RITORNA AL TESTO | CAPITOLO 6 |
LA CASA DEL FASCIO
Fu sempre la mia squadra a compiere l’attentato che distrusse parte della “Casa del Fascio” a Santo Stefano, passando per gli orti raggiungemmo l’edificio evitando di farci scorgere dai tedeschi che alloggiavano nella casa del dottor Vidoni, ricordo che il tritolo lo avevamo messo in una grande scatola di conserva da 5 Kg, a cui aggiungemmo una miccia. Ci era stato detto che l’edificio veniva usato come deposito di armi e munizioni dai tedeschi, ma quando entrammo trovammo solo stanze vuote, sicuramente che ci aveva ordinato l’azione aveva pensato che andava distrutto soprattutto il “nome” legato a quei muri. Un’altra azione a cui partecipai fu il tentativo di sabotaggio della ferrovia a Collalto di Tarcento. Una soffiata ci aveva rivelato che di lì a poche ore sarebbe passato un convoglio ferroviario carico di prigionieri. L'azione non andò in porto per l'immediato intervento dei cosacchi, in seguito scoprimmo anche che la notizia del carico di prigionieri era falsa. Da quando ero rientrato a Buia non passavo la notte a casa mia. Spesso con alcuni miei compagni dormivo a Sottocolle in un rifugio scavato nel terreno. Una sera rimase con noi fino a notte fonda un tedesco fatto prigioniero, appartenente alla Luftwaffe. A notte inoltrata mi fu ordinato di portarlo in montagna, scortato da alcuni partigiani. Guadammo il Tagliamento nei pressi di Braulins, nascosti dal cono d’ombra che faceva il ponte, nel caso i tedeschi, dal forte di Osoppo, muniti di faro e di una potente mitragliatrice, avessero illuminato la zona. Di quella “consegna” ho un brutto ricordo: uno di noi, senza motivo, tolta la cinghia dei pantaloni, si mise a percuotere il povero prigioniero. Lo colpì ad un occhio con la punta metallica della cinghia. Quell’aviatore tedesco fu poi usato come merce di scambio con dei partigiani a loro volta fatti prigionieri. |