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6.3 Il seminario nel Settecento.

Tra 1750 e 1829 all’interno dell’istituzione del Seminario avvengono alcuni cambiamenti nell’assetto interno e nell’immagine pubblica, dovuti al forte impatto del clima politico padovano nelle diverse fasi di passaggio dall’antico regime veneziano (fino al 1796), al periodo democratico (anno 1797), austriaco (dal 1798 al 1805), napoleonico (dal 1806 al 1814) e infine asburgico (a partire dal 1815), ma la storia dell’istituzione si dipana talvolta nel segno di una inaspettata continuità, a dispetto dei cambiamenti radicali e irreversibili che la governano.

Nel secondo Settecento il Seminario vanta una posizione rilevante all’interno della compagine delle istituzioni culturali della Serenissima, ponendosi in rapporto paritetico e diretto con l’Università di Padova. Nel 1761 e nel 1771 i Riformatori dello Studio concedono al Seminario uno status formale molto favorevole, dando la possibilità ai chierici che volessero laurearsi di studiare al suo interno, esonerandoli dalla frequenza alle lezioni accademiche per alcune discipline, e questo in virtù dell’eccellenza del corpo docente. I privilegi concessi dai Riformatori dello Studio di Padova al Seminario lo rendono un istituto quasi pareggiato all’Università; gli studenti di legge, medicina e matematica, dopo essersi immatricolati presso l’Ateneo, possono frequentare i corsi seminariali parificati, nei quali si utilizzano gli stessi libri di testo, sostenendo solo un piccolo esame al termine dell’anno scolastico. Inizialmente il privilegio datato 1771 era ben più ampio, dal momento che prevedeva che gli studenti del seminario di teologia e di legge dovessero sostenere presso l’Ateneo patavino solo l’esame finale di dottorato, mentre gli studenti di medicina e scienze potevano compiere il primo biennio di studi presso il Seminario senza obbligo di esame, per poi passare direttamente all’Università. Il privilegio viene modificato nel 1773 a sfavore del Seminario introducendo l’obbligo degli esami annuali. Dal 1772 al 1796, durante l’episcopato di Niccolò Antonio Giustiniani, il Seminario vive un periodo di gloria[1]. La posizione di riguardo è mantenuta anche nel breve periodo democratico, innovativo e devastante nei confronti del mondo ecclesiastico, quando il Seminario conserva il suo ruolo e la sua funzione religiosa e culturale, e anche nei momenti drammatici delle invasioni militari non viene mai chiuso, sfollato, né espropriato dei suoi beni materiali[2]. La rivoluzione del 1797 e il conseguente passaggio dei poteri dal governo veneziano ai municipalisti è favorito oltre che dai francesi dal vicario capitolare, che si schiera decisamente a favore dei democratici. Nonostante questo la municipalità giacobina, e più ancora il governo centrale, adottano una politica molto dura nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche, richiedendo pesantissime contribuzioni ai monasteri padovani per far fronte alle pretese dei francesi, tanto che molti di questi sono costretti a chiudere i battenti, o vengono depredati dagli arredi sacri e dagli oggetti di culto. L’unica istituzione a sopravvivere ai provvedimenti restrittivi è il Seminario, che anzi si vede assegnate le rendite che provengono dal monastero soppresso di S.Biagio, a differenza degli altri seminari veneti, quasi tutti smantellati e riutilizzati come ospedali e caserme. Questo trattamento è dovuto alla chiara fama di istituzione di alta cultura, e all’amicizia che lega alcuni municipalisti ad abati, letterati e poeti; inoltre è possibile individuare una vicinanza ideologica tra gli indirizzi culturali del Seminario e quelli dei municipalisti, e addirittura la partecipazione diretta di alcune personalità dello stesso, al governo della città. Da questo punto di vista, il rettorato di Giovanni Coi a partire dal 1779 dà una svolta decisa ai tradizionali indirizzi di studio, che si aprono alle novità d’Oltralpe con la stampa dell’Encyclopédie, e qualificano la stamperia come il principale centro di diffusione della lingua e della cultura francese in Italia[3].


[1] Gambasin A., Un vescovo tra illuminismo e liberalismo, pp. 17-19.

[2] Agostini F., Il reclutamento degli alunni nel Seminario di Padova (1750-1829). Profilo storico e dinamica quantitativa, in Studi di storia religiosa padovana dal Medioevo ai nostri giorni, a cura di F. G. B. Trolese, Istituto per la storia ecclesiastica padovana, Padova 1997, pp. 256-57.

[3] Burlini Calapaj A., Il Seminario di Padova durante il periodo giacobino: dal carteggio del rettore Giovanni Coi, in Studi di storia religiosa padovana dal Medioevo ai nostri giorni, pp. 332-333.