RITORNA AL TESTO | CAPITOLO 11 |
RIENTRO A BUJA
Seguendo i binari arrivammo a Tarvisio. Erano circa le quattro del mattino; eravamo distrutti, moralmente e fisicamente, bagnati fradici e affamati. Un addetto della polizia ferroviaria ci fermò e dopo averci dato uno sguardo sentenziò: “Voi siete scappati dalla Germania” Non sapevo cosa avrebbe fatto, ma a quel punto, qualunque cosa per me sarebbe stata una liberazione. Ci portò in una stanzetta buia, riscaldata da una stufa, che ricordo come fosse il paradiso; faceva caldo, caldissimo. “Non vi muovete da qui” - mi disse -“Siete stati molto fortunati, la pattuglia tedesca è passata cinque minuti fa”. Alle sette di mattina ci svegliò e mi chiese: “Di dove sei?“ “Di Buja“ risposi. Lui di rimando: “Io sono di Udine. Ascoltami bene: alle sette e mezza i tedeschi passano a prendere della gente, per andare a spalare neve, confondetevi tra gli operai, probabilmente lì troverete qualcuno che potrà aiutarvi. Ricordatevi che a Resiutta dovrete fare il trasbordo poichè la ferrovia è stata bombardata”. Uscii dalla stanza reggendomi a malapena in piedi e ci avviammo nel luogo indicato per il raduno; una delle prime persone che incontrai fu Gino Taboga (Chinchine) che sapeva del mio arresto, così lo misi subito al corrente di quanto mi era successo. Rimase perplesso sulla decisione di seguirli, mi disse: “A Resiutta c’è il trasbordo, è pieno di tedeschi….. vi prendono….” “Non importa” gli risposi,“per favore procuraci due badili”. Nel frattempo avevo rovesciato il giubbino di pelle inglese che portavo e lo avevo sporcato in modo da renderlo irriconoscibile. A Resiutta aiutai diversi tedeschi a trasbordare gli zaini, ma io e il mio amico milanese, quando raggiungemmo il posto di lavoro, non scendemmo dal treno, proseguimmo il viaggio, io scesi alla stazione di Artegna, mentre lui proseguì. Non ricordo più il suo nome, e non so come si sia conclusa la sua odissea Ancora pochi chilometri a piedi ed ero finalmente arrivato a Buja! Giunto a S. Stefano incontrai per primo Romano Aita (el mestri) che mi portò subito a casa sua. Mi cucinò una grande frittata: dopo tre giorni potei mettere finalmente qualcosa nello stomaco e riposarmi. All’imbrunire andai a salutare la mia Gianna che, già nel pomeriggio, era stata informata del mio ritorno. La sera stessa mi ritrovai con i partigiani. Erano estremamente felici di rivedermi e mi consegnarono, come premio, un fucile mitragliatore Bren. Buja era diventata ormai troppo pericolosa per me, per ben due volte in quel periodo i miei nonni ricevettero la visita dei tedeschi, così decisi di ripartire per la montagna. |