CON COERENZA   -   Capitolo 9

CON  COERENZA

 

 Mi dia la sua parola d’onore......

Il problema vero era mettere in mare la scialuppa. La legammo per bene ed incominciammo a calarla, improvvisamente, però, la corda si slegò facendola precipitare. Un alpino, la riagganciò e noi la issammo di nuovo in modo da far uscire l’acqua, quindi, non senza difficoltà, alla luce della luna che a volte c’era e a volte no, riuscimmo nel nostro intento.

Si calò subito una decina di uomini, a questo punto Ferrante mi disse:

«Vai Papinutto, prendi il comando della scialuppa, però devi darmi la tua parola d’onore che ritornerai a prendermi» . Gli risposi: 

«Io vengo solo se viene anche lei, non sono mai stato in barca, pertanto non posso assicurarle niente» ,

Ferrante insisté: «Sono l’ultimo ufficiale rimasto a bordo, non posso andarmene lasciando altri alpini sulla nave»,

io ribadii: 

«No, parto con lei, altrimenti rimango qui !».  

A questo punto Ferrante si calò nella scialuppa da dove mi gridò:

  «Papinutto vieni giù!».

Assieme a lui, però, erano saliti a bordo altri due alpini, la calca era tale che, se fossi salito anch’io, alla prima ondata la barca si sarebbe probabilmente capovolta.

Allora presi il pugnale, tagliai la corda che la legava al Galilea e, rivolto a Ferrante, gli dissi: 

«Tenente, mi dia la sua parola d’onore che ritornerà a prenderci, io rimango qua».

La barca, con tredici persone a bordo, incominciò lentamente ad allontanarsi e in pochi minuti scomparve nell'oscurità. Sulla punta del Galilea rimasi con Ferruccio Sava di Collosomano di Buja ed un altro alpino di Sequals di nome Odorico. Ormai persone a bordo non credo ce ne fossero più, il punto della “passeggiata”, dove ci eravamo messi a dormire qualche ora prima era ormai sommerso, piano piano la nave continuava la sua corsa verso le profondità marine.

Fortuna volle che mezz’ora dopo aver abbandonato il Galilea la  scialuppa incontrasse un cacciatorpediniere che si era fermato a raccogliere i superstiti. Ferrante fece scendere gli uomini, lui con l’aiuto di un marinaio ritornò caparbiamente sui suoi passi, come aveva promesso.

Fu così che, dopo circa un’ora, cominciai a sentire una voce: «Papinutto!….. Papinutto!»

 Ci mettemmo a urlare: «Siamo qui !.. siamo qui !..» in modo da orientare i soccorritori, ma dopo una decina di minuti il mare era di nuovo silenzioso e scuro.  La nave continuava ad affondare, mi resi conto che attendere oltre sarebbe stato particolarmente rischioso. Era da poco passata la mezzanotte, quando dissi a Sava ed a Odorico: 

«Ragazzi, ora dobbiamo per forza calarci in mare!»

Prendemmo i salvagente e ce li legammo vicendevolmente sul davanti e sulla schiena, ci togliemmo i pantaloni e con una fune ci calammo sul fianco inclinato della nave. Entrai con le gambe in acqua e rivolgendomi agli altri due dissi: «Coraggio, non è poi tanto fredda, sapete!» 

Mostrai loro come fare, attesi l’onda, mollai la fune, lasciandomi trasportare lontano, eravamo sicuramente le ultime tre persone vive che lasciavano il Galilea.

Purtroppo, sono l’unico dei tre che posso raccontare la nostra odissea.

Le onde erano alte circa tre metri e nel buio pesto persi ben presto il contatto con gli altri due. Ogni tanto mi giravo a vedere la distanza che c’era fra me e lo spuntone del Galilea che ancora vedevo emergere nel buio del mare.

«Troppo poco» mi dicevo e continuavo a nuotare, quando ad un certo punto vidi davanti a me qualche cosa che stava galleggiando. Incominciai a muovere le braccia con ancora più vigore, finchè raggiunsi quella cosa scura, era uno zatterino. Ne avevamo lanciati molti in mare subito dopo il siluramento, quando tutti si gettavano in acqua senza pensare, erano forniti di diverse corde ai bordi che permettevano un saldo appiglio.

Appena aggrappato mi riposai un poco, poi mi girai a guardare lo spuntone scuro che si intravedeva. Mi pareva ancora troppo vicino, allora mi legai saldamente una corda ad un braccio nel timore che il risucchio riuscisse a staccarmi dalla mia ancora di salvezza e con il braccio rimasto libero cercai di nuotare. Ero stanchissimo, non riuscivo a salire sulla zattera, così rimasi con le gambe in mare ed il busto fuori.

Stavo dondolando sulle onde, quando sentii come il rumore di una forte esplosione, mi girai, lo spuntone della nave era sparito. Mi aggrappai ancora più fortemente alle corde, facendo così, se fossi stato risucchiato avrei potuto riemergere, fortunatamente non accadde assolutamente nulla.

 

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