’Organon. La Matematica del Seminario, oltre a trattare Euclide, comprende lo studio di Geographiam, Spheram, Doctrinam temporum, Calendarium, e mentre lo Studio di Padova nella sua cattedra di Astronomia continua a proporre le Meteore di Aristotele, il Barbarigo pubblica per il suo Seminario l’Astronomia del Mercatore[1], fa leggere il Milliet[2] e l’Almagesto del p. Riccioli[3], ed erige accanto alla biblioteca un Osservatorio astronomico. Per quanto riguarda gli studi filosofici, normalmente nelle scuole superiori si attinge direttamente ai testi originali, mancano del tutto i manuali, e ciò rende lo studio difficoltoso e poco agile; gli studi aristotelici nel seminario incominciano anch’essi dal testo originale, ma ben presto maestri e scolari si vedono costretti a ricavare autonomamente dal testo un sunto chiaro e completo della materia, per poterla meglio comprendere. L’origine spontanea di questi manualetti filosofici, compilati direttamente sulla base del testo, ne fanno l’enorme successo, tanto che sopravvivono in alcuni esemplari fino ad oggi, a testimonianza del loro valore. Le cattedre di storia sacra e storia ecclesiastica non sono da meno. I primi due anni del programma ordinario di storia sacra prevedono lo studio della prima parte dello Spondano[4], dalla creazione del mondo alla nascita di Cristo, ed è necessario per il professore preparare un compendio di Cronologia e Geografia da passare agli studenti, premessa necessaria allo studio della storia. Fin dal principio gli studenti hanno in mano quattro libri collettanei, Rerum memorabilium, ritualium, civilium, moralium, cui si attingono notizie di antichità classica e mitologia. Il professore di storia ecclesiastica comincia il suo corso sul punto in cui si è fermato il collega: la seconda parte dello Spondano e gli Annali del Baronio[5]. Il docente deve conoscere approfonditamente la storia civile, cioè la storia romana e la barbarica, attenendosi il più possibile alle fonti. Nel 1686 il Barbarigo commissiona la compilazione di un manuale di storia civile da fondere in un’unica opera con lo Spondano. Un altro tentativo a favore dei manuali scolastici è quello per un compendio della Dogmatica del Petavio[6]. Introducendo lo studio della matematica, insieme con quello della giurisprudenza e delle lingue semitiche, il Barbarigo si avvale dell’esperienza di due professori inglesi, Irwin e Nicholson[7], esperti grecisti e valenti matematici. Per quanto riguarda lo studio della storia, il Barbarigo tiene a precisare nella Ratio studiorum quali debbano essere le basi per l’insegnamento della storia ecclesiastica, ovvero la conoscenza approfondita della storia civile dell’impero romano, dell’impero bizantino e del mondo barbarico, specificando le fonti letterarie da cui attingere. Il programma degli argomenti da trattare è descritto in un elenco: papi, imperatori, re, concili, conciliaboli, eresiarchi, imperi, regni, leggi, scritture, frodi, errori; sulla scorta dei testi dello Spondano e del Baronio. Per gli scolari invece manca un libro di testo su cui fare riferimento, nell’attesa di procurare un compendio adatto a fare da manuale. Per quanto riguarda la geografia invece, il cardinale riesce a far stampare la Introductio ad universam geographiam di Filippo Cluverio nel 1695, e dal ’94 al ’97 mette insieme e fa incidere presso la sua stamperia le ottantaquattro carte che formano le Tabulae geographicae, quibus universa geographia vetus continetur, in seguito riunite e pubblicate[8].

Dopo la morte del fondatore, avvenuta nel 1697, lentamente gli studi del seminario avviene un restringimento dei programmi di studio, ma il profitto degli studenti rimane di alto livello, dato che gli insegnanti mantengono l’impegno tradizionale di tenere stretto il contatto con il progresso teorico e sperimentale della scienza contemporanea.


[1] Gerard de Cremer, latinizzato in Gerardus Mercator, è un matematico, astronomo e cartografo fiammingo celebre soprattutto per l’invenzione di un sistema di proiezione cartografica che porta il suo nome. Nel 1551 pubblica un globo celeste, seguito nel 1541 dal globo terrestre.

[2] Chales, Claude François Milliet pubblica nel 1674 il Cursus seu mundus mathematicus, nel quale si tratta anche di astronomia.

[3] Giovanni Battista Riccioli, gesuita e astronomo italiano, seguace del sistema tolemaico, pubblica a Bologna nel 1651 l’Almagestum novum, astronomiam veterem novamque complectens, in conseguenza delle scoperte di Keplero e della nuova teoria di Copernico. Schierato in un primo momento tra gli avversari di queste nuove idee, elogia il genio di Copernico ammettendo la validità della sua idea almeno a livello di ipotesi.

[4] Enrico Spondano continua la redazione degli Annali di Cesare Baronio.

[5] Cesare Baronio pubblica i primi volumi degli Annales ecclesiastici (storia della Chiesa dalle origini al 1198), ne cura la redazione fino alla morte, il primo nel 1588, arrivando a pubblicarne il dodicesimo volume.

[6]  Denis Petau, latinizzato in Dionysius Petavius, teologo francese, pubblica numerosi testi tra cui i Dogmata theologica, i primi tre volumi datati 1644, il quarto e il quinto nel 1650; Serena S., Il Seminario di Padova, pp. 162-…; Id., S. Gregorio Barbarigo e la vita spirituale e culturale nel suo seminario di Padova : lettere e saggi editi dagli amici in memoria, Editrice Antenore, Padova, 1963, pp. 2-8.

[7] John Irwin, di origine scozzese, è maestro di matematica e grecista. Thomas Nicholson, scozzese dell’Aberdeenshire sostituisce Irwin nella cattedra di matematica e viene nominato prefetto degli studi, ma anch’egli tornerà presto in patria. Un altro scozzese chiamato dal Barbarigo a ricoprire per un periodo la cattedra di teologia scolastica e speculativa è William Leslie, in Barzon G., Per lo studio del seminario di Padova: economia, amministrazione, alunni e professori, in Gregorio Barbarigo patrizio veneto vescovo e cardinale nella tarda Controriforma, p. 671.

[8] Serena S., S. Gregorio Barbarigo e la vita spirituale e culturale, pp. 164-167.