RITORNA AL TESTO | CAPITOLO 5 |
VOLONTARIO
Poco tempo dopo fummo radunati presso una stalla ad Avilla; alcuni componenti del “IX Corpus” presenti alla riunione ci spiegarono che le Officine Bertoli usavano l’energia elettrica prodotta dalla centrale di Tomba per far funzionare i loro impianti. Per tre volte, ci dissero, avevano cercato di farla saltare senza riuscirci, ed ora volevano che qualcuno di noi, che conosceva bene quei posti, provasse a realizzare il sabotaggio. “Chi si presenta volontario per l’azione ?” chiesero. Nel silenzio che seguì, con lo sguardo feci il giro della stanza e mi accorsi che la mia era l’unica mano alzata. A quel punto si alzò in piedi “Strauss” di Artegna, comandante della compagnia guastatori della Osoppo, il quale si dichiarò indignato dal fatto che solo io, che per giunta ero il più giovane, avessi alzato la mano. Ci fece una ramanzina per spiegarci che cosa significasse essere “partigiani” , poi ordinò, indicando con la mano uno a uno alcuni dei presenti: “Tu, tu, tu e tu,. Domani parteciperete all’azione e ubbidirete ai suoi ordini!” Pronunciando queste ultime parole indicò proprio me. Avevo 16 anni, ma ne dimostravo molti di più, osservando i giovani di oggi della medesima età, rilevo che, nonostante l’incredibile evoluzione di questi ultimi cinquant’anni, allora eravamo molto più maturi molto più responsabili e pronti ad affrontare le problematiche della vita di quanto lo siano i giovani d’oggi. Mi venne fornito l’esplosivo necessario ed un pacchetto di fiammiferi inglesi per accendere la miccia. L’indomani avvertii le famiglie che abitavano nei pressi della centrale, e di cui mi fidavo, di chiudere tutti gli infissi durante la notte. Diedi appuntamento per mezzanotte ai quattro partigiani che avrebbero dovuto aiutarmi. Quando arrivammo nei pressi della centrale ordinai che si disponessero in modo da proteggermi la fuga e mi avviai da solo verso l’ingresso della centrale elettrica. A guardia c’erano alcuni cosacchi che si erano accampati in tende e carri all’esterno; fortunatamente non si accorsero di nulla. Una volta entrato fermai l’operatore, mi feci dire da lui dove si trovava il telefono e lo sfasciai, quindi lo invitai ad allontanarsi senza farsi scorgere dai russi. Trovate le due dinamo, vi collocai le cariche di tritolo e preparai le micce: dovevo fare in modo che le due cariche esplodessero simultaneamente, dopo quattro minuti circa dall'accensione. Ma i fiammiferi, forse perché erano umidi, non si accendevano. Sudai non poco per dar fuoco alla seconda miccia, mentre l'altra stava già bruciando. Finalmente anche questa cominciò a fare faville e potei uscire dall’edificio. Ero appena fuori quando ci fu l'esplosione. Di lì a pochi secondi cominciarono a fischiare i colpi sparati dai cosacchi che erano entrati immediatamente in azione. Dei partigiani che avrebbero dovuto coprirmi la fuga neppure l'ombra……. |